Le mie poesie non cambieranno il mondo – Patrizia Cavalli


Le mie poesie non cambieranno il mondo - Patrizia Cavalli

Le mie poesie non cambieranno il mondo, Patrizia Cavalli (Einaudi, 1974).

In un visibilio di poeti contemporanei, spiccava lei, Patrizia Cavalli (Todi, 17 aprile 1947 – Roma, 21 giugno 2022), così intensa ed espressiva, con i suoi versi puntuali, calibrati, che oggi con questo speciale di Laboratori Poesia intendiamo ricordare.

Nonostante la sua fortunata carriera letteraria, Patrizia Cavalli non è riuscita a far breccia nelle antologie curate da Antonio Porta, Franco Fortini e Giovanni Raboni. Tuttavia, con il tramontare degli anni Settanta del secolo scorso, Patrizia Cavalli è stata antologizzata nel libro Donne in poesia. Antologia della poesia femminile in Italia dal dopoguerra ad oggi, grazie a Biancamaria Frabotta, un’altra grandissima poetessa (o poeta, optando per la definizione prediletta dalla Cavalli), recentemente scomparsa.

La poetica della Cavalli, lieve ed aforismatica, che imbocca e percorre la via della semplicità colloquiale, si nutre di un lessico comune, che scimmiotta ed esalta il dialogo; ed è imbastita su una batteria di settenari ed endecasillabi. La scrittura della Cavalli è una perpetua oscillazione tra momenti diaristici, epigrammatici, ed alcuni momenti di inteso sentimentalismo. La sua poetica, inoltre, si rivela al lettore nella sua circolarità: se l’esordio della Cavalli è festeggiato in poesia con Le mie poesie non cambieranno il mondo (Einaudi, Torino, 1974), opera prima dedicata alla sua musa Elsa Morante, il suo addio alla poesia è salutato dal libro che si chiude con paradossi e speranze, attraverso il dolore di quel bel libro che è Vita meravigliosa (Einaudi, Torino, 2020); silloge, quest’ultima, in cui c’è una riflessione sulla vita dopo la morte, dunque sulle possibilità di andare in Paradiso, per ritrovare la sua adorata e compianta Elsa.

Se pensiamo al fatto che la Morante incoraggiò, in qualche modo, la scrittura di Cavalli, possiamo altresì ricordare che Cesare Garboli fu il primo ad occuparsi di un confronto tra Elsa Morante e Patrizia Cavalli (su «Paragone», nell’agosto del 1973), ma una relazione altrettanto interessante è probabilmente quello tra Cavalli e Sandro Penna: difatti, come scrisse Andrea Afribo nel suo Poesia italiana postrema. Dal 1970 a oggi (Carocci, 2017), «il Penna di Cavalli» è un modello ben diverso dal Penna di Maurizio Cucchi, e questo perché, innanzitutto, il lessico della Cavalli è considerevolmente «disfemico» (cit. Afribo).

Ricordiamo, infine, che la Cavalli è stata tradotta e pubblicata anche all’estero, si pensi all’edizione in inglese della Penguin, oppure si ricordino quelle traduzioni dei testi della poeta, affiancati dalla traduzione dei testi di Valerio Magrelli e di Milo De Angelis, tutte pubblicate dai tipi della notevole ed ormai storica casa editrice tedesca Carl Hanser.

E chissà se, andatasene via così, «in questa scialba geografia che assegna l’effetto alla sua causa», ora la Poeta ha finalmente riabbracciato la sua Musa ispiratrice.

Vernalda Di Tanna

 
 
 
 
Qualcuno mi ha detto
che certo le mie poesie
non cambieranno il mondo.
 
Io rispondo che certo sì
le mie poesie
non cambieranno il mondo.
 
 
 
 
 
 
Né morte né pazzia mi prenderà:
un tremore nelle vene forse
un’acuta risata, un ingorgo
del sangue, un’ebbrezza limitata.
 
 
 
 
 
 
Devo fingere volgarità e tradimento
per accomodarmi sul divano
per ricambiare aguardi; spiegando
le tredici pieghe di un pensiero
decifro l’accorta sentenza che scende
sulle mie sentimentali parole che dico
che dico fingendo anche l’amore
e nella finzione riconosco il punto perfetto
l’unico possibile della certezza.
 
 
 
 
 
 
Seguita la vita come prima
con gente in piedi, seduta,
e che cammina.
 
 
 
 
 
 
Poco di me ricordo
io che a me sempre ho pensato.
Mi scompaio come l’oggetto
troppo a lungo guardato.
Ritornerò a dire
la mia luminosa scomparsa.