L’albero di Virgilio


 

Marito e moglie erano usciti insieme per recarsi in campagna, come facevano ogni giorno, e adesso camminavano l’uno accanto all’altra, nell’aria frizzante di un primo mattino di ottobre. La donna avanzava lentamente, a fatica, e quanti la incrociavano lungo la via – mezzadri come lei, che percorrevano quotidianamente lo stesso tragitto – non tardavano a riconoscerne le ragioni: la sua gravidanza era ben più che avanzata, le mani tenevano il ventre come per proteggerlo. La notte prima aveva fatto un sogno e adesso non riusciva a smettere di pensarci: le sembrava che dal suo corpo fuoriuscisse un ramo di alloro che poi, a contatto con la terra, diveniva in un batter d’occhio un albero già adulto, colmo di fiori e frutti di ogni specie. Magia Polla – questo era il nome della donna – si era chiesta a lungo se quelle immagini confuse avessero un significato o fossero solo il frutto della sua fantasia affaticata. Aveva sentito dire che di notte, quando è libera dalla tirannia del corpo, l’anima acquista uno sguardo particolarmente limpido e diventa capace di cogliere barlumi di futuro preclusi al normale stato di veglia; e sapeva anche bene che l’alloro è la pianta sacra al dio Apollo e che Apollo è il signore della musica e della poesia. Al risveglio, però, aveva preferito non dire nulla al marito, forse per riserbo, forse non sentirsi rispondere che le sue erano solo le paure di una madre al suo primo parto, o peggio ancora chimere da femminetta. Non era facile essere donne nel mondo di Magia Polla, specie poi in quell’angolo remoto sulle rive del Mincio, non lontano da Mantova, dove da secoli nulla sembrava mai cambiare.

Ma il sogno non aveva ingannato Magia Polla, che quello stesso giorno del 70 a.C. diede alla luce un bambino mite e sorridente, il futuro poeta Virgilio. L’albero intravisto la notte precedente, cresciuto con prodigiosa rapidità, le profetizzava l’immensa fama che avrebbe circondato suo figlio e ne avrebbe fatto il più grande poeta della letteratura latina; quanto ai fiori e ai frutti di ogni specie sbocciati sui suoi rami, non erano che il simbolo della varietà dei generi letterari nei quali avrebbe brillato il talento di Virgilio. Nel mondo antico succede così, la nascita di un bambino destinato a egregie cose viene spesso preannunciata da un sogno, e le immagini di quel sogno, se si è capaci di decifrare il loro linguaggio, disegnano il destino eccezionale del nascituro e persino il campo nel quale quel destino è chiamato a realizzarsi.

La storia dell’albero di Virgilio la raccontava Svetonio, un erudito che scrisse, tra le altre, le vite dei massimi poeti latini. Noi quell’opera l’abbiamo perduta, come tanti altri testi antichi, ma per nostra fortuna alla metà del IV secolo d.C. un certo Elio Donato, che a Roma faceva il professore e nelle sue classi leggeva le opere di Virgilio, decise di scrivere anche lui una biografia dell’autore cui dedicava ogni giorno le sue lezioni, riprendendo quasi di peso il testo svetoniano. Donato, però, ebbe migliore fortuna del suo modello ed è grazie a questo che possiamo ancora leggere del sogno di Magia e di altre storie meravigliose che si raccontavano sul poeta venuto da Mantova. Il fatto è che anche dopo la fine del mondo antico Virgilio non smise mai di essere letto: l’impero romano, almeno nella nostra parte di mondo, era crollato, e la rovina aveva trascinato con sé le sue scuole e le sue biblioteche. Ma Virgilio sopravvisse e insieme con lui la biografia di Donato, che ormai si era saldata alle opere dell’autore, divenendone una sorta di introduzione, e le note di commento di un altro professore, Servio, che tra l’altro di Donato era stato alunno.

Così, quando alla metà del Trecento il dottissimo Giovanni Boccaccio decise di scrivere una biografia, dedicata niente meno che a Dante Alighieri, volle anche lui immaginare che prima di partorire la madre del poeta avesse fatto un sogno. Alla donna sembrava di trovarsi sotto una grande pianta di alloro, che ancora alla fine del Medioevo era considerata simbolo dell’ispirazione poetica, e di avere in grembo un bambino che non solo si nutriva avidamente delle bacche pendenti dall’albero, ma cercava di impadronirsi dei rami su cui quelle bacche crescevano. Non c’è dubbio, era l’antico sogno di Magia Polla, che Boccaccio aveva ripreso e adattato alla figura di Dante. Così, dopo essere stato il maestro riconosciuto del poeta della Commedia, Virgilio insegnava al suo biografo le parole e le immagini per raccontare la vita di quello stesso poeta.