La paronomasia è una figura retorica, detta anche annominazione, che consiste nell’accostare due parole simili nel suono ma distanti nel significato; lo scopo è di creare una tensione semantica fra le voci coinvolte (Es. “amore amaro”; “Io fui per ritornar più volte volto, Dante Alighieri).
Questa figura ha valenza espressiva perché consente di creare associazioni di significato tra lemmi che hanno già un’evidente associazione sonora.
Pensate all’immagine “carta canta”, o “senza arte né parte”: sono entrate nell’immaginario collettivo proprio per questa ragione.
TRACCIA:
TEMA = libero.
METRO = libero.
SCHEMA = strofe tetrastiche, minimo due, massimo sei. Usare almeno tre volte la paronomasia.
Esempio:
Detto dittami sui rami del petto,
Preso e rappreso in ragioni, demòni di mani
Che parlo in parole di perla,
Sberleffi a que’ ceffi ch’allumano il lume.
Guarda! Guardiani dei cani, profani
Turlupinati dai vati castrati, scienziati
Buffoni, caproni dei suoni,
Che dicono tanto, nel pianto del canto.
Non per mio vanto, ma avendo stupendo
Detto insensato il corretto esercizio, per sfizio
Prometto un diletto scorretto,
Sorretto soltanto dal senso dei sensi.
Pensi che sia un’elegia irrazionale?
Questo è normale, ché ‘l male s’addentra nel ventre
Dell’umido lume, che spinge
Pur senza dipinger l’essenza che stringe.
Mario Famularo