La casa – Emilio Coco


La casa, Emilio Coco (La Vita Felice, 2023)

Quella di Emilio Coco è una scrittura chiara e franca, molto diretta e cruda a volte, anche se affettuosa e intima, quotidiana, ispirata per la gran parte alla letteratura spagnola (e in particolare ispano-americana) di cui lui è grande conoscitore e traduttore, anzi potremmo dire che Coco è un ponte tra le due letterature, nel senso che porta nella nostra lingua la poesia in spagnolo, ma anche, essendo grande conoscitore della poesia italiana, porta, traducendola e presentandola, la nostra poesia nel grande mondo ispanico.

Dei suoi libri di poesia voglio ricordare almeno Il tardo amore (LietoColle, 2008) e Il dono della notte (Passigli, 2009), ma anche il recente Il tempo di mettermi in cammino (Passigli, 2021).

E adesso è uscito un nuovo libro, La casa, edito da La Vita Felice.

Coco racconta sempre la sua vita con realismo quotidiano anche crudo, dicevo, qui in questo suo nuovo libro lo fa attraverso le case in cui ha vissuto, da quella dell’infanzia sul Gargano, povera e nuda, attraverso varie altre case reali e immaginarie, fino all’ultima in cui vive tuttora, quasi vuota e ormai troppo grande (ma piena di libri) per i soli coniugi rimasti, che induce a sognarne una piccola, magari fuori in campagna, con un piccolo orto

dove coltiveremo tutto quello
di cui abbiamo bisogno:
zucchine, pomodori, melanzane,
patate, peperoni, qualche albero da frutta,
un coniglio e galline in abbondanza.
Per i vestiti, i libri e il mobilio,
non ti preoccupare, butto tutto,
porteremo soltanto un libro di preghiere e una Bibbia
perché il Signore non ci lasci soli
in questi ultimi giorni che ci restano.

e questo sogno tardo si incrocia o meglio scaturisce da un sogno che percorre tutto il libro, quello di una casa con una sola camera, che è la camera della poesia, quel cubo di solitudine e silenzio, scatola sonora, cameretta-porto di Petrarca ecc. ecc.:

Ho una stanza casetta tutta mia
sulla cui porta ho inchiodata una scritta
che proibisce l’ingresso alle parole
astruse tanto care a molti che conosco
pena la morte per strangolamento.
Una casetta dove sono le benvenute
quelle che fanno rima con fiore cuore amore
e che sono capite persino dalla gente che governa.

Una casetta chula
traboccante di libri
in scaffali che toccano il soffitto
dove i miei carcerieri mi stordiscono
coi loro versi magici
tenendomi rinchiuso a sei mandate.

“M’incantò la rima fiore amore, / la più antica difficile del mondo” diceva Saba, e anche Caproni scriveva:“Per lei voglio rime chiare, / usuali: in –are, poeti senz’altro presenti in Coco, ma sono più gli spagnoli i suoi riferimenti, e i sudamericani in particolare, e ci tiene a dichiararlo:

Ho una stanzetta, amici,
una stanzetta fatta per chi voglia
accompagnarmi nelle mie letture
dei poeti latinoamericani.
Non mi intrigano più i castigliani
e quelli dei miei lidi.
Da molti anni traduco solo loro
e scrivo come loro
e creo il mio giardino
al terzo piano di un palazzo anonimo
dove s’ode il frinire di cicale
il trillo degli uccelli
e un’edera s’arrampica sul muro
e gorgoglia uno zampillo d’acqua
tra il soave sussurro delle fronde
tutte parole trite
e immagini invise
agli altezzosi vati che rifuggono
dal bello quotidiano.

Bello quotidiano e parole non “astruse”, ma c’è un metro abbastanza classico, dove prevalgono endecasillabi e settenari, anche se non obbligatori.
Sono poesie “familiari”, si parla anche dei figli quando erano piccoli, e quando, grandi, hanno svuotato la casa, che si riempiva sempre più di libri; si parla anche dell’amata moglie che è molto ordinata, precisa, lui invece sogna

… una casa tutta un guazzabuglio
di libri e di vestiti sparsi a terra
di fornelli incrostati d’unto e salsa
di mobili sepolti dalla polvere
di un lettone con le lenzuola all’aria
tutto disfatto dove rotolarci.

A un certo punto si capisce che la casa è fatta di libri, cioè i libri sono i suoi mattoni, invadenti ma anche cari, indispensabili amici.

Infine il sogno di una casa alta, costruita su un albero, che sia tutt’uno con l’albero:

Costruiremo la casa sulla cima di un albero,
la nostra ultima casa, la più bella.
(…)
Coloreremo tutte le altre stanze,
la cucina, il salotto e il soggiorno,
della tinta dei rami quand’è estate
perché la casa e l’albero si fondano
in un’indissolubile tutt’uno,
di braccia, gambe e fronde
e diventi con noi un solo corpo,
s’innalzi fino al cielo
dove l’aria è più pura, più vasto l’orizzonte.

O una casa, anche, solo costruita di parole:

Se la mia casa fosse costruita di parole
non temerei l’inverno
perché l’umidità e le fessure
sarebbero metafore del freddo.
(…)
Se la mia casa fosse
immensa come il cielo
dove poter fissare a mo’ di stelle
le sillabe sonore
del mio canto risorto.

Claudio Damiani