La bambina impazzita – Viviana Viviani


La bambina impazzita, Viviana Viviani (Arkadia, 2023).

L’ironica disperata tenerezza de La bambina impazzita marca con determinazione la cifra stilistica dell’autrice di versificare attraverso un’irresistibile semplificazione delle cose «serie», consentendo una lettura totalmente godibile e piena di una voce quasi puerile che osserva interamente la vita dall’infanzia alla vecchiaia, fino alla morte, e ne fa parola.

Nella raccolta della poeta Viviana Viviani, edita da Arkadia Editore nel 2023 con la prefazione di Pasquale Vitagliano, la poesia è libera – e liberata – dalla morsa della ricerca linguistica, spogliata della rigidità del mistero della parola poetica: una semplicità “quasi feroce” utilizzando un’espressione adoperata dal poeta Giovanni Raboni che in questi termini definì la poesia di Vivian Lamarque. Svariati i punti di contatto significativi con quest’ultima: il tono leggero e il dettato limpido, dietro cui si nascondono contenuti ed emozioni complessi.

I rapporti umani sono la germinazione spontanea che investe la forma dei componimenti poetici della Viviani e il suo scrutare l’Altro ha talvolta toni apertamente critici: «cuoricini come ciliegie/ su foto di puttane in vetrina/ nella finestra della chat». Sono versi che non necessitano di supporti esplicativi ed esegetici: la semplificazione del verso che sfocia nella tonalità prosastica non è tuttavia priva di arguzie e allusioni. Sono rintracciabili «repentini rovesciamenti» citando il Vittorio Sereni delle ‘Prose critiche’ il quale, in una sorta di analogia con la poesia della Lamarque, sembra attualizzante e riproponibile nel pensiero: “a volte due versi in chiusura di una cantilena quanto mai puerile arrivano imprevisti come una coltellata”. «I segni delle tue dita sulla mia carne/ resteranno le uniche lettere»: le chiusure, laddove non hanno effetto di stupore nel lettore, trattengono una riflessione amara a contrasto con la vivacità del componimento poetico.

«La rima cuore amore si può fare/nell’esilio intellettuale»: tra i pochi rimasti ancora fedeli alla rima la Viviani ha l’audacia di tentare la “più antica difficile del mondo”, come scrisse il poeta triestino.

Amanti del ménage ultramoderno
di questa nostra vita in solitario
insieme solo fino a un certo orario
felici a casa propria estate e inverno
ma quando voleremo nell’eterno
chissà se nella nuova dimensione
vivremo in condivisa abitazione
o ancora ognuno solo nel suo interno
o ancora ognuno solo nel suo inferno.

Questo tipo di rima non resta immune da quel tanto di stantìo che lascia il lettore di poesia contemporanea senza un leggero senso di titubanza.

La rima alternata, le consonanze e le assonanze reggono la struttura poetica ideata dalla Viviani: potremmo pensare ad un espediente utilizzato dalla poeta per rimarcare una controtendenza in linea con alcune sue espressioni tipiche di un certo slang.

In una delle sezioni presenti nella raccolta il tema dell’amore è affrontato entrando in contatto con un immaginario adolescenziale, o più propriamente giovanile, in cui vengono introdotte nella poesia le dinamiche amorose connesse ai social, il fenomeno del ghosting, le chat e i selfie:

Vorrei mandarti un messaggio
ogni volta che penso a te
ma se tutto mi fa pensare a te
ti scriverò una volta su due
forse meglio su tre
come nel quanto basta delle ricette
nessuno sa l’esatta quantità
di quello che un po’ manca
e un po’ avvelena.

Uno sconforto di fondo aleggia nelle poesie d’amore, un’amarezza legata a un atteggiamento di ostinazione e caparbietà di fronte ad amori non ricambiati, a messaggi non letti e a risposte mancate: «non ti credo ma sopporto».

Nella sezione Mondo la Viviani affronta vari e differenti temi sull’umanità senza mai discostarsi dal lirismo e dal tono ironico e a tratti pungente che porta il lettore esattamente nel punto preciso di una riflessione e di una constatazione sul comportamento umano da un punto di vista etologico, psicologico e sociologico:

Il barbone trema di freddo
in attesa dell’estate
e se lo chiami clochard
trema in francese
così lo chiami senzatetto
senzamuri senzamore
senzatutto
però guarda
ha un cellulare
forse fino a poco tempo fa
era anche lui normale
o forse fa finta
quindi non sta
davvero male quindi
te ne puoi
andare.

La vecchiaia e la morte, trattati nelle sezioni omonime, prendono forma in senso allegorico e caricaturale, amplificando e marcando gli aspetti più attuali della vita: «truccata da vecchia gallina/ mi butterò nel vizio/ lolita dell’ospizio/ da giovane ero bella, dirò./ Da vecchia mentirò».

L’autrice dedica alcune riflessioni ai poeti in una delle sezioni conclusive della raccolta i cui versi appaiono quasi delle dichiarazioni di appartenenza all’universo poetico e in cui a tratti è messo in risalto il protagonismo giocoso: «ma non lo vedi, dico/ che sei in ogni mia poesia?». Il poeta è osservato e definito dalla Viviani, costantemente in chiave ironica e con un tono graffiante (rimanendo fedele alla sua cifra stilistica), un innegabile narcisista: «un poeta che legge poesie/ pensa sempre “son meglio le mie”».

Serena Mansueto

 
 
 
 
Lockdown
 
Fuori c’è la bomba batteriologica
ho scorte di amminoacidi
per i prossimi cent’anni
e milioni di libri e film
per distinguere i giorni
ho dieci amori virtuali
che piango a rotazione
e infiniti organi sessuali
che sono sempre il mio
fuori c’è la bomba batteriologica
ho sigillato l’ultima fessura
non mi manca più niente
tranne dimenticare il sole
 
 
 
 
 
 
Esperienza
 
Dove vola il tempo perso
quando se ne va l’amore?
La chiamano esperienza
quelli che sanno imparare
 
 
 
 
 
 
Il figlio immaginato
 
Il mio bambino sa tutto di Dio
ma non sa dire o non vuole
ha gli occhi stanchi ha combattuto
e sorride schiumaluce alla vittoria
mi mangia mi beve mi picchia il mio bambino
per lui mi sciolgo in latte denso
e gli parlo la lingua delle fiabe finte
ma lui sa quella delle streghe gutturali
e degli gnomi dittonghi e lalala
il mio bambino mi ama come si ama il cibo
la coperta il caldo le cavità nude
e quando lo accarezzo nelle pieghe
sento il morso della pelleseta