Il muschio e la rugiada – Antologia di poesia giapponese


Il muschio e la rugiada – Antologia di poesia giapponese è un ottimo libro uscito nel 1996 per la Bur, poi nel 2008 ed ora nel 2013 in edizione anche ebook. Libro curatissimo da Mario Riccò e Paolo Lagazzi, in un’elaborata introduzione spiega cosa sono gli Haiku, i Renga, la filosofia alla base della poesia giapponese, addirittura le difficoltà di traduzione che inevitabilmente nel caso specifico vanno a cozzare contro una tradizione ben assodata nei secoli, sopratutto a livello formale.

Perchè la poesia giapponese è un’epifania perfetta, un atto d’incontro con la natura ma non solo a livello estetico. Nella poesia giapponese le parole diventano la natura e cercano di entrarci così a fondo da essere quasi prodotti naturali della stessa esistenza.

La poesia è per i giapponesi un dono degli dei, una danza dice Lagazzi, seppure non c’è passione etica al di fuori dell’estetica: ma nessuna estetica elevata al rango di legge è esente dal rischio di estetismo, e anche la poesia giapponese ne è tutt’altro che immune, pur misurandosi con esso, per così dire, alla pari: con la più alta, lucida consapevolezza.

La bellezza di questa antologia non risiede tanto nella scelta degli autori quanto nel quadro complessivo che ne emerge. Sembra di leggere un libro di un solo autore. La continuità che nei secoli tale poesia riesce a mantenere sfiora l’armonia, quasi una pace metaforica. Anche quando i più recenti esperimenti sforano nel verso libero le tematiche e il tono paiono restare fedeli (fedelissime) all’antica usanza di riferirsi alla natura. Natura che inizialmente era il mondo, poi l’uomo. Sempre un tu, tanto che Lagazzi stesso avvisa che intrinsecamente aperta al confronto, la vocazione poetica giapponese ci appare un fatto, comunque, sociale: solo attraverso una serie di atti dialogici – di scambi di messaggi, di confidenze o ammicchi capaci di spostare o correggere ogni tentazione nel senso di una pratica troppo privata del linguaggio. Questo sia se si pensi a Shōtoku Taishi (574-622) quanto alla sensualissima Yosano Akiko (1878-1942) quanto agli ultimissimi, ancora viventi (ai quali di fatto si riferisce il prefatore).

Su tutta la poesia giapponese emerge però lucido e luminoso Bashō Matsuo (1644-1694), che viene così descritto: Il fatto è che nessuno più di Bashō ha capito la verità del dolore: o meglio, la verità attraverso il dolore. Senza mai temere le notti di freddo, di pioggia e di abbandono su strade autunnali o in povere locande, su misei giacigli fitti di pulci, il pellegrino Bashō continua a parlarci dal fondo di un tempo immensamente gioioso proprio perchè capace di misurarsi, senza risparmio, con la tristezza: immensamente quieto proprio perchè scandito, fino all’estremo, sul battito del cuore.

Un’ultima nota va fatta al modo di approcciarsi a queste poesie. Raccolgono secoli di versi in una locazione geografica e culturale da noi lontanissima. Leggere oggi la poesia giapponese in teoria non potrebbe prescindere da un preventivo studio delle forme e della storia delle forme. Pena probabilmente una critica ferocissima. Un piccolo post in un piccolo blog come questo però non può e nemmeno ha l’intenzione di un saggio preparatorio alla poesia. Anzi io stesso ho letto prima i testi e poi le note critiche e introduttive proprio per gustarmi l’essenziale bellezza dei versi. E devo confessare d’esserne uscito ancor più convinto perchè questi testi fanno vibrare quella piccola corda naturale che abbiamo tutti noi al nostro interno, nel nostro fondo. Vi si forma un unisono, si carpiscono le frequenze del muschio e della rugiada (da cui l’intelligente titolazione). Per poi capire che è proprio questo l’obiettivo della poesia giapponese, prima ancora della sua critica e della sua storia.

 

Alessandro Canzian

 
 
 
 
Se fosse a casa
fra le braccia amate
riposerebbe, povero viandante.
Qui, lungo la strada, si dissolve
sopra un letto d’erba.

 

Shōtoku Taishi (574-622)

 
 
 
 
Nessuno potrà
vedermi né chiedermi
qualcosa – In sogno
verrò da te stanotte,
non chiudere la porta del sogno.

 

Kakinomoto No Hitomaro (?-729)

 
 
 
 
Nei calici del sake
petali di pruno galleggiano.
Dopo aver bevuto
con l’amico del cuore
cadano pure i fiori…

 

Ōtomo No Sakanoue (?-750)

 
 
 
 
Bianche gocce di rugiada
sui pennacchi di canna
del mio giardino.
Potessi perforarle intatte…
Una collana per te.

 

Otomo No Yakamochi (718-785)

 
 
 
 
Quieta è la luce
nei giorni di primavera,
ma non c’è pace
per questo cuore –
sono caduti i fiori.

 

Ki No Tomonori (?)

 
 
 
 
Cos’è la vita?
Goccia di rugiada
che svapora.
Eppure la darei
per poterti incontrare.

 

Ki No Tomonori (?)

 
 
 
 
Non è più la stessa
luna né più la stessa
primavera d’un tempo –
io solamente rimango
quello che sono stato.

 

Ariwara No Narihira (825-880)

 
 
 
 
Afflitta, pensando a lui,
anche la lucciola della palude
somiglia all’anima
da me uscita
in ansia errabonda.

 

Izumi Shikibu (Sec. IX)

 
 
 
 
Pioggia notturna
sulla capanna d’erbe
nostalgia del passato –
non aggiungere lacrime
o cuculo di montagna.

 

Fujiwara No Toshinari (1114-1204)

 
 
 
 
Potessi vedere
dischiuso nei fiori
il volto di Dio.

 

Bashō Matsuo (1644-1694)

 
 
 
 
La primavera se ne va –
piangono gli uccelli, sono lacrime
gli occhi dei pesci.

 

Bashō Matsuo (1644-1694)

 
 
 
 
Calma distesa –
Frinire di cicale
intride le rocce.

 

Bashō Matsuo (1644-1694)

 
 
 
 
Che lampi! –
il grido degli aironi
percorre il buio.

 

Bashō Matsuo (1644-1694)

 
 
 
 
Mare in burrasca –
Sospesa sull’isola di Sado
la Via Lattea.

 

Bashō Matsuo (1644-1694)

 
 
 
 
Suvvia, andiamo
a contemplare la neve
fino a cadervi dentro.

 

Bashō Matsuo (1644-1694)

 
 
 
 
Sono vecchio ormai –
sento tra i denti
le alghe e la sabbia.

 

Bashō Matsuo (1644-1694)

 
 
 
 
Cade nevischio
attraversando il fondo
della tristezza.

 

Naitō Joshō (1662-1704)

 
 
 
 
Abbandonata –
nel trapianto del riso
affonda il corpo.

 

Yosa Buson (1716-1783)

 
 
 
 
Da giorni e giorni
la pioggerella cade –
invecchia l’uomo.

 

Yamamoto Ryŏkan (1758-1831)

 
 
 
 
Dal buio
salta nel buio –
l’amore dei gatti.

 

Kobayashi Issa (1763-1828)

 
 
 
 
Verso Kiyomizu
attraversando Gion
ciliegi in fiore evanescenti
di luna – È bello ogni volto
che incontro stanotte.

 

Yosano Akiko (1878-1942)

 
 
 
 
O pastore che cammini
lungo la spiaggia, canta
la tua canzone per me –
È troppo solitario
questo lago d’autunno.

 

Yosano Akiko (1878-1942)

 
 
 
 
Pioggia di primavera –
Agnellla che sbanda
stasera dal tempio
che conosce. Oh, quanta
amarezza, amore mio.

 

Yosano Akiko (1878-1942)

 
 
 
 
Se qui adesso
ripenso al percorso
della mia passione –
somigliavo a un cieco
senza paura del buio.

 

Yosano Akiko (1878-1942)

 
 
 
 
Spingendo dolcemente
ho schiuso quella porta
che chiamano mistero –
Mammelle turgide
strette nelle mani.

 

Yosano Akiko (1878-1942)

 
 
 
 
Dopo il mio bagno
alla sorgente calda
questi vestiti
sono ruvidi sulla pelle
così come il mondo.

 

Yosano Akiko (1878-1942)

 
 
 
 
Capelli scarmigliati
stamane – Li potrò lisciare
con la pioggia primaverile
che gocciola dal nero cupo
delle ali delle rondini?

 

Yosano Akiko (1878-1942)

 
 
 
 
Voglio tornare
all’antica dolcezza
di piangere solo –
Così le dissi
per non separarci.

 

Ishikawa Takuboku (1885-1912)

 
 
 
 
Nella tinozza
la donna che si bagna –
brama d’un corvo.

 

Takahama Kyoshi (1874-1959)

 
 
 
 
Sull’aritmetica
un giovanetto piange
sommesso – l’estate.

 

Saitō Sanki (1900-1962)

 
 
 
 
Non rimane traccia
fra le onde – eppure ho nuotato
con una donna.

 

Yamaguchi Seishi (1901-1994)

 
 
 
 
Tuono di mezzo inverno –
gli occhi dell’amico morto
fissano. Io vivo.

 

Katō Shūson (1905-1993)

 
 
 
 
I ragazzi delle medie
parlano di Dio – s’accumula
neve sulla paglia.

 

Kaneto Tōta (1919- )

 
 
 
 
Itinerario
 
Non c’è strada a me dinnanzi.
Dietro di me è tracciata una strada.
Ah, natura,
o padre
che m’hai fatto adulto,
o grande padre, non stornare
gli occhi da me, proteggimi,
colmami del tuo vigore
per questo lungo viaggio
per questo lungo viaggio.

 

Takamra Kōtarō (1883-1956)

 
 
 
 
La luna e le noci
 
La luce della luna
venuta alla finestra
reca l’eco del paese.

 
Crak, crak…
Con un piccolo martello di legno
schiaccio le noci.

 
Sono azzurri i fiori del noce
eh, mamma? Non è così?

 
Io lo so, sai. Davanti alla biblioteca
di Hakodate, non c’erano, forse?

 
Chi?… Ishikawa Takuboku? Il babbo
disse che era suo amico.

 
Eh?! È morto? Anche la nonna?
Ci sono le foto in casa?

 
Ah, mamma! La luce della luna
splende contro la ciminiera.

 

Kitahara Hakushū (1885-1942)

 
 
 
 
Libellule rosse
 
Tramonto rosso, nugolo
di libellule rosse
che ho visto inseguirmi.

 
Quando fu mai?
 
I gelsi con le more sui terrapieni assolati
ed io a riempire
il minuscolo cesto.

 
È forse illusione?
 
A quindici anni
mia sorella è andata sposa
e non giungono più
notizie del mio paese.

 
Tramonto rosso, nugolo
di libellule rosse…
una libellula s’è fermata
sulla punta d’un palo.

 
Miki Rofū (1889-1964)
 
 
 
 
Strumento musicale
 
Nel cielo del crepuscolo
la pallida luna del giorno
scolorita; è come
uno strumento musicale
spezzato.

 

Kitagawa Fuyuhiko (1900-1990)