Gli uomini-mostro e i confini del mondo

Ai limiti estremi del mondo, su un monte chiamato Nulo, gli uomini hanno le piante dei piedi che terminano in otto dita e sono rivolte all’indietro. Sulle montagne vicine esistono invece popoli con la testa di cane, vestiti con pelli di animali e capaci di emettere solo latrati: vivono catturando animali e uccelli e si procurano la preda con le unghie. Gli Sciapodi devono il loro nome, che significa letteralmente “Piede-ombra”, al fatto di avere una gamba sola, che al momento opportuno, restando supini a terra, sollevano per proteggersi dal calore soffocante del sole. Non lontano abitano i Trogloditi e più avanti ancora una popolazione priva di collo, con gli occhi piantati sulle spalle. I Coromandi non parlano, ma si esprimono attraverso grida raccapriccianti: i loro corpi sono coperti di setole, mentre i denti somigliano a quelli di un cane. In India il popolo degli Scirati ha dei fori al posto delle narici e striscia sul terreno invece di camminare; se poi ci si spinge fino alla sorgente del Gange è possibile imbattersi negli Astomi, che non hanno bocca, sono irsuti, si vestono con bioccoli di cotone e vivono solo dell’aria che respirano e degli odori che annusano.

Incisione dalla Cosmographia universalis di Sebastian Münster del 1544

Queste notizie sensazionali non si leggono in un romanzo fantasy o in una di quelle raccolte di paradossi che nel mondo antico formano un vero e proprio genere letterario, ma nell’opera scientifica più importante della cultura latina, le Ricerche sulla natura di Plinio il Vecchio, storico, erudito e funzionario imperiale, morto durante l’eruzione del Vesuvio che nel 79 d.C. seppellì Pompei e le altre città della costa campana mentre nella sua veste di comandante della flotta di stanza a Capo Miseno cercava di portare soccorso alle popolazioni colpite dal disastro. Il loro autore non mostra alcuno scetticismo verso quello che racconta: del resto, con il suo consueto scrupolo documentario, Plinio si era preoccupato di consultare autori che in quelle terre lontane dichiaravano di aver viaggiato in prima persona, riferendo di realtà che avevano visto con i propri occhi.

Il fatto è che alla base della pagina di Plinio c’è un modo di pensare il mondo diffuso nelle culture antiche: quello che associa alla nozione di “centro” l’idea di normalità, positività, eccellenza e a quella di “periferia”, al contrario, l’idea di stranezza, di singolarità, di anomalia. In base a questo modello, nel cuore del mondo, che coincide per gli antichi con l’Europa, vivono uomini e donne così come siamo abituati a vederli; al contrario, a mano a mano che ci si sposta verso i confini della Terra quella normalità si altera, si deforma, alla fine si perde,

mentre a prevalere sono il brutto, l’ibrido, il mostruoso. Lontane dal punto di vista geografico, le estremità del mondo non possono non essere lontane anche dal punto di vista delle forme di vita che ospitano: laggiù è come se la natura giocasse, come se si divertisse a sperimentare una serie di possibilità combinatorie (una sola gamba, occhi sul busto invece che sulla testa, piedi enormi, numero eccezionale di dita ecc.) che sono state invece scartate nello spazio a noi più familiare.

Del resto, questo modello era applicato dagli antichi non solo in orizzontale, nello spazio, ma anche in verticale, lungo la linea del tempo: agli inizi della storia, quando la Terra era ancora una madre giovane e creativa, sono nati esseri dall’aspetto mostruoso, creature prive di piedi o di mani, oppure corpi misti, che recavano con sé i caratteri di entrambi i generi, maschi e femmine allo stesso tempo, fino a che a poco a poco quel fermento si è stabilizzato nelle forme che siamo abituati a conoscere.

Noi non leggiamo più le opere consultate da Plinio, naufragate nell’abisso che ci separa dalla cultura che le aveva prodotte. Per nostra fortuna, invece, le Ricerche sulla natura, con i loro trentasette libri, hanno continuato ad essere pazientemente ricopiate nel corso dei secoli, perché ritenute uno scrigno di tutto lo scibile umano, una comoda sintesi di tutto quello che i Greci e i Romani avevano scoperto in ogni campo del sapere. Ecco perché durante tutto il Medioevo non si ebbe alcun dubbio sull’esistenza dei popoli citati da Plinio; e persino dopo la scoperta dell’America c’erano esploratori pronti a giurare che uomini dal viso di cane come quelli descritti dallo scienziato latino fossero stati effettivamente avvistati nel Nuovo Mondo. Come sempre, la modernità ha un cuore antico.