foto di Dino Ignani
Gli occhi hanno stipiti d’alba
cavalcano l’impresa della fine
con pupille di seta fanno
l’inventario erotico della conoscenza
ho paura ad addormentarmi
e non trovare più al risveglio
l’ospitalità plurale del tempo
il limite condiviso
il futuro vacante
il volto inferiore dell’istante
e accompagnare il mondo
alla resa dei conti
sarò vetta o sogno sleale
nella traccia di questa durata.
Voglio un millennio di magnolia assoluta
risorgere in errore superlativo
il puro incanto di allucinazioni artigianali
smascherare le concatenazioni sfigurate
dei congegni di questo inganno
ascendere il mistero corporeo
in nave egea nel racconto della rosa mutabilis
al faro di clorofilla del pensiero.
Come diamo i nomi alle cose?
Ceci n’est pas une pipe
questo non è un testo
non vi ingannate non è la mia voce che parla
questa non è la mia vita
questo non l’ho scritto io
ah nemmeno io.
Se i miei sensi non fossero in salita
e smettessero di profanare la realtà
mi risveglierei dal sonno dogmatico della conoscenza
romperei i vincoli del provvisorio sensibile
scapperei dall’ostaggio fenomenico
sul rinoceronte di Dürer nel 1515
andrei a spasso con Kant e l’ornitorinco
mi perderei nella Babel di Bosch
sarei un ready-made
I would be Grizzly Giant
sarei diesis nelle note di Schön Rosmarin
farei acrobazie da piccantismo
nelle bolle di sapone di Chardin
parteciperei a Le déjeuner sur l’herbe
andrei con Deridda alla banca del vero
a riscuotere la cambiale della percezione
e vedrei simultaneamente le sei facce del cubo di Husserl
i fenomeni farebbero pettegolezzi sul noumeno
interdetto il traffico di stupefacenti
nella giurisdizione dell’intelletto
in mongolfiera sorvolerei la Critica della ragion pura
decapitato il Ground di Peirce
nella rivoluzione dell’intrinseco
sarebbero svelati i veri nomi dell’evidenza.
Al diavolo l’intuizione dell’ente
lo schematismo trascendentale
il carico fiscale dell’appartamento cognitivo
ipotecato il mondo, battuta all’asta la rappresentazione
vietato l’accesso al distretto delle ipotesi
il velo di Maya in riparazione sartoriale
giustiziate le contraddizioni della fisica.
Ordinerei un Long Island e io sarei l’altro
I’m a frog.
E se la percezione non mantiene la parola data?
E se fossero soltanto isole?
Anyway
gli eventi sono un impasto di spaziotempo
dai salta, scavalca lo spazio
scusa reggimi un momento il tempo
ed è sempre l’ora del tè
ma non è servito qui e neanche ora.