La sveglia
I
Le sveglie meccaniche
– dal trillo che lacera
l’ovatta, l’infingardo –
portavano lancette
pitturate di radio;
l’abominio del giorno
in fieri, che t’uccide
con l’ore perfette,
al buio quieto di letargo.
II
Le donne che pittavano
di veleno il quadrante,
e tutto per l’osare
di vedere il tempo al buio,
che il conto della notte
è sempre uno – straniante –
umettavano i pennelli
di saliva e l’atomo a disfarsi
proseguiva nelle bocche.
III
Mia nonna possedeva
l’esemplare di vetro,
d’un verde diafano e muta
se non per l’irrequieto
bilanciere che scorgevo
guardando di lato, e dietro
fascino perdeva, pareva
un gioco solo bello,
come un automa vano
del tardo settecento, longevo.