Una poesia secca e veggente tra i particolari concreti. Il protagonista è lui in questi “Esercizi di potere” di Margaret Atwood. Lei lo disegna: “Niente si sente in questi giorni / da chi è al potere // Perché parlare quando sei una sommità / o una vòlta”. Ma è protagonista anche la scrittrice che registra il tutto (e piccole cose come: “muori, così potrò scriverne”). È un amore con esercizi di potere, questo si sente in tutte le poesie: concrete come in grammatica si dice.
Scrive Margaret: “Tornare dai morti / era qualcosa che facevo bene // Cominciai a chiedermi perché / cominciai a dimenticare come”. A chi scrive non era mai capitato di voler annotare fin dall’inizio troppo, e trovarsi poi a metà libro con tante sottolineature ancora da fare. Dove, sempre protagonista, è lui che impariamo a disegnare. La quarta di copertina parla di “crudeltà dello sguardo” e certo il potere può essere crudele.
Qui tutta la storia è condensata nel rapporto tra uomo e donna. Rovesciando i piccoli miti di cui siamo prigionieri: per esempio che un lui è più forte di una lei (qui accade il contrario: perché il potere è in balìa di lei che scrive).
Grande potere ha la scrittura: questo s’impara da Margaret Atwood, canadese, ambientalista, femminista, vincitrice di due Booker Prize e del Governor General’s Award. I suoi romanzi hanno generato film e serie tv. La traduzione è di Silvia Bre, una poetessa.
Pierangela Rossi
ti adatti dentro me
come un amo in un occhio
un amo da pesca
un occhio aperto
Lei medita di sfuggirgli
Posso cambiare me
stessa più facilmente
di quanto io possa cambiarti
potrei diventare corteccia e
farmi arbusto
o retrocedere nel tempo
dell’immagine di donna lasciata
in detriti di caverna, lo stomaco
allagato bulbo di fertilità,
fissare una piccola perla, un
bozzo, regina delle termiti
o (meglio) accelerare il passo,
nascondermi tra le nocche
e veli venati di viola di signore attempate,
diventare artritica e distinta
o con giro ulteriore di vite:
crollare sul tuo
letto aggrappata al cuore
tirando il nostalgico lenzuolo sul
mio sorriso cereo di commiato
che sarebbe sconveniente
ma finale.
Le loro attitudini differiscono
1
Comprendersi
l’un l’altro: niente
più di questo, evitarlo
Sospenderò la ricerca di
germi se tu terrai
giù le mani dal microfilm
che porto nascosto nella pelle
2
Mi accosto a questo amore
come una biologa
infilandomi guanti
di gomma e camice bianco
Tu ti dilegui
come un evaso politico
in fuga, e nessuna sorpresa
3
Hai steso la mano
ti ho preso le impronte
Mi hai chiesto amore
ti ho dato solo descrizioni
Ti prego muori ho detto
così posso scriverne
Lui si sposta da est a ovest
Poiché non abbiamo una storia
ne costruisco una per te
adoperando quel
che c’è, parti delle vite
d’altra gente, paragrafi
che invento, di quando in quando
un oggetto, un orologio, una foto
che affermo essere tua
(Cosa accadeva in quel palazzo
di mattoni rossi con la scala
antincendio? Quale fiume?)
(Hai detto di aver preso
il battello, dimentichi troppo.)
Ti colloco in strade, in città
che non hai visto, cammini
su uno sfondo affollato
di dettagli vividi
che si disfano e diventano grigi
quando guardo troppo da vicini.
Non serve
che io te lo spieghi, forse
per te questo è il posto giusto
Le montagne in questo arduo
limpido vuoto sono bordi azzurri
di latta, tu appari
senza preludio a metà tra
i miei occhi e gli alberi più prossimi,
in colori che brillano, la tua
sagoma piatta
sospeso nell’aria senza miglior
ragione per capitare
esattamente qui che questo cartellone,
questa strada o quella nuvola.