Breve è la vita di tutto quel che arde – Stig Dagerman


Breve è la vita di tutto quel che arde, Stig Dagerman (Iperborea, 2022).

Con il suo grande impegno in qualità di traduttore dalle lingue nordiche, Fulvio Ferrari è tornato in libreria assieme a Stig Dagerman con una traduzione dallo svedese.

Dell’intellettuale anarchico per eccellenza, Stig Dagerman (Älvkarleby, 5 ottobre 1923 – Enebyberg, 5 novembre 1954), a partire dal ’91 in Italia sono stati tradotti ben nove titoli; eppure, nonostante otto di essi siano romanzi, drammi, racconti e articoli di giornale1, su tutti i volumi dello stesso autore – editi in Italia dalla stessa casa editrice – spicca una raccolta di poesie, uscita nella prima settimana di novembre del 2022. Si tratta di Breve è la vita di tutto quel che arde: il libro è stato pubblicato nella collana Gli Iperborei dalla storica casa editrice Iperborea, specializzata nel promuovere in Italia i capolavori della letteratura nordica, come quelli di Jón Kalman Stefánsson, Cees Nooteboom e Stig Dagerman. Il volume di Dagerman si dimostra particolarmente pregevole sotto più punti vista; anzitutto, il merito di questa pubblicazione è quello di permettere alla produzione postuma del noto scrittore svedese di potere finalmente riaffiorare, così da riprendersi il posto che le spetta a partire dalle pagine di un oggetto-libro che presenta l’intelaiatura di una vera e propria antologia. In secondo luogo, il volume è stato arricchito da una sequela di testi che presiedono a una eterogeneità sia tematica che stilistica.

I testi della prima sezione, Dikter, sono orientati in questa direzione. In particolare, si pensi alle poesie intitolate Perché non credere, In questo porto, La vita è troppo breve, Meglio è, Il mondo non puoi cambiarlo; in esse Dagerman si interroga sui dati presumibilmente indiscutibili, permette al suo sentimento di fratellanza di emergere e si stringe alla Spagna; inoltre, egli si strugge per l’ingiustizia sottesa all’essere al mondo, un dolore che tiene il tempo nell’anaforico susseguirsi dei versi, a pagina 39:

La vita è troppo breve
 
La vita è troppo breve
perché per poter parlare un giorno a un amico
dobbiamo imparare a tacere
per mille anni
 
La vita è troppo bassa
perché per imparare a tacere
dobbiamo vivere un tempo alti come il più alto monte
che ha scordato di essere stato un vulcano
 
La vita è troppo sporca
perché per guardare un attimo un amico negli occhi
dobbiamo esser prima puliti
come neve mai caduta
 
La vita è troppo avara
perché se fosse generosa ci darebbe il mare
che ci laverebbe e pulirebbe
come il sasso più levigato
 
La vita è troppo lunga
perché per poter parlare un giorno a un amico
dovremmo vivere unicamente quel giorno
in cui il nostro unico amico non nato sarebbe vissuto
 
(1948)

La tempra del Dagerman poeta risiede infatti sia nei suoi testi meno impattanti sul fronte politico – i cosiddetti dikter, che occupano la prima parte del volume –, sia negli schiaffi in rima tirati dai suoi dagsedlar. La poesia di Dagerman si muove su un terreno sdrucciolevole, che non permette all’autore di costringersi entro una corrente o un movimento precisi.

Nella sua postfazione al libro, Fulvio Ferrari ha sottolineato che in Dagerman è possibile individuare un collegamento con il concetto romantico di Sehnsucht poiché il poeta utilizza una terminologia svedese per riferirsi ad un simile sentimento. Dagerman, prosegue Ferrari, «riprende, attualizza e al tempo stesso nega la sete di redenzione del romantico gnostico Erik Stagnelius e ripropone in modo originale la religiosità atea di Pär Lagerkvist» (cit. a p. 141).

Nel suo gioco costante con la vita e la letteratura, Dagerman sospira, si chiede continuamente cosa sia la libertà – conosciuta davvero da «chi ama senza limiti» (p. 51) –, ma sospinge sempre in avanti le sue idee di fratellanza per gli ultimi, denunciando nei suoi Dagsedlar le condizioni dei senzatetto di Stoccolma e dei bambini che imbracciano le armi.

Dunque, quella di Dagerman resta una poesia che sfrutta la spensieratezza della metrica più tradizionale per innovare la versificazione dei dagsedlar; eppure, composti a partire da stralci giornali, i dagsedlar si presentano come versi sempre proiettati a denunciare la condizione di una realtà cruda, ingiusta e aberrante che infesta l’umanità.

Tuttavia, Dagerman invita chi ne legge i versi, oltre che le prose, a lottare nonché ricordare che se «Breve è la vita di tutto quel che arde / […] / Mai però si spegne il desiderio di luce» connaturato in ogni creatura (p. 71). Infine, Dagerman consegna ai suoi lettori una vera e propria dichiarazione di poetica con la poesia sita a pagina 73:

Il mondo non puoi cambiarlo
 
Il mondo non puoi cambiarlo.
Placa la tua anima focosa!
Fare del bene a qualcuno:
è questa l’unica cosa.
 
Ma già significa tanto
che le stelle ti sorridono giù.
Un uomo in meno che ha fame
vuol dire un fratello in più.
 
(1954)

Vernalda Di Tanna

 
 
 
 
Meglio è…
 
Meglio è imparare
per tempo a perdonare
prima gli altri
poi se stessi
 
Meglio è imparare
troppo tardi a giudicare
ma se proprio
ma nel caso:
ultimi gli altri
se stessi per primi
 
(1949)
 
 
 
 
 
 
Per amore del verme

È stata fondata una nuova associazione per la protezione degli animali con l’obiettivo di garantire il benessere di vermi e rettili. Manca ancora un’associazione che protegga gli esseri umani.

 
Strisciava un verme su un soldato morto.
Assai lontano si era avventurato,
così alla fine di cibo resto a corto
quel povero piccolo verme sventurato.
 
Era quel verme ormai pronto a morire,
grazie a due dame cambiò egli opinione:
Ah, povero verme, via devi venire
e unirti alla nostra associazione!
 
Come fontane piangevano le dame,
ma sul cadavere balzò il verme gioioso.
Che gli animali siano protetti nel reame
è per i vermi un vantaggio clamoroso.
 
Restò il soldato lì, triste spettacolo,
tra i suoi gravi pensieri e la sporcizia,
fiero però di aver dato il suo obolo
perché regni tra vermi e umani l’amicizia.
 
(13.9.1944)
 
 
 
 
 
 
La città santa

Proprio nella notte di Natale due bambini piccoli sono morti di freddo in un quartiere di baracche, A Roma.

 
La santa città si stendeva gelida,
avvolta in notturne, fredde ombre smorte.
Due bimbi gelati nella topaia fetida:
non c’era una stalla a sottrarli alla morte.
 
Le stelle sul cielo non si sono spente,
un dono augurale nessuno vi ha porto,
nessun nobile re è giunto da Oriente,
e dell’accaduto nessuno si è accorto.
 
Non capita spesso che la schiera alata
intoni qui in terra un coro beato.
La santa città si stendeva gelata.
Santa era, santa è, e nulla è cambiato.
 
(28.12.1950)
 
 
 
 
 
 
Il pittore di uova

(Testo pubblicato sotto l’immagine di un bambino che dipinge delle uova di Pasqua.)

 
Cosa dipingo? Dipingi, fratello,
un falco che scende dal cielo saettando
e fa l’occhiolino a un mite fringuello
per poi risalire su in cielo volando.
 
Dipingi una rosa che spine non ha
e la mano di un uomo senza pugnale,
dipingi una nave che ondeggia e sta là
e culla la terra in un canto augurale.
 
In tinte dipingi il futuro del mondo
di cui il cielo di Pasqua è intessuto.
Dipingi il tuo occhio, il tuo occhio rotondo
prima che veda cosa noi abbiam veduto.
 
(4.4.1953)
 
 
 
 
1

Si pensi ai seguenti titoli: Il nostro bisogno di consolazione; Il viaggiatore; Bambino bruciato; I giochi della notte; Perché i bambini devono ubbidire?; La politica dell’impossibile; Autunno tedesco; Il serpente.