Due sono le cose notevoli in questo caso: Bernard è del 1930 e ha continuato a lavorare anche a 90 anni, pubblicando nella sua vita una quantità esponenziale di libri. Della quinta età è anche questo Estratti del corpo, 1958, tradotto nel 2001 per Lo specchio, Mondadori) che mantiene le promesse, a parte la copertina. In copertina c’è una donna vestita di un reggiseno e a occhi bassi davanti a un uomo che sfuma nella costa del libro. E invece il corpo di cui si parla è solo, nonché ossessivamente, quello dell’autore. Non è possibile una confusione, se non nell’incitazione a comprare il libro fidandosi dell’immagine. Questo libro parla solo del suo corpo, del vuoto, dell’angoscia. L’amore non è contemplato, nemmeno, direi, tra le possibilità. Quello che abbiamo davanti è un libro che descrive ossessivamente, minuziosamente, il corpo dell’autore, trattato come se a guardare fosse un anatomopatologo. Ma vediamo qualche esempio, che, parlando da sé, chiarisce come stanno le cose: “Sopravvivo a forza di radici”.
Pierangela Rossi
CONTRO-MORTE
io
che ogni giorno mi scavo sotto la pelle
non ho forse
né di verità né di felicità né di gloria
ma della sorgente di questa sete
non porto a spasso un mio piccolo demone fin troppo civile
ne ho diecimila che mi rodono
e io sorrido loro
non come una Gioconda
non come un Buddha soddisfatto del suo distacco
non come uno yoghi con i muscoli dell’anima ben esercitati
ma come un uomo
per cui non tutte le strade sono buone (…)
La terra sprofonda nel mio corpo. Io sono la terra e lo sprofondamento della terra. L’esofago è il centro immobile di questo slittamento. Non ci sono più né scheletro né nervi. Vedo senza vedere. La sofferenza si intana nelle crepe che attraversano questo lento smottamento, ma non fa male.
La mia bocca è questa concavità tranquilla, circondata da vie complesse. Stagna, quando vuole, è di per sé il solo spazio cavo attraverso il quale l’estraneo può venirmi ad abitare o attraversarmi. È la porta di una parte del corpo. Il naso, al contrario, apre e chiude un ciclo di cammini. Non avevo ancora dissociato ciò che, in me, dipende dalla bocca e ciò che dipende dal naso. Avevo dimenticato che tutto era pur sempre cominciato di là: dalla percezione sdoppiata di una corrente d’aria.
Rimango in attesa al bordo di un bordo mobile
che corrode l’interno
e si sottrae
lasciando talvolta le ossa in secco
come canne d’organo.