Ferruccio Benzoni


 
 
Saskia
 

No; non da una poesia.
Una notte di neve non origliava
la cucina insonne… Ah no,
niente di strenuo adornava
la camera un po’ sottosopra.
Una (non più giovanissima)
donna – smunta, sovente amara –
bassissima la voce,
come da un’icona cantilenava.
Saskia al suo seno e un latte
(una luna) di non remoti fuochi.
 
 
 
 
 
 
Tenerezze terribili
 

Specie se da giorni e giorni piove
tanto da dimenticare
come irresistibilmente un vicolo lustra
in un piangente chiarore,
non t’abbigliare di un tremito.
Manchi il sole o no l’insensatezza
ha fatto di noi una tenerezza
postuma; una ciocca ritrovata.

 
 
 
 
 
 
Nel mutismo domestico
 

T’avviluppi, t’accartocci.
Tra lenzuola guanciali scialli,
attorcigliate le ciocche, arse
da una fiamma calma.
Bocca e labbra balbettano
non soppesate dalla bocca né
disciolte dalle labbra.
Non ad altro pareva nata la sera
temendo di turbarli
ninnoli forse i tuoi capezzoli.
 
 
 
 
 
 
Inverno in chiaroscuro
 

Resta una matita tra le pagine.
Inchiostri interrotti a un capoverso.
Non cambierà il paesaggio, o in peggio.
Forse è tempo di giungere al faro
struggere del suo baleno,
rientrare prima che la notte
revochi la certezza di vederti
sfilate le calze cercare
meno effimero un vuoto
nel vuoto tra le braccia.