Thomas S. Eliot

Thomas S. Eliot

 
 

Il “modernista” Thomas Stearns Eliot (1888-1965), americano naturalizzato inglese, nobel nel ’48 “per il suo eccezionale e pionieristico contributo alla poesia moderna”, studiò ad Harvard e a Parigi entrò in contatto col simbolismo francese (ammirava Baudelaire e Jules Laforgue). Del ’17 le prime poesie. Direttore di casa editrice, pubblicò Pound ed Auden. Studiò il “correlativo oggettivo”. In un’intervista che chiude il volume Feltrinelli La terra desolata – Quattro quartetti con introduzione di Czeslaw Milosz, traduzione e cura di Angelo Tonelli, nel finale, in un’intervista, Eliot dichiara che i Quattro quartetti sono la sua opera migliore. Dai Quattro quartetti vi proponiamo il primo movimento del primo quartetto, con un pathos sul tempo ammirevole.

Scrive Angelo Tonelli: “Mistica è la musica dei Four Quartets. Qui Eliot parla dal cuore del cosmo, luogo segreto dello spirito in cui il tempo e lo spazio ordinari vengono sospesi e trascesi, e gli oggetti innumerevoli che popolano la memoria e la vista sembrano dissolvere i propri contorni, per scivolare l’uno attraverso l’altro verso il centro a-topico e a-cronico che ne costituisce la sorgente nascosta, a un tempo Origine trascendente e immanente filigrana generativa”.

Pierangela Rossi

 
 
 
 
I
 
Tempo presente e tempo passato
sono forse entrambi presenti
nel tempo futuro e il tempo futuro
è contenuto nel tempo passato. Se tutto il tempo
è eternamente presente
tutto il tempo è irredimibile.
Ciò che avrebbe potuto essere
è astrazione che rimane
possibilità perpetua
solo nel mondo della speculazione.
Ciò che avrebbe potuto essere e ciò che è stato
mirano a un solo fine
che è sempre presente. Eco
di passi nella memoria giù per il corridoio
che non prendemmo verso la porta
che non aprimmo mai
nel giardino delle rose. Eco
delle mie parole, così, nella vostra mente.
Ma a che fine
disturbando la polvere su una coppa di foglie
io non so.
Altri echi
abitano nel giardino. Li seguiremo
noi? Presto, disse l’uccello, trovateli
trovateli girato l’angolo. Attraverso
il primo cancello, nel nostro primo
mondo, seguiremo noi
l’inganno del tordo? Nel nostro primo
mondo. Là essi erano, dignitosi
invisibili, muovendosi senza schiacciarle
sulle foglie morte nel caldo
autunnale, attraverso l’aria vibrante
e l’uccello chiamò rispondendo
alla non udita musica nascosta
nel folto e lo sguardo
non visto passò attraverso, perché le rose
avevano l’aspetto di fiori
che sono guardati. Là
essi erano, come nostri ospiti
accettati, accettanti. Così ci muovemmo
noi e loro cerimoniosamente
lungo il viale vuoto, entrò il rondò
di bosso a guardare giù
nello stagno prosciugato. Secco
lo stagno secco cemento orlato
di bruno e lo stagno si colmò d’acqua
alla luce del sole e i fiori di loto
sorsero pian piano la superficie
scintillò al cuore di luce ed essi
furono dietro di noi riflessi nel laghetto. Poi
passò una nuvola e il laghetto
fu vuoto. Via, disse l’uccello
perché le foglie erano piene di bambini
nascosti con eccitazione, trattenuto il riso. Via
via, via, disse l’uccello: il genere umano
non può reggere troppa realtà. Il tempo
passato e il tempo futuro, ciò
che avrebbe potuto essere e ciò che è stato
mirano a un solo fine, che è sempre presente.