Speciale San Vito 2020: Tu, io e Montale a cena – Gabriella Sica


 

La Redazione di Laboratori Poesia, come ogni anno, lancia uno speciale dedicato al Premio San Vito. Tre uscite incentrate su Tu io e Montale a cena di Gabriella Sica (Interno Poesia, 2019), De te dedica narratur di Carlo Villa (Società Editrice Fiorentina, 2018) e Fadìa/Fatica di Silvio Ornella (Samuele Editore, 2019). Nello specifico la redazione si occuperà del Premio Speciale ex aequo (Gabriella Sica e Carlo Villa) e del Premio al Miglior libro in Lingua Friulana (Silvio Ornella).

A completamento dello speciale i finalisti (Il Condominio S.I.M. di Alessandro Canzian, Stampa 2009, 2020 – Non finirò di scrivere sul mare di Giuseppe Conte, Mondadori, 2019 – Figύa de pòrvoa/Figure di polvere di Amilcare Mario Grassi, Manni, 2019) saranno ospitati da un prestigioso sito amico.

La Redazione

 
 
Speciale San Vito 2020: Tu, io e Montale a cena - Gabriella Sica

Tu, io e Montale a cena, Gabriella Sica (Interno Poesia 2019).

Originaria della Tuscia, Gabriella Sica comincia a pubblicare i suoi primi componimenti poetici durante gli anni ’80 del secolo scorso su importanti riviste, tra le quali spiccano «Prato pagano», «Nuovi Argomenti» e l’«Almanacco dello Specchio»  Mondadori (l’uscita mondadoriana è prefata da Giovanni Raboni). A partire dalla primavera del 2020, gli utenti di Rai Play possono fruire gratuitamente di sei puntate monografiche, curate da Gabriella Sica, dedicate a sei importanti poeti del Novecento (QUI).

Sin dalla sua opera prima, La famosa vita (Quaderni di Prato pagano, 1986, Premio Brutium-Poesia), le parole della Sica sanno trasmutarsi in un altare depositario di una serie di elementi che si flettono dinanzi alla sacralità di uno dei più alti fra i valori: quello dell’appartenenza. Le attenzioni e la cura per le relazioni nutrono le stesse relazioni interpersonali, assieme al cibo, comun denominatore dell’ultima fatica poetica dell’autrice: Tu, io e Montale a cena (Interno Poesia, 2019), un libretto diviso in quattro sezioni (In limine; Quaranta poesie; Due prose; Altre due poesie), un libro che si è aggiudicato il Premio Speciale ex aequo (assieme a Carlo Villa) al Premio San Vito al Tagliamento.

Se, nella prima raccolta di Sica, gli affetti amicali erano declinati attraverso la presenza del femminile (“La sera io ricevo le amiche a casa/ un morbido divano il cibo le parole”, da La Tregua, in La famosa vita), nel suo ultimo libro di poesia, i topoi del ricevimento e del cibo si inscrivono nel cerchio delle numerose cene tenute, da adulta, con molti amici poeti e scrittori noti.

Tu, io e Montale a cena è un titolo emblematico, un congedo malinconicamente allegro in cui il dolore della perdita e l’allegria tipica della convivialità romana si ricompongono nel crocevia memorialistico della poesia. Con questa silloge – composta da quarantaquattro poesie (e due prose) non sempre datate, ma disposte in ordine cronologico e scritte in circa quaranta settimane –, Gabriella Sica ci indica i punti cardinali per una geografia degli affetti, nonché un superamento di quel periodo di “tristezza” vissuto in seguito alla scomparsa di Valentino Zeichen (Fiume, 24 marzo 1938 – Roma, 5 luglio 2016), al quale il libro viene quasi integralmente dedicato.

La parola “cena” è genitrice di identità e appartenenza, ma – soprattutto – è sorella del termine “amicizia”. Questa tipologia di relazioni ci è testimoniata dall’opera diaristica di Valentino Zeichen, recentemente pubblicata dai tipi di Fazi Editore. Anche Zeichen, carissimo amico di Gabriella Sica, era solito dare delle cene; infatti, così leggiamo nel suo Diario 1999 (Fazi, 2018), alla pagina intitolata Venerdì 25 giugno: “Stasera ho dato una cena per dieci, domani verranno altrettanti amici. Dovrei smettere di scrivere e cucinare, dato che il cuoco sta prendendo il sopravvento sul poeta. Mi dicono che tale propensione verso la gastronomia capiti a quegli artisti che s’avventurano nella fase finale della loro vita; penso all’infatuazione di Rossini per la gastronomia”. Inoltre, sfogliando le pagine del suo Diario 1999, ci è possibile leggere quanto segue alla pagina Venerdì 22 ottobre: “Natalia e Daniele Bollea hanno dato una bella cena per poeti, incluso il prof. Antinucci, stimato archeologo. Eravamo quasi tutti uomini, nonostante che io, Fazi e Perilli ci fossimo portati dietro una ragazza. Accitelli, Archibugi e Damiani erano scompagnati, e anche Gabriella Sica lo era. Sarà per questo motivo che dopo che se ne sono andati tutti gli accoppiati, si sia rimasti noi a parlare di donne, fino a tarda notte”. E, a seguire, leggiamo nella pagina di Domenica 24 ottobre che “Alla cena di Gabriella giunge un campionario di belle donne. Più o meno siamo gli stessi della cena di venerdì scorso da Bollea. È presente anche il fratello di Roland Barthes, il quale condivide la mia tesi su Samuel Beckett”.

In Tu, io e Montale a cena, Gabriella Sica ricorda queste cene di cui raccontava personalmente anche Zeichen nei suoi diari e, nella poesia Il lento congedo, ritroviamo i loro amici, tra cui l’affranto Daniele (Bollea): “affranto” nel constatare che Zeichen “non li preparava gli ottanta anni”. Le poesie di Gabriella Sica ricompongono l’immagine di Zeichen “nell’ironico paziente lento congedo”, senza permettere ai loro versi di esibirsi in meri elogi del poeta defunto: “più che a Gozzano / dopo la Scuola di Francoforte / (come burbero scriveva il Paglia / pensando al minimale / per te valentinozeichen caro) / io ti somiglio al caustico Cardarelli” (Valentino al vetriolo); “la tua beffa estrema / gettare il corpo nella morte / […] lo strappo ci fu nel gelido luglio” (Il lento congedo); “ha solo scherzato sempre scherzando” (Alloro ultimo); “provavi a rieducare / il mondo messo in tasca / come un’araldica miniatura / […] nella tua Casa di rieducazione / […] onestà eleganza e schiettezza” (Casa di correzione); “veloce come il vento / […] con scintillante scialo di caustica arguzia” (Hermes). Inoltre, le poesie della Sica ci prendono per mano e ci accompagnano in un viaggio onirico in testi dove fiorisce l’ipotesi di una cena con una presenza speciale: Montale. La poesia e il sogno si stringono assieme per accogliere sia i vivi che i morti.

Infine, nonostante Valentino “abbia tolto il disturbo” (Il lento congedo), l’immagine e le parole di Zeichen, che “nel sonno sognava la sua casa / […] lì nell’Arcadia di via Flaminia”, restano vive come un vento che continua a soffiare veloce anche “ora che si è spezzato l’elastico / dei giorni e degli anni pigiati / nell’operosa vendemmia / e sai tu ora lo sai come è andata / per te per noi / per i poeti e gli amici già andati via” (Valentino nel vento), ora che “il tempo vince la vita lenta” (Valentino nel vento).

 

Vernalda Di Tanna

 
 
 
 
Nulla da dire
 
L’aveva ingoiata strangolata
la parola nella gola
tentato dal silenzio quella sera
al Tempio di Adriano
non una delle sue battute fredde
alzato il tiro e la temperatura
davanti al pubblico l’impostura
chiara qualche trita fola
l’usurato rito
il niente del domani
negli occhi la delusione il nulla.
 
Non c’era più il nome di niente
dire aggiungere sproloquiare
tutto è ormai detto
“l’opera è compiuta”
tutti a mostrare l’offesa evviva
il poeta provocava
con il silenzio aveva
sparato alla parola e al dolore
al poco tempo
al folgorante buio abisso.
Nell’oltre. Qualche verso. Da dire nulla.
 
 
 
 
 
 
Provo ad abbracciarvi uno per uno
nella grigia sotterranea nube
tre volte mi avvicino a voi
miei amati miei cari amici
larghe apro le braccia
nella fitta gravosa coltre di nebbia
stringo fumo e vento
fino a che mi sveglio
ricordando il sogno e il vento
con le mani vuote al petto.
Non altri che me abbraccio
non altro rimane di quanto è stato
se non il radioso ordito di un sogno
affollato di volti fatti d’aria.
 
 
 
 
 
 
Il glicine in fiore
 
L’hanno tagliato il glicine fiorito
fragile ombra alla bellezza
violacea e suprema
indice sacro di leggerezza
e grazia sensuale
l’hanno tagliato acidi con l’accetta
nel giardino del poeta
dove c’era anche un fico ospitale
che triste si è seccato.
Il glicine generoso e fiorito
che puntellava il muro scrostato
ora piange per quanto è grande il male
inflitto dagli uomini alla natura
per gli accenti freddi di luglio
per il caduco fiore
ma spuntano dal tronco le foglie
più del solito tremolanti
sta nascendo ancora qualche bel fiore.
 
26 luglio 2018