Rossella Tempesta

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Michele Paoletti intervista Rossella Tempesta

 
 

Rossella Tempesta è nata a Napoli e vissuta a Terlizzi, Milano, Cattolica, Rimini, Napoli. Attualmente risiede a Formia. Si occupa di poesia e cultura anche promuovendone la divulgazione con eventi e iniziative corali. Suoi testi e interventi appaiono sulle riviste Poeti e poesia, La mosca di Milano, Graphie, ClanDestino, Attra-Verso, Poesia, Il filo rosso, Farepoesia. Ha ricevuto i premi Dario Bellezza, Salvatore Quasimodo, Miramare Poesia, Hostaria dal Terzo, Sandro Penna. Autrice di otto libri di poesia, è presente nell’antologia Nuovi poeti italiani n.6 a cura di Giovanna Rosadini (Einaudi, 2012).

 
 

Come nascono le sue poesie?

Scrivo in versi (liberi) da quando avevo otto anni, ma non ho la più pallida idea della genesi della mia poesia; posso dire che sono sempre stata e resto un’avida lettrice, magari la passione per la lettura è tracimata nella mia scrittura, e la metrica, seppur libera, mi è rimasta nell’orecchio come accade per quelle conchiglie che conservano il rumore del mare, al loro interno.

 

“Verrà la notte a mettere ordine”. Questo verso (tratto dagli inediti a fondo pagina) mi fa pensare ad un ritorno ad una sorta di origine, ma anche allo scorrere del tempo che ha poca cura di noi e dei nostri rimpianti. É così?

Come dici bene lo scorrere del tempo, che l’uomo cerca di misurare ma non inventa, non ne prescinde, lo scorrere del tempo è simultaneamente andare avanti e lasciare indietro.Indifferente a noi, che raccogliamo ineluttabilmente quel che abbiamo seminato, quel che la notte del nostro esodo metterà in fila davanti ai nostri occhi, ordinando compitamente cause ed effetti.

 

In che modo la poesia riesce ad essere – come afferma in apertura del suo sito www.rossellatempesta.com“un’incisione, un segno profondo, una fessura nella superficie coriacea del mondo umano, un taglio spiraglio sulla pelle inaridita della vita senza più scandalo che è l’oggi.”?

La poesia per la sua stessa natura filosofica può costituire un momento di contatto col subconscio personale e collettivo, può cogliere con un secondo sguardo dettagli minimi che fanno eco alla Storia e alle storie, dettagli che illuminano, nel senso proprio di rivelare, far vedere. Di uno sguardo più profondo, il mondo ne ha davvero bisogno.

 

Recentemente è uscito il suo primo romanzo La pigrizia del cuore (edizioni Spartaco, collana Dissensi, 2018). Com’è stato passare dal linguaggio poetico alla prosa?

È stato bello, stimolante, sono grata agli editori Tiziana e Ugo Di Monaco che mi hanno chiesto di scrivere un romanzo per la loro bellissima collana Dissensi. Ne sono stata onorata. E, non poteva essere altrimenti, nella mia prosa ho lasciato libertà alla mia scrittura lirica, specialmente nella parte del romanzo che racconta di Angelina…

 

Nel romanzo è l’incontro con un personaggio del passato l’evento cardine che sveglia il cuore della protagonista dalla “pigrizia”. Ripartire dal passato per ricostruirsi.

Il passato di una donna vissuta in Italia cento anni fa costituisce la cifra attraverso cui la protagonista contemporanea ai lettori – l’avvocato Stella Di Mare-  comprende l’origine delle sue proprie difficoltà e battaglie di sopravvivenza di donna in un mondo ancora fortemente inficiato da una visione machista e discriminatoria verso il genere femminile. Il passato e le sofferenze ancora tradotte nel presente delle donne, può insegnare a reagire, a vincere la rassegnazione, la pigrizia del cuore.

 

Il libro offre anche uno spaccato sul mondo della Giustizia italiana e sulle difficoltà che le donne devono affrontare quotidianamente.

Pratico il mondo della Giustizia da 23 anni, essendo organica nei ruoli amministrativi, come direttore, in Tribunali e Procure della Repubblica. Non condivido più niente del sistema Giustizia, non la codificazione e la legiferazione che l’ha generata, non quindi l’impianto processuale, meno che mai quello carcerario. É tutto sbagliato, applicato male anche il buono che ci sarebbe. Io credo nella civiltà dell’empatia, credo nella mediazione che facilita l’emersione dei motivi sottesi agli interessi. Sogno un Paese regolato da Diritto Penale Minimo, auspico la deflazione dei processi filtrati dalle procedure di mediazione e conciliazione e finalmente un sistema alternativo al carcere, che così com’è concepito oggi, inutile e deleterio, rappresenta l’eresia della riabilitazione morale e sociale che dovrebbe essere pertinenza essenziale della pena inflitta al reo.

 
 
 
 
*
Ho custodito il tuo cuore
sotto il palmo della mano.
E che il tuo sonno tranquillo
avvenisse a ridosso degli argini.
Nel letto scorrevo come un fiume
sempre e per sempre diversa.
 
 
 
 
*
Le calle bianche
sbocciate a mucchi selvatici
sull’argine del canale fascista
la bonifica nulla ha potuto contro di loro
 
e pure le nutrie, salve
prolificano e nuotano a frotte
col pelo lucido di pioggia primaverile
sulla superficie verde scuro del canale
 
Alcune anatre e altri uccelli palustri
ne seguono il corso in fila indiana
indifferenti a noi, alla storia.
 
 
 
 
*
Mette ordine la notte
la notte del nostro spavento
del sonno che non restituisce il bel sogno
 
La giovinezza così fraintesa
scambiata più volte e a lungo in per sempre
la smania che ora si volge a ritroso
a riafferrare, a dire aspetta, abbiamo capito, ora sì.
 
E ancora è nulla.
Ancora verrà la notte a mettere ordine.
Incasellare altre certezze al nostro dispetto.