POESIA A CONFRONTO – Strani amori
MARZIALE, BELLEZZA, RUFFILLI, MARI
Non abbiate timore: non è nostra intenzione spacciare testi di canzoni pop per poesia, né Laura Pausini si è decisa a rendere pubblici i suoi versi. Già abbiamo dato a sufficienza con Sandro Bondi, Flavia Vento, Eugenio Scalfari, Sandra Milo (e molti altri che potrei – o dovrei? – dimenticare).
Semplicemente, il tema di oggi è l’amore visto da un’angolazione non convenzionale: in modo ironico, parodico, sarcastico, a seconda dei casi.
Partiamo da un evergreen: Marziale. Nello splendido epigramma proposto, a essere deriso è un amante immotivatamente geloso: la moglie, poco avvenente, non è mai stata desiderata da alcuno; ciò nonostante Ceciliano decide di dotarla di una scorta che ne preservi l’onore, con un esito che è il suo perfetto capovolgimento: “ingens / turba fututorum”!
Nei versi di Bellezza è presente invece un tono più amaramente auto-sarcastico, malinconicamente tragico. Il riferimento è a un amore forse mercenario, con un ragazzo di strada (“tu non hai casa. Sei solo nel temporale”, “sonno mai dormito per te”), a meno di intendere il tutto simbolicamente; amore vissuto con un incontenibile desiderio (“primordiale ferocità”) che sa di schiantarsi con la realtà (“fino al castello delle tue ossa che un amante / inglese scrocchia” – così crudelmente espressivo), fatta di sordidi, squallidi dettagli (“usate / brande o mutande…”).
Squisitamente paradossale la poesia di Michele Mari, con un gioco di specchi fra i due amanti (“arguzia speculare”) tutta giocata sul linguaggio, su fuorvianti e ridicoli giochi di parole che dissimulano la realtà: “Ti cercherò sempre / sperando di non trovarti mai”, “Non ti cercherò mai / sperando sempre di trovarti”. È tutto il linguaggio stereotipato dell’amore a essere ridicolizzato con un gioco squisitamente barocco, per poi essere definitivamente svelato l’inganno con “un unico commento” spietatamente vero: “due imbecilli”.
Decisamente auto-ironico Paolo Ruffili nella sua poesia dai versi brevissimi, con giochi alterni di rime, che contribuiscono a dare quasi l’idea di una canzonetta d’opera al componimento; allo stile leggero si contrappone, sempre con levità, l’accusa di “passività” rivolta all’amata che chiama solo in caso di bisogno, con evidente dimostrazione di egoismo e opportunismo. Eppure questo stare sulla graticola è affare frequente in amore, in chi si scopre “Infelice / della (sua) felicità”.
Fabrizio Bregoli
MARCO VALERIO MARZIALE
(38 o 41-104 d.c.)
I, 73.
Nullus in urbe fuit tota qui tangere vellet
Uxorem gratis, Caeciliane, tuam,
dum licuit: sed nunc positis custodibus ingens
turba fututorum est: ingeniosus homo es.
I, 73.
Non c’era nessuno, in tutta la città, che volesse
toccare tua moglie gratis, Ceciliano,
quando si poteva: ma ora che l’hai messa sotto custodia
s’è fatta un’intera collezione di escort:
sei davvero un uomo ingegnoso!
(traduzione di Fabrizio Bregoli)
DARIO BELLEZZA
(Da Libro d’amore – Guanda, 1982)
Nella mia notte il pessimo tuo mattino
sul lastrico mentre io vado a dormire
e tu non hai casa. Sei solo nel temporale.
Sì, nel lastrico, i marciapiedi a camminare,
sonno mai dormito per te. Invano io
nel letto e le sudate coperte
e tu mendichi a me piangendo la tua giornata
per accontentare la mia primordiale ferocità.
Che ora costringo il mio cattivo giorno all’aria
fino al castello delle tue ossa che un amante
inglese scrocchia.
Non c’è lutto per te, letto, usate
brande o mutande…
MICHELE MARI
(Da Cento poesie d’amore a Lady Hawke – Einaudi, 2007)
Ti cercherò sempre
sperando di non trovarti mai
mi hai detto all’ultimo congedo
Non ti cercherò mai
sperando sempre di trovarti
ti ho risposto
Al momento l’arguzia speculare
fu sublime
ma ogni giorno che passa
si rinsalda in me
un unico commento
ed il commento dice
due imbecilli
PAOLO RUFFILLI
(Da Affari di cuore – Einaudi, 2011)
PASSIVITÀ
Mi chiami
quando hai voglia
per riempire il vuoto
di affetto e vanità.
Tanto lo sai
che sono pronto
a venirti incontro
perché per me
è importante
che ti ami io
e ti ringrazio comunque
per il modo
che hai di amarmi,
tu, in passività.
Prenditi pure
quello che ti pare:
certo che
lo puoi fare.
Ti vengo
tra le braccia
per trovarmi
e, guardandoti,
per guardarmi
in faccia
in tutta libertà
senza indulgenza, sì,
ma con pietà.
Infelice
della mia felicità.