Pillola di poesia di Silvia Bre

foto di Dino Ignani

 
 

Durante la quarantena siamo stati privati degli spazi pubblici e dei luoghi. Ma cos’è un luogo? Un luogo è una categoria all’interno della quale si sviluppano le relazioni e crescono fertili. Proprio quella fertilità credo sia mancata a tutti noi. La pandemia ci ha reso sterili e indeboliti. Ora come ora relazionarsi è ancora più complesso e difficile.

Nella fase due alcuni spazi sono stati aperti ma ci sono ancora confini invisibili che ci distanziano perché in noi c’è, consapevoli o meno che, una paura o la sua ombra. Le piazze vuote, le strade vuote parimenti, i parchi privi dell’elemento umano ci apparivano spettrali perché erano luoghi senza senso. Abbiamo dunque pensato che avessero bisogno di noi, della nostra cura e della nostra vita. Questa poesia di Silvia Bre ci offre l’occasione di fare alcune riflessioni. In primis sul silenzio che è occasione di contemplazione e primo passo per l’elaborazione di emozioni ancestrali che sono emerse e che ancora dilagano dei nostri paesaggi interiori e si proiettano in quelli esteriori.

Nell’atto del meditare, infatti, appare una visione che si fa sempre più nitida ai nostri occhi. Di fronte a questa visione, a volte anche dolorosa perché non tutte le emozioni sono fonte di gioia, abbiamo due scelte. Possiamo non dirci nulla e fare come se nulla fosse andando avanti con il rischio di inciampare o raccontarci e raccontare ciò che vediamo, comprese le voragini nel percorso o gli inevitabili e appuntiti massi. Si formano dunque nuove geografie. Solitamente siamo propensi a pensare che la geografia sia solo una disciplina che si studia a scuola ma esistono più geografie.

Penso a quella politica, a quella economica ma anche a quella emotiva e relazionale. Ecco una parte di noi sta prendendo le misure secondo quelle che sono le esigenze. E c’è anche chi creando immaginari, per vocazione, come fa il poeta o lo scrittore o finanche lo scienziato sempre per vocazione, pensa non solo per possibilità ma anche e soprattutto per probabilità perché sente il dovere di dire e avvertire gli altri durante il percorso comune della nostra esistenza.

Ilaria Grasso

 
 
 
 
Se il nostro luogo è dove
il silenzioso guardarsi delle cose
ha bisogno di noi
dire non è sapere, è l’altra via,
tutta fatale, d’essere.
Questa la geografia.
Si sta così nel mondo
pensosi avventurieri dell’umano,
si è la forma
che si forma ciecamente
nel suo dire di sé
per vocazione.
 
 
da La fine di quest’arte – Giulio Einaudi Editore