Friday Night in the Royal Station Hotel
Light spreads darkly downwards from the high
Clusters of lights over empty chairs
That face each other, coloured differently.
Through open doors, the dining-room declares
A larger loneliness of knives and glass
And silence laid like carpet. A porter reads
An unsold evening paper. Hours pass,
And all the salesmen have gone back to Leeds,
Leaving full ashtrays in the Conference Room.
In shoeless corridors, the lights burn. How
Isolated, like a fort, it is –
The headed paper, made for writing home
(If home existed) letters of exile: Now
Night comes on. Waves fold behind villages.
Venerdì notte al Royal Station Hotel
Cupa, la luce scende dagli alti
lampadari a grappolo sulle sedie vuote
che si fronteggiano l’un l’altra, diverse nel colore.
Attraverso le porte aperte, la sala da pranzo dichiara
una piú vasta solitudine di coltelli e cristalli
e silenzio dispiegato come un tappeto. Un portiere legge
un giornale della sera rimasto invenduto. Le ore passano.
I commessi viaggiatori hanno fatto tutti ritorno a Leeds,
lasciando nella Sala riunioni i portacenere colmi.
Nei corridoi deserti di scarpe le luci restano accese.
Si sta isolati, come in un forte, qui
la carta intestata, fatta per scrivere a casa
(ammesso che casa esista) lettere d’esilio:
Ora la notte avanza.
Le onde si accavallano alle spalle dei villaggi.
Traduzione a cura di Enrico Testa