Chi dice editori, dice anche autori. Gli uni non possono crescere senza gli altri.
Renato Serra
Taut Editori, neonata Casa Editrice milanese, ha origine da una visione chiara della qualità letteraria. Dietro al marchio, che rievoca uno degli architetti più visionari e meno conosciuti della storia, c’è un comitato scientifico internazionale composto da poeti, scrittori e filosofi, tra cui Carlo Sini e Jack Underwood, inglese del ‘86 pubblicato da Faber&Faber.
Taut Editori indaga le nuove voci inserendole in un contesto storicizzato: le uscite dei giovani autori saranno sempre affiancate da volumi di maestri contemporanei o del passato, per sostenere un’idea di letteratura come cammino collettivo. Con un preciso profilo internazionale e una cura grafica di alto livello. Parte con la poesia ma si occuperà anche di narrativa e saggistica.
Taut Editori mette al centro il lettore, e lo fa proponendo in presa diretta ciò che si sta scrivendo in Italia e all’estero. Una Casa Editrice, un cantiere letterario e un laboratorio online, «Doppia esposizione», che si occuperà di scannerizzare le uscite più interessanti e di proporre nuove voci e approfondimenti.
Il primo volume di Taut Editori è Planetaria – 27 poeti del mondo nati dopo il 1985 (antologia a cura di Massimo Dagnino e Alberto Pellegatta, pp. 228, euro 13)
Un’antologia di nuovi poeti, anche stranieri – proposti con l’immancabile testo a fronte – introdotti da una scheda bio-critica a cura di poeti già consolidati come David Keplinger, Jack Underwood e Erika Martinez. I giovani migliori del loro territorio, avvallati dai critici più importanti, per una selezione agguerrita attraverso i dipartimenti universitari e le redazioni più vivaci del mondo – le università di Goldsmith, Barcellona, Lisbona, Milano, Genova, le riviste Quimera, Poetry London ecc.
La cura del progetto grafico, studiato ad hoc, conclude la novità che questa antologia pretende avviare. Il volume non si limita a raggruppare una manciata di nomi ma si pone come proposito di offrire un taglio particolare rispetto alla situazione della poesia e al suo continuo e sotterraneo movimento.
Il campo di azione su cui operano questi giovani poeti è quello stilistico: conseguire una riconoscibilità lavorando alla struttura dei testi, evitando i modelli standard.
In queste pagine si passa dai malagueños Cristian Alcaraz e David Leo alla poetessa siciliana Dina Basso. All’ironia anfibia di Alessandro Biddau (1995) e Manuel Micaletto (1990) risponde quella scoperta e iperbolica di Augusto Ficele (1992). L’inglese Ella Frears riesce a neutralizzare la finta combinazione dei ruoli nelle dinamiche emotive. Si trovano autori che si sono affacciati recentemente per mezzo di convincenti opere prime, come l’umbro Simone Burratti e il fiorentino Lorenzo Cianchi. Presente un gruppo romano cui appartengono Gabriele Galloni e Antonio Merola, entrambi attivi nella prosa. Il volume spazia dal giovanissimo Mario Gennatiempo, che vive a Salerno ed è nato addirittura nel 2000, a Federica Gullotta di Faenza e Michele Lazazzera, nato a Matera ma cresciuto a Roma e ora architetto in Belgio. E non manca il russo Aleksandr Malinin che indaga l’inquietudine «ottusa» e meccanica del corpo dentro al sentimento. Unici milanesi sono Iacopo Pesenti (1990), pittore già noto agli addetti ai lavori, Gerardo Masuccio – nome tutt’altro che ignoto nell’editoria italiana, per la sua partecipazione alla resurrezione di un marchio storico come Bompiani –, l’outsider Riccardo Zippo e il celebre artista Diego Marcon, qui alla sua prima prova in versi. Tra le conferme degli anni ‘80 il bergamasco Luca Minola e il nocerese Francesco Maria Tipaldi. Il venezuelano Adalber Salas Hernández, newyorchese d’adozione, propone invece una personalissima forma di epica mentre, a chiudere la rassegna, sono la poetessa cambogiano-statunitense Monica Sok, «cresciuta tra i campi di granoturco e le carrozze amish di Lancaster, in Pennsylvania», il portoghese Tomás Sottomayor (1994), tradotto da Roberto Maggiani, e la poetessa asturiana Sara Torres. Anche il tema dello sradicamento è quindi presente: in Sok, diventa eco del paesaggio abbandonato dai genitori per fuggire ai khmer. Un trauma ereditario che altera la sua percezione del mondo.
I giovani poeti invitati sono: Cristian Alcaraz (Malaga, Spagna 1990); Dina Basso (Scordia Sicilia 1988); Alessandro Biddau (Genova 1995); Simone Burratti (Narni, Terni 1990); Riccardo Canaletti (Macerata 1998); Lorenzo Cianchi (Certaldo, Firenze 1985); Davide Cortese (Genova 1994); Augusto Ficele (Terlizzi, Bari 1992); Ella Frears (Truro, UK 1991); Gabriele Galloni (Roma 1995); Mario Gennatiempo (Cinquefrondi, Reggio Calabria 2001); Federica Gullotta (Faenza 1991); Michele Lazazzera (Pisticci, Matera 1995); David Leo (Malaga, Spagna 1988); Aleksandr Malinin (Joškar-Ola, Russia 1991); Diego Marcon (Busto Arsizio 1985); Gerardo Masuccio (Battipaglia, Salerno 1991); Antonio Merola (Roma 1994); Manuel Micaletto (Sanremo 1990); Luca Minola (Bergamo 1985); Iacopo Pesenti (Milano 1990); Adalber Salas Hernández (Caracas, Venezuela 1987); Monica Sok (Lancaster, Pennsylvania USA 1990); Tomás Sottomayor (Porto, Portogallo 1994); Sara Torres (Gijon, Spagna 1991); Francesco Maria Tipaldi (Nocera Inferiore 1986); Riccardo Zippo (Gagliano del Capo, Lecce 1992).
ALCUNI TESTI TRATTI DAL VOLUME
DAVIDE CORTESE (Genova 1994)
PTL
Il passaggio di temporali disegna topografie
muscolari vibrazioni
che non si fanno rinchiudere.
Dal sonno spezzato avanzo
la consegna distratto fra dorsi di colline
aggiro la pioggia.
In un bianco involontario
dolce sussulto il suo vestito
nasconde la cacciagione, guardarlo
concentrare su un tronco le mani…
IL VOLTO INDIGENO
E mi corico fiero di aver vissuto e dolorato in altri che in me.
Charles Baudelaire
Parlo ai vetri scuri, da periodi in affondo
assorbiti da tutta la pioggia,
taglia un innesco di colline.
Occhi indulgenti nella boscaglia
stretta alla pioggia un vociferare dalla riva preme,
cosa scende a bere la notte, poi
i tralicci a fare da totem
non immagini i tamburi bruciare dietro il folto.
Intanto il cuore latita,
come se non dovessi tornare a casa.
AUGUSTO FICELE (Terlizzi 1992)
N 1
Schiudere un uovo in padella
da soli, in casa, fissare per ore
le pareti della stanza, potrebbero essere
la seconda lezione per diventare un vero samurai.
Oggi è martedì: do il meglio di me quando mi tocca
portare giù al portone il sacco di plastica.
Agli algoritmi preferisco i treni fermi,
di colpo mi incanto sulla locandina sbiadita:
in discoteca per il tuo Venerdì Notte
Live music show by JERRY CALÀ
solo su prenotazione.
N 4
La banca mi segnala
che hanno rivelato attività
irregolari sul mio conto. Poco importa:
a me interessa pigiare
inutilmente il bottone dell’ascensore,
anche se occupato; ammirare le distrazioni
del conducente di un autobus.
Era chiaro che il volersi bene, quello spietato,
si posasse sui crocchè, sulle frittatine dorate.
Il cielo, in cui il vuoto si riempie con un aeroplano:
nonostante ciò, di fronte alle entrate, abbiamo sempre spinto
quando c’era scritto di tirare.
ELLA FREARS (UK 1991)
GLI HO CHIESTO DI CONTROLLARE IL TETTO, POI HO PORTATO VIA LA SCALA
Tutta notte ho goduto della bugia: un po’ indisposto, è su a letto ma manda cari saluti.
Sentivo la sua frustrazione sopra di me, attraverso il soffitto; la sentivo
così forte che era come se il mio petto fosse il tetto e lui era intrappolato
dentro di me. Come andremo avanti poi? Ho pensato, come la farò finita?
Non aveva chiesto aiuto. Magari aveva trovato un modo per scendere
ma ne dubitavo. La cena è stata meravigliosa.
Mentre gli ospiti se ne andavano ho guardato in su e mi sono resa conto che non c’era luna.
Brilla, tesoro. Ho sussurrato. E da dietro il comignolo è sorta la sua testina.
I ASKED HIM TO CHECK THE ROOF, THEN TOOK THE LADDER AWAY
All night I enjoyed the lie: not feeling well, upstairs in bed but sends his love.
I could feel his frustration above me, through the ceiling; could feel it
so strongly that it was as though my chest were the roof and he was trapped
inside me. How will we go on after? I thought, how will I end this?
He hadn’t called for help. Maybe he’d worked out a way down
but I didn’t think so. The dinner party was wonderful.
As the guests left I looked up and realised that there was no moon.
Shine, darling. I whispered. And from behind the chimney rose his little head.
ANTONIO MEROLA (Roma 1994)
allora ho acceso la luce: una donna
compare oltre le mura come una felicità
che non aveva gli occhi
verde speranza; sembra ubriaca e cade:
quante volte abbiamo creduto insieme alla vita
o l’irrompere dei mostri, la fuga oltre il rito
azzurro come la saliva di un sogno
a parteggiare la vertigine e dimenticare
la voce prima. Tutto rimostrava una giungla
o l’argilla… e nella caverna crollava ancora:
chiedeva una carità impossibile di vuoto.
Così avevamo intrapreso il viaggio senza conoscere
la fermezza dello sprofondo:
siamo entrati in una grotta privata del sorriso
come una galaverna a vegliare dalla frastagliatura
il pioppo bianco che ammutina tra i pianori
l’immobile: allora speravamo davvero nella calma
prima della buriana per fermare anche il mondo
come nella resistenza di una vecchia
che si affaccia alla finestra a vedere la strada
che muta: ci si aggrappa sempre a una radice
come a una brattea: la distesa sembra vasta per pochi.
MARIO GENNATIEMPO (Cinquefrondi, Reggio Calabria 2001)
Sono arrivato deserto
e me ne vado deserto.
Rigoglioso mi ospitò marzo
con ampi festoni di alloro.
L’amata stringeva fiori
la madre allattava il suolo
– ora, la terra è polvere
incastrata nel peso di ogni passo.
Ormai è colma di gelo, di buio insonne. L’aurora
divora qualche avanzo di muro, inghiotte
coppe intere di calce viva. A poco a poco
screpola i seni della sera incolta, brucia
sputa gusci di lumache secche, si consuma.
Nulla si affretta a restare nel ventre di primavere
morte – soltanto tarli, doglie, rimasugli
vuoti appiccicati alla pelle.
SIMONE BURRATTI (Narni, Terni 1990)
QUARTI DELLA NOTTE/2
In camera, sulla scrivania, il cervello si espande. Sotto la lampada si esibiscono le mani bianche. I polpastrelli provano il vetro del bicchiere, punto di ancoraggio di tutto il corpo; gli occhi si stringono con una sofferenza.
Ogni qualche minuto lo si porta alle labbra con la giusta, calibrata trascuratezza. Il liquido scivola lungo il sangue, fa rovesciare la testa all’indietro: in questo modo è possibile stiracchiare il collo e, nello stesso tempo, interrogare il soffitto.
QUARTI DELLA NOTTE/3
Voglia di uscire a cercare la notte. L’inquadratura si allontana, rivelando una spalla contro la colonna, mentre si resta attoniti col naso all’insù: il cielo si è liberato.
L’odore degli alberi, le stelle fisse: tutto torna a significare qualcosa. Ci si sente di nuovo bambini e si immaginano cose.
ALEKSANDR MALININ (Joškar-Ola, Russia 1991)
Поднимается тревога, тупая стрела
пронизывает оба яблока,
первая передаётся через семя,
вторая летит прямо в сердце.
Si leva l’angoscia, una freccia ottusa
trafigge entrambe le mele,
la prima si trasmette attraverso il seme,
la seconda vola proprio sul cuore.
Сердце оттает,
сердце, оно как снег,
в огне не горит,
в воде не тонет,
подаётся холодным,
ничего не таит.
Il cuore si sgelerà,
il cuore è come la neve,
nel fuoco non brucia,
nell’acqua non affonda,
pare freddo,
non scioglie nulla.
FRANCESCO MARIA TIPALDI (Nocera Inferiore, Salerno 1986)
NOVELLA TERZA
L’uva fragola sarebbe stata causa di enormi
terribili diarree
Lo sapevano Nahum e i profeti tutti.
Le feci divennero molli
I ragazzi provarono il sentimento dei vitelli.
VARIAZIONI SUL VIAGGIO DEI MAGI DI T.S. ELIOT
fummo molto insultati nel cammino
e nel deserto ci tiravano le ossa dei cammelli
e la stella cambiava direzione come un pesce
nello stagno, ma chi cerca per noia
non perde coraggio e noi continuammo
e le notti erano umide di pioggia e ci venivano i malanni
bevemmo vino fino a perdere la strada
fino a trovare la cometa nelle pozze
fummo carnali e fummo in vita
(Dio)
un giorno, il giorno meno bello trovammo
il bambino putrefatto
il bambino che salvava nato morto
e scese tanta candida neve, facemmo ritorno
e il dono fu lo spreco e lo spreco fu il dono.
MONICA SOK (USA 1990)
CAMBOGIA
In questi campi, niente parla. Niente. Niente.
Niente ride.
Le zanzare vivono a lungo, tanto quanto gli alberi. Le mandibole
delle zanzare pungeranno i bambini che appartengono ai propri genitori, e la ragazza
che corre verso la capanna dove mangia la sua famiglia
sarà accolta dagli avvoltoi,
adorati nei templi
dove non dormono i bambini.
Niente mangia in questi campi. Niente. Niente.
Niente beve.
Nel lontano Tonle Sap: un viso rigonfio dentro
un sacco di plastica blu che vorrebbe vedere il cielo,
e così, apre gli occhi, e quel vecchio
che frustano tutta notte
non riesce a alzarsi; per questo
gli legano le mani a un albero di krasang.
Questa vita vera è una storia!
La vita! La vita! Dormiamo
a letto la sera
ma non storiamo una storia perché la vita!
CAMBODIA
In these fields, nothing talks. Nothing. Nothing.
Nothing laughs.
Mosquitoes live longer, as long as trees. The jaws
of mosquitoes will sting children who belong to their parents, and the girl
who runs to the hut where her family eats
will be greeted by vultures,
worshipped in the temple
where children don’t sleep.
Nothing eats in these fields. Nothing. Nothing.
Nothing drinks.
In Tonle Sap far off: a bloated face inside
a blue plastic bag which wishes to see the sky,
and so, opens its eyes, and that old man
they whip all night
can’t get up; this is why
they tie his hands to a krasang tree.
This real life is a story!
Life! Life! We sleep
in bed at night
but do not story a story because life!
La presentazione si terrà sabato il 15 febbraio alle ore 17
Studio d’Arte del Lauro – Via Mosè Bianchi 60 Milano (MM Amendola + MM Lotto)
Prossimamente anche a Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bookcity ecc.