John Donne

John Donne

 
 

È un gioiello, questo Einaudi del ’71, che ho tra le mani, con introduzione e traduzione della grande e finissima Cristina Campo. Né gli immortali versi d’amore per la sposa di John Donne sono da meno. Di Poesie amorose. Poesie teologiche interessano qui le prime. John Donne (1572-1631) fu tormentato tutta la vita da un’inquieta religiosità, appresa in famiglia, un apostata e ministro del culto anglicano. I suoi sermoni erano molto seguiti. L’ultimo, Il duello della morte precedette d’un soffio la scomparsa. Le poesie amorose, con il trasporto del sentimento per la moglie Anne, è quanto di meglio ci ha lasciato. Per chi volesse approfondire c’è un’edizione Bur delle Poesie. Discendente di Tommaso Moro, ebbe una parentesi relativamente serena con la moglie e dodici figli, non tutti sopravvissuti. L’imago mundi si restringe finalmente alle dimensioni di una stanza, un volto, una pupilla in cui, come nei rotondi specchi concavi di van Eyck e di Velasquez, ogni cosa si raccolga senza ferire. E comunque le poesie amorose sono il prodromo di quelle teologiche, che le presuppongono.

 

Pierangela Rossi

 
 
 
 
Il sogno
 
Per nessun altro, amore, avrei spezzato
questo beato sogno.
Buon tema alla ragione,
troppo forte per la fantasia.
Fosti saggia a destarmi. E tuttavia
Tu non spezzi il mio sogno, lo prolunghi.
Tu così vera che pensarti basta
per fare veri i sogni e le favole storia.
Entra tra queste braccia. Se ti parve
meglio per me non sognar tutto il sogno,
ora viviamo il resto.
 
Come il lampo o un bagliore di candela
I tuoi occhi, non già il rumore, mi destarono.
Pure (giacché ami il vero)
Io ti credetti sulle prime un angelo.
Ma quando vidi che mi vedevi in cuore,
sapevi i miei pensieri oltre l’arte di un angelo,
quando sapesti il sogno, quando sapesti quando
la troppa gioia mi avrebbe destato
e venisti, confesso che profano
sarebbe stato crederti qualcos’altro da te.
 
Il venire, il restare ti rivelò: tu sola,
ma ora il levarti mi fa dubitare
che non sia più tu.
Debole quell’amore di cui è più forte la paura,
e non è tutto spirito limpido e valoroso
se è misto di timore, di pudore, di onore.
Forse, come le torce che debbono esser pronte
sono accese e rispente, così tu tratti me.
Venisti per accendermi, vai per venire. Ed io
sognerò nuovamente
quella speranza, per non morire.
 
 
 
 
 
 
Da Aria e angeli
 
Due o tre volte ti amai senza conoscere
il tuo volto o il tuo nome.
In una voce, in una fiamma informe
Così talora ci percuote un angelo
per essere adorato.
Persino quando giunsi dov’eri, uno splendente
amabile nulla io vidi.
Ma poiché la mia anima, che ha per figlio l’amore,
prende membra di carne o non può nulla,
l’amore non dev’esser più sottile
della madre, ma anch’egli prender corpo:
e allora quel che eri e chi eri io chiedo
all’amore di chiedere; ed ora gli consento
di assumere il tuo corpo e far dimora
nel tuo labbro, nell’occhio e nella fronte…