Il giuramento sulla città – Fabio Barone


Il giuramento sulla città di Fabio Barone (Capire Edizioni, 2021). 

Pare che ormai si possa parlare di un dato assiomatico quando si è alle prese con un buon libro di poesia contemporanea, poiché se ne scrive volentieri e si torna a leggerlo altrettanto volentieri anche quando dietro quelle pagine si nasconde un autore giovane. E, per chi scrive, costituisce un esempio in suddetto senso Il giuramento sulla città. Insignito del Premio Camaiore “Proposte” 2022, il libro in questione è l’opera prima del giornalista Fabio Barone (Chieti, 1993). Edita da Capire Edizioni di Forlì nella primavera del 2021, l’opera del giovane poeta abruzzese è stata accolta nella sezione CartaCanta collana I passatori < Contrabbando di poesia.

I testi de Il giuramento sulla città sono quadripartiti nelle sezioni Impressioni dalle città, Allegorie del silenzio, L’angelo e La prima vertigine; sezioni tutte orientate sì alla riscoperta del paesaggio, ma prima di tutto volte a sondare l’anima di quei luoghi che, per rilkiana estensione, si sovrappongono a quelli dell’interiorità. Sovente, all’impianto lirico del libro di Fabio Barone si avvitano riflessioni sulla condizione ultima dell’esistere, nonché sul principio della vita. Si passa così dal discettare la notizia di un’Overdose (p. 11) all’osservare Una morte in ambulanza (p. 13), finanche a soffermarsi sull’Evidenza di una prostituta (p. 18). La paninoteca, un agricoltore canuto, un mendicante, delle persone sorde, il calciatore argentino del Paris Saint-Germain o un gruppo di ragazze che, nel bel mezzo della città, continuano a fissare i loro smartphone anziché ciò che le circonda; e ancora: un ubriaco e una vecchia in gelateria. Questi, e molti altri, i personaggi – o, meglio, le anime – che abitano le pagine de Il giuramento sulla città.

Nei testi di Barone i luoghi non si ritagliano uno spazio come sfondo, bensì costituiscono essi stessi l’epicentro delle scosse-pensanti che il poeta emana. Luoghi come Francavilla al Mare, il Corso Manthoné di Pescara e l’Abbazia di San Clemente a Casauria si stagliano, forti e gentili, in un alternarsi di rimandi colti; si pensi alla visione de Il cielo sopra Berlino o, in alternativa, a figure di spicco della poesia italiana nostrana (come il lancianese Giuseppe Rosato), oppure alle opere di artisti quali Ettore Spalletti, un eccelso scultore delle tonalità, noto per le sue declinazioni dell’azzurro.

L’influsso di Spalletti sul poeta emerge soffusamente, a partire dalla cromia prediletta dall’artista, come in questa poesia di pagina 51, dove i versi sono ripartiti in un paio di blocchi tesi a bilanciare graficamente il bianco della pagina; due strofe pentastiche in cui, man mano che si procede con la lettura, si coglie l’impressione d’immergersi in un’èkphrasis cinetica:

Com’eri azzurra, custode, adesso
che bianca sei pensiero cerca il giardino
fra le mura della tua città, cogline il fiore
sotto l’arco diroccato della notte,
chiamalo col nome più oscuro di sempre.
 
Ebbene amico, tu sai che il mio viaggio
è iniziato, la bracciata dei remi nel mare
non demorde, è come la doppia circonferenza
del canto che apre l’uomo vitruviano alla
geometria del cielo e della terra1.

L’incontro che lega Barone a Spalletti è la visione di un documentario sull’artista di Cappelle sul Tavo, probabilmente confluita nell’esperienza visiva di alcune sue opere, e una fede indiscussa, da entrambi nutrita nei confronti delle rispettive arti; perché, al di là della potenza emozionale ed espressiva delle località abruzzesi, sono stati il contrappunto cromatico o il lavorio sul dosaggio tra oscurità e luminosità a bilanciare le composizioni di Barone così come la ricerca di Spalletti. La spiritualità degli spazi, in Spalletti, e le epifanie di questo giovane poeta che presta giuramento alla sua città – lo ricordiamo, giurare deriva etimologicamente dal latino iūrare e vuol dire «pronunciare la formula rituale» –, si richiamano molto diffusamente seppure velatamente, ma quasi inconsciamente. La ritualità della scrittura e degli incontri permette a Barone di sposare anche un ritmo maturo, come dimostra una serie di quartine di ascendenza luziano-erbiana.

Per Barone, dunque, la poesia è tutt’altro che un imprevisto, è riflessione mediata dal confronto con l’umanità. Poetare è la dimostrazione che l’incontro con l’alterità conserva qualcosa di alto a cui prestare giuramento. La poesia è una fiaccola con cui illuminare le strade delle città marittime, quando cala la notte e i lampioni tentano di rischiarare la quotidianità e la Malinconia (p. 17) di questo giovane poeta urbano, il cui «volto si serra a seguire l’appennino / dei piedi» (p. 17), «mentre Francavilla prende ad alzarsi» (Viali, p. 19). Perché è dall’epifania del dialogo con i numerosi personaggi del suo libro che la poesia di Fabio Barone raggiunge la sua acme febbricitante e indaga il «senso del destino»2.

Vernalda Di Tanna

 
 
 
 
Senti come al pontile di Francavilla
prima del tramonto si sporgono
quelli a ridosso del mare, chi corre
e un attimo si arresta ad ammirare il lilla
sul corpo elettrico dell’orizzonte dietro
la petroliera, così io, come una bandiera
sul molo del porto perso difronte
a quel prepotente annuncio.
 
 
 
 
 
 
Abbazia di San Clemente a Casauria
 
Le porte a quadrati spessi dell’Abbazia,
il duro legno ingiallito che respira
del tempo degli uomini. E sulla pietra
il passaggio, l’edera nei cunicoli
diroccati di luglio. Le foglie a mucchio
sulla soglia del portone aspettano,
e io con loro caduto come un frutto.
 
 
 
 
 
 
E così terra, eccomi. Come uno stelo
mi porgo al mattino con petali di fuoco
 
la notte è una dimora, l’invisibile filo
a forma di costellazione dove per poco
 
io riposo per ferire il giorno. Straniera,
non sono che un’ombra, la mia fede
 
nel bene è un’impronta sulla schiena,
ne porto il simbolo come chi cede
 
alla volontà del salice, il cui inno
piegato dal vento intreccia la luce
 
sul sentiero di un giardino.
 
 
 
 
 
 
Ettore Spalletti

Visto in un documentario

Dare frutti, tu lo sapevi bene:
pazientando nel bianco di ogni giorno
curavi i germi della tua stagione
come il custode a un giardino mai incolto.
 
Capace di levarsi al primo accenno
come un fenicottero dentro l’acqua,
schivo, nobile, timido e leggero,
nel passo fiero che si forma e muta,
 
entro pochi chilometri da casa
hai fatto cerchio di ogni tua ricerca,
perché sgorgò continua e senza fretta
l’opera, il getto della tua fontana.
 
 
 
 

1 Il grassetto è mio, utile a evidenziare le parole sulle quali soffermarsi.

2 Davide Rondoni, Quarta di copertina, in Fabio Barone, Il giuramento sulla città, Forlì, CAPIRE Edizioni, collana CartaCanta, 2021.