Gli alberi, per esempio – Costantino Belmonte


Gli alberi, per esempio, Costantino Belmonte (Edizioni La Gru, 2018)

Nella poesia-prosa di Costantino Belmonte ciò che appare a prima vista è una presenza costante di interrogativi, di sospensioni, di paragoni e accostamenti tanto sull’ambiente in cui siamo calati quanto sulla persona che egli si trova di trova (la Elle della seconda sezione della silloge). Già dal titolo concepiamo come la natura appaia in una posizione dominante, partecipe dello sguardo del poeta il quale non fa mistero di virare verso una sconvolgente verità laddove, di fronte a una domanda, si trova a ricevere “umilianti e giudicanti silenzi”. La parola che l’uomo è abituato ad usare, spesso impropriamente, trova per contro un nulla di fatto in questa ricerca di dialogo. Ciò non toglie che si possa raggiungere una sorta di coincidenza, di compenetrazione tra l’una e l’altro come leggiamo in “Seconda relazione bimestrale” dove la ferita subìta da un abete è vissuta come un’evirazione da parte dello scrivente.

La natura non mente, e reagisce con purissimo candore al trascolorare del giorno (Così il pino/si firma io sono e verga autografi/ verdissimi/ contro il morire / che gli rivolge – digradando – il giorno), è genuina, stupefacente nella sua maestosità (l’orizzonte quasi ci sconfina), preda diuturna del ricordo (fronde di testimoni, gli alberi). Si prendano inoltre i versi d’apertura in “Slavina” ove “tutto è ordine e bellezza” per riprendere Baudelaire: è un incanto tale per cui, pur di fronte a un sommovimento, a uno sconvolgimento come quello che ciò comporta, “il luogo è immerso nella natura e noi da lei”.

Come un solerte controllore/osservatore Belmonte ha connaturato in sé un’atavica, ancestrale tensione verso l’elemento naturale/vegetale che prorompe in molte delle riflessioni in versi a cui egli ci conduce. Come Vassalli anche lui concepisce la poesia quale vita rimasta impigliata in una trama di parole, ma con un minore afflato positivo poiché non tutto “viene recapitato”. Ed è probabilmente “l’amore per i figli”, leggiamo ancora in una caustica, corrosiva poesia in chiusura della prima parte, il segno di una civiltà che si trascina verso uno sviluppo sociale esiziale. Per il poeta romano l’arguire non è mai disgiunto da un’immersione nella realtà, anche quotidiana, poiché tutto si tiene, come in una catena composta da molteplici anelli. Di più: il poeta (cartina tornasole, anzi, cartina volgisole) è un giudice severo di un’umanità alla deriva, figlia di un consumismo sfrenato che crea innumerevoli danni alla natura e a sé stessa. Così il “diradarsi di vite comporta l’infittirsi di vita, dilagante gloria negli spazi liberi” e c’è la possibilità, nella piazza rimasta sgombra d’esseri umani, di “popolarla” di presenze altre.

Si penetra invece in un profondo contenuto filosofico-esistenziale nella seconda sezione dove Elle è protagonista precipua: è a lei che Belmonte si rivolge, in un continuo gioco dialettico tra l’Io e l’alterità dove in fin dei conti “trasalire è trascendere”. Osserviamo anche l’utilizzo di verbi coniati dallo stesso autore (è il caso di ‘imbluire’) mentre la pagina si popola di azioni e contrapposizioni nella consapevolezza che “l’accorgersi di vita dà il morire” ed è pertanto da preferire distogliere lo sguardo “dal brulichìo degli argomenti”. Il sentimento porta a uno stravolgimento della logica: “Tu manchi accanto, vicinissima, dentro – perché io so prevedere troppo”, leggiamo in “Le stazioni” (le tredici ‘incrociate’ nel testo). Si arriva, nel caso di Belmonte, a raggiungere un risultato pregevole quale quello di guardare e guardarsi da fuori, oltre sé, mentre si cerca un luogo-non luogo che permetta di rimanere “stretti così inermi soli disperatamente buoni e poco visti ed ascoltati da nessuno e niente”.

E se un insegnamento o una lezione è recuperabile dal tempo che ci è dato di vivere questo sta, riteniamo, nel recuperare quel genuino ardore del passato di gioventù: “Il bacio tra adulti è insensato se non contiene qualcosa del baciarsi degli adolescenti” (con un richiamo al sereniano “l’amore è nulla senza la gioventù”). “Prendere una massa informe di parole e suoni e con il cesello scolpire un’immagine che resti”: così in un’intervista di qualche anno fa Belmonte confessava il suo muoversi nel genere dei versi enucleando l’origine di una costante visione alla realtà come è bene evidente in questa silloge dove troviamo, alfine, anche la pungente, caratteristica forma mentis del suo autore.

Federico Migliorati

 
 
 
 
Gli alberi per esempio
osservazione in Febbraio, il 22
 
Fronde di testimoni, ecco, per esempio
gli alberi.
Su quali
fondali
devastati stanno imperturbabili. Assediati
da quante vite
brute si schiomano. E non
se ne vanno. In autunno,
per stanchezza,
sfogliano.
Agli
alberi, seriamente, non importa.
 
 
 
 
 
 
Le stazioni
 
Mancarsi, accade. In proporzione diretta alla distanza.
Tu non procedi così.
Tu manchi accanto, vicinissima, dentro – perché io so prevedere troppo.
So che il destino per nessuna distanza è comunque mancarsi.
Ma vale a sospenderci il fiato la prossima sequenza di tre verbi:
vederti guardarmi partire.
 
 
 
 
 
 
Il disco di buio
 

Il bacio tra adulti è insensato se non contiene qualcosa del baciarsi degli adolescenti. Quelle astruse operazioni compiute spesso al buio, le prime volte, incuranti del freddo, defilati dagli sguardi, in posizioni scomode, contro ringhiere, sul bordo dei muri, nel cono d’ombra di un lampione, in attitudine di prede e non padroni del gesto – ecco, mi dico da adulto, un rituale senza storia se osservato da fuori e la sola storia che fluisca, se vissuta. Non è il bacio tra adulti, comodo, levigato dalla vita, quasi una venatura di desiderio che si perde fra i problemi di un giorno. È il bacio che ignora i suoi protagonisti, è un grumo di universo di nonsenso che sceglie a sorte due volti divisi, sconosciuti e umani, perché diventi il tentativo che è, ripetendosi in prove sempre più precise in cui le bocche si dispongono a risolvere la quadratura di due cerchi.
E con il rischio, da adolescenti, di accorgersi dell’adulto che passa loro accanto e li sbircia con imbarazzo. E così fanno propria la sensazione di assistere al gesto più insensato che esista; e allora e solo per questo l’adolescenza si compie ed è finita.