Edward Estlin Cummings (1894-1962) è stato romanziere, pittore, drammaturgo e soprattutto poeta. Era un poeta vero, aldilà delle sperimentazioni sulla punteggiatura e smembrando versi e parole. Qui vi offriamo le più amorose invece che sperimentali. Per lui una parentesi era un gioco da giocare anche nelle poesie più composte. Un altro tratto dell’imagista era la penuria scelta di punteggiatura. Quello che vi offriamo viene da un libro Einaudi con la traduzione di Mary de Rachelwiltz, con la dotta introduzione di Franco Buffoni: anarchico individualista, Cummings è convinto “della necessità che l’arte nuova debba essere dinamica – dice Buffoni. Influenzato dai dettami imagisti, cerca costantemente di realizzare una sempre maggiore densità semantica tramite il prosciugamento programmatico della parola scritta, costringendo così le proprie poesie a entrare in alcuni segni essenziali: in poche parole o parti di parole. Sottendendo ad esse quanti più possibili giochi linguistici e incroci di senso”. Una parentesi nelle sue mani diventa un oggetto contundente.
Pierangela Rossi
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ti amo tanto (mio bel tesoro)
più di chiunque sulla terra e
mi piaci più d’una cosa nel cielo
-sole e canti ti fanno festa se vieni
anche se l’inverno è ovunque
con tanto silenzio e tanto buio
niuno riesce a indovinare
(solo la mia vita)la vera stagione-
e se ciò che si chiama mondo avesse
la fortuna di udire quei canti (o di scorgere
quel sole che s’alza altissimo nel cuore
di qualcuno più che lieto ogni volta
che sei più vicino) tutti certo crederebbero
(tesoro mio bello) soltanto nell’amore
*
al tempo d’asfodeli (che sanno
la meta del vivere è crescere)