Cesare Pavese

Cesare Pavese

 
 

Cesare Pavese non fu solo uno scrittore. C’è un mannello di poesie che nell’insieme per qualità di dettato potrebbe benissimo essere l’opera unica di uno scrittore. Pavese invece alla durata regge bene anche come poeta. Sono composizioni narrative,e non poteva essere altrimenti.

Leggendario, poi, il primo verso di “Verrà la notte e avrà i tuoi occhi“. Scrive Massimo Mila: “Le poesie di “Verrà la morte” non attingono alla vena epica di “Lavorare stanca“. Dall’oggettivazione narrativa fanno ritorno al soggettivismo lirico, ma trascendono l’antico limite della confessione e dello sfogo nella sottile sapienza d’un linguaggio poetico che si fa numero, immagine, valore musicale.

Per quanto mi riguarda, quando ho attraversato le sue colline, ho sentito fortemente il paesaggio di Pavese, non solo: sembrano essere state battezzate ormai come cosa sua.

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi” è invece il paesaggio umano di Pavese. Pavese è continuamente ristampato. Ho tra gli occhi il mannello di sue poesie intitolato “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi“. E tra le mani l’edizione einaudiana del libro.

Pierangela Rossi

 
 
 
 
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi-
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.
 
Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.
 
1950
 
 
 
 
 
 
Tu sei come una terra
che nessuno ha mai detto.
Tu non attendi nulla
se non la parola
che sgorgherà
dal fondo
come un frutto tra i rami.
C’è un vento che ti giunge.
Cose secche e rimorte
t’ingombrano e vanno nel vento.
Membra e parole antiche.
Tu tremi nel’estate.
 
Tu non sai le colline
dove si è sparso il sangue.
Tutti quanti gettammo
l’arma e il nome. Una donna
ci guardava fuggire.
Uno solo di noi
Si fermò a pugno chiuso,
vide il cielo vuoto,
chinò il capo e morì
sotto il muro, tacendo.
Ora è un cencio di sangue
e il suo nome. Una donna
ci aspetta alle colline.
 
1945
 
 
 
 
 
 
Sei la terra e la morte.
La tua stagione è il buio
e il silenzio. Non vive
cosa che più di te
sia remota all’alba.
 
Quando sembri destarti
sei soltanto dolore,
l’hai negli occhi e nel sangue
ma tu non senti. Vivi
come una pietra,
come la terra dura.
E ti vestono sogni
movimenti singulti
che tu ignori. Il dolore
come l’acqua di un lago
trepida e ti circonda.
Sono cerchi sull’acqua.
Tu li lasci svanire.
Sei la terra e la morte.
 
1945