Artigianato sentimentale – Gabriele Borgna


Artigianato sentimentale - Gabriele Borgna

Artigianato sentimentale, Gabriele Borgna (puntoacapo 2017, prefazione di Giuseppe Conte).

 

Le poesie che compongono Artigianato Sentimentale (puntoacapo 2017), ultima raccolta di Gabriele Borgna, sono ognuna un pezzo unico, frutti di un sapiente lavoro di intaglio e cesello sulla parola. Come afferma Giuseppe Conte nella prefazione: “sono i suoi versi, sorprendenti per energia, invenzione, passione – qualità molto rare oggi – ad avermi detto abbastanza di lui. È uno che sa cosa è la poesia, uno che la vive, uno che sa esprimere al meglio il suo mondo interiore in connessione con il tempo, e con il cosmo”.

Il libro, suddiviso in due sezioni (Amori in rilievo e Solitudini di piombo) è ben rappresentato dalla lirica La vita è un giorno, in cui cinque scansioni temporali (Alba, Mattino, Mezzogiorno, Pomeriggio e Tramonto) diventano metafora dello scorrere del tempo attraverso emozioni e consapevolezze proprie di ogni essere umano.

La poesia di apertura A ca’ de Jose ci conduce nell’abbraccio di Porto Maurizio (au Portu), cesta/d’aspra terra, dove i nostri amori/in bianco e nero dormono ancora/senza respiro: il silenzio ascolta accovacciato un sentimento che inizia a germogliare e si propaga nella natura intorno. In questa prima sezione l’autore indaga maggiormente l’amore in tutte le sue sfumature ed evoluzioni: il travolgente flusso senza fine (Onda lunga), la quotidiana meraviglia che scopriamo nell’altro (Il dono) ma anche la stanchezza della quotidianità e le ferite che spesso ci infliggiamo a vicenda. Questo primo percorso si chiude nuovamente tra le nette geometrie di au Portu (Piazza Chiesa Vecchia) con uno sguardo nuovo/in questi occhi stanchi mentre una vecchia Madonna/osserva il futuro aggrapparsi/stretto alle mie dita, futuro che già avevamo scorto nella lirica precedente, dedicata ad un figlio che verrà.

 
Per me resterai ciò che sei,
vale a dire il rovescio del nulla,
il volto di un bene intraducibile
che tiene tutto in sé e
tutto, tutto ricapitola.

 
(da Al figlio che verrà, pg. 25)
 

Nella seconda parte del libro i toni si fanno più cupi e lo sguardo diviene più febbrile, indugiando tra i rimpianti del passato e l’atroce solitudine del presente, consapevole di una quinta stagione che incombe (Foglie).

 
Lo sguardo fugge a valle
a una terra incrostata di vuoti sovrapposti
dove soffia il vento del ricordo,
e contorce ogni cosa e la spinge
nel baratro vertiginoso
del rimorso.

 
(da Tetragonia, pg. 41)
 

Il vuoto avanza e si fa spazio, cresce e si distende come un deserto (metafora che ritornerà nei testi Non ci indurre e Safari), un campo di croci si staglia contro l’orizzonte mentre al posto della dalia minerale di au Portu è fiorito un luogo ignoto/dove il giorno non conosce sera. Nessuna traccia della tenerezza del tenerci il viso tra le mani, nessun approdo dove ritornare, nessuna certezza eccetto quella di esistere.

 

Michele Paoletti

 
 
 
 
A ca’ de Jose
(au Portu)

 
Sdraiamoci nel ventre di questa cesta
d’aspra terra, dove i nostri amori
in bianco e nero dormono ancora
senza respiro, senza passare.
Lo senti l’odore del silenzio?
Esso ti ascolta. E tutto di te
scopre ed impara accovacciato,
baro nascosto
tra l’agave e il rosmarino.
Attraverso nuvole
cariche d’incognite la natura ci parla
dentro agli occhi, scrivendo il cielo
con rondini e ideogrammi.
Aiutami a impiccare ogni
singola afflizione ai fili
delle stese, educate all’inchino
duro dalla tramontana.
Riportami per mano
agli albori dei sogni di sabbia
quando respirando con lentezza il mare
ci promettemmo salsedine a vita…
 
 
 
 
 
 
Binario morto
 
Pensiline svuotate lungo
binari spogliati di ogni numero.
Il palloncino turchese disperso
ha rinunciato all’algica ricerca di piccole
mani a cui legarsi per la vita.
Guardandolo annegare sulla massicciata
fra i cadaveri delle sigarette
m’immagino di fumare tutte
le cronache di cenere consumate
tra ricongiungimenti e distacchi.
Nel fischio della locomotiva
ciò che resta è l’inganno in balìa
della banchina e una domanda in valigia…
 
– Dopo la stazione, cosa? –
 
 
 
 
 
 
La pazienza di Pietro
 
Nel sangue porto
le interminabili attese
di una genia di pescatori.
Aspettare immobile,
rattoppando reti d’idee
per te, è una festa.
 
 
 
 
 
 
Safari
 
Vieni se vuoi l’avventura
tra distese di sabbia e venti di rabbia.
Vieni ma portati l’acqua
perché io, io sono la sete.
Sappi che qui tutto si fascia
nell’omertà del ragno che fila
l’ignobile memoria per il sordo
serpente che avvelena la mente.
E non provare ad incantarmi
con parole di metallo;
io ho tesori immensi nelle tombe
e alla cintura porto clave, pugnali
e bombe di ogni guerra…
Vieni, se vuoi il tuo safari.
Potrai guardare i cacciatori
distesi tra le dune
stringere al petto le loro armi.
Ma non aspettarti gli spari,
non ce ne saranno,
non trofei, nessuna pelle.
Non si impagliano le stelle.