Qualche appunto imperfetto sulla Poesia di Arnold de Vos


Qualche appunto imperfetto sulla Poesia di Arnold de Vos

Ci sono autori con i quali entri in contatto quasi per caso: capita di leggere qualche loro poesia in rete e nasce la curiosità di confrontarsi con loro, acquistare un loro libro, approfondirne la conoscenza. Molte volte si tratta della necessità di attribuirsi “una scoperta” – frugando soprattutto fra quei nomi che, pur essendo noti, non hanno tuttavia l’ampia visibilità dei pochi – quando poi ne emerga la oggettiva qualità e grandezza. Così è successo con Arnold de Vos, di cui lessi con piacere qualche anno fa il libro L’obliquo (Samuele Editore, 2011), libro che proprio oggi riprendo tra le mani con intatta sorpresa, un libro capace, se possibile, di rafforzare quella istintiva empatia che fu in grado di far scaturire in me alla sua prima lettura. Cosa significasse la poesia per Arnold de Vos è molto chiaro proprio in un testo qui incluso:

 

La scrittura è ripiego: un piego
di carne, e diniego.

 
 

Scrittura come necessità, pulsione irrinunciabile, ma senza alcun ruolo profetico o missione prescritta, piuttosto come “ripiego”, unica alternativa consentita a chi vuole davvero conoscere la vita e quindi, molto concretamente, “piego / di carne”, immersione consapevole in questa vita, senza avere timore di sporcarsi le mani, toccare il fondo, raggiungere quel punto di non ritorno che trasforma il “ripiego” in “diniego”, perché scrivere la vita è sempre un negarla, fossilizzarla sulla pagina, volerne lasciare una traccia che tende a dissolversi appena la si è scritta.

Pochi autori come Arnold de Vos hanno saputo, fra i contemporanei, scrivere una poesia erotica davvero autentica, trasposizione di una vita percorsa e attraversata fino al suo limite ultimo, senza sciocche reticenze, ma nemmeno con superflue ostentazioni: la scelta della letteratura come coerenza, come scrittura che non ha bisogno di diaframma o di accomodamenti. Fin dalla prima lettura è stato questo il forte messaggio che mi ha trasmesso la poesia di de Vos: immediatezza espressiva, icasticità, innocente scabrosità, perché de Vos è uno dei rari autori a cui si può davvero applicare il verso di Saba e parlare di lui come di un poeta che sa essere veramente “più puro dove più turpe è la via”. Ce lo dice espressamente anche in questi versi

 

Il lessico se non è fesso, è sesso
pungente e a tu per tu.

 
 
Qualche appunto imperfetto sulla Poesia di Arnold de Vos 2

La sua è quindi la scelta di un linguaggio (lui parla di “lessico”, con un tecnicismo ancora più netto) che sia al tempo stesso provocatorio (“pungente” appunto) ma fortemente comunicativo, capace di istituire un “a tu per tu” con il lettore, in un corpo a corpo fisico in cui la parola lotta prima di tutto con sé stessa per farsi libera, attraversare le “fessure” (si veda anche “fesso”), gli interstizi di un varco possibile. Scene di quotidianità, episodi di vita autentica diventano allora piccoli quadri dalla campitura nettissima con una parola fresca, mai dotta, come per questa poesia:

 

COMMENSALI

 

Sedevi, no ingoiavi il tuo corruccio
in una trattoria di infim’ordine.
Voluttuoso sedendoti davanti
In preda al pasto, esitavo a mangiare:
era così bello, eri così bello
che il tuo corruccio
me lo sono goduto per dessert.

 
 

Domina un po’ ovunque nei versi di de Vos un senso oraziano dell’esistenza, una pulsione irrinunciabile a vivere ogni attimo nel suo offrirsi come unico e irripetibile: un’idea del sesso come strumento d’elezione per indagare la vita, estrarne il senso che altrimenti resterebbe sfuggente, inesplorato, potenza che non diventa mai atto. L’attimo, l’inderogabilità dell’istante è il termine esatto con cui confrontarsi e come tale va appunto “esatto” (participio passato del verbo esigere) perché non resti per ciascuno di noi semplicemente un errore, fino a diventare proprio noi quell’errore (quello sì perfetto).

La poesia di Arnold de Vos è allora una poesia della precisione, del disvelamento impudico, a costo di risultare scabroso, denuncia dello scandalo inevitabile di ogni vita:

 

FICO

 

Arrovescio il guanto della scrittura
sul tuo corpo
fico, facendo di ogni poesia
la foglia che non hai addosso.

 
 

Gergalità e linguaggio biblico (si veda il termine “fico” che associato a corpo o a foglia assume connotazioni agli antipodi) si fondono in quell’osmosi eretica dove solo la poesia può consentire la sovrapposizione, la conciliazione altrimenti blasfema. La poesia è allora guanto da rovesciare ma anche guanto di sfida, scardinamento di ipocrisie e conformismi, l’unica arma contro “la prosa della vita” contro cui occorre ribellarsi, contrastarne la “sistematica bugia”.

Sarebbe stato bello conoscere di persona Arnold de Vos, parlare con lui dei suoi versi; anche se non è potuto accadere, piace credere di averlo conosciuto comunque, di poterlo conoscere giorno dopo giorno leggendolo, con quella sua affabilità scontrosa che sa diventare un “placido conversare”, lì dove, grazie alla poesia, vita e morte si fondono in una nuova mappa finalmente decifrabile, la sola dove ci si possa davvero orientare.

 

GEORADAR

 

Questo placido conversare non è
più vita, né
avere la morte dentro me.
Questo placido conversare è
mappare la morte fino a che
la via del cielo passi per me.

 
 

Con stima, un tuo lettore.

Fabrizio Bregoli