POESIA A CONFRONTO – Baci

POESIA A CONFRONTO – Baci

 
 

POESIA A CONFRONTO – Baci
CATULLO, DANTE, BORGES, SALINAS

 
 

Il bacio è l’espressione più emblematica dell’amore; ciascuno di noi ha un ricordo sempre vivo del primo bacio, un’esperienza che segna profondamente tutta la nostra sfera affettiva e personale. I baci costellano tante pagine esemplari e indimenticabili della letteratura di tutti i tempi; oggi proporremo alcune poesie memorabili che vedono il bacio come protagonista assoluto.

Il celebre Carme V di Catullo, ben noto a tutti per la presenza immancabile nelle antologie, è un’esortazione, fin dal primo verso, a vivere la vita nella sua pienezza, nonostante la sua durata effimera (“brevis lux”) sempre minacciata dall’incombere della morte (“nox perpetua”), in accordo al procedere lineare e, dunque, finito del suo tempo in contrapposizione con il tempo ciclico della natura (“Soles occidere et redire possunt”), capace di rigenerarsi in eterno. Ecco allora l’invocazione, quasi un ordine, a vivere la passione senza inibizioni: attraverso il procedimento anaforico insistente nella ripetizione di “mille”, di “centum”, di “dein” e “deinde”, il bacio diventa strumento apotropaico per combattere la fragilità del nostro stato effimero di uomini.

Indimenticabile anche la scena del Canto V dell’Inferno in cui Francesca rievoca l’episodio che porta alla nascita del suo amore per Paolo, quell’amore che li vede puniti nel girone dei lussuriosi. Partendo da un evidente riferimento al Canto IV dell’Eneide (“Nessun maggior dolore / che ricordarsi del tempo felice / ne la miseria”) inizia il racconto che vede i due innamorati perdersi fra le pagine della letteratura cortese fino a diventare protagonisti loro stessi di quella storia, culminante nell’epilogo (“la bocca mi basciò tutto tremante”) che li unirà insieme per l’eternità, nell’amore e nella pena infernale. Una storia, la loro, che non può se non muovere a profonda compassione e turbamento, tanto che lo stesso Dante, alla fine della sua visita, per il coinvolgimento estremo, perde conoscenza: si noti la splendida chiusa allitterante che con fini espedienti sonori rappresenta in modo efficacissimo la caduta (“e caddi come corpo morto cade”).

“La voce a te dovuta” di Pedro Salinas è a tutti gli effetti un classico della poesia amorosa, fra le raccolte poetiche più lette di sempre, anche in Italia. Qui il bacio diventa l’atto assoluto che vale in sé e che lo colloca al di fuori di qualunque dimensione spazio-temporale: il bacio sopravvive a sé stesso nella memoria, nell’interiorità di chi lo ha provato (“E dura questo bacio / più del silenzio, della luce”), diventa quel legame inscindibile fra due anime che vi restano unite, vincono ogni distanza (“Ti sto baciando più lontano.”).

La poesia di Borges si fonda su una lunga elencazione di avvenimenti storici e mitologici che attraversano tutta la storia dell’umanità, accadimenti esemplari che hanno lasciato una traccia indelebile di sé, in una successione intrigante e misteriosa che, grazie alla figura del climax, genera attesa, prospetta l’imminente verificarsi di un evento eccezionale. Tutto viene svelato nella chiusa: il vero prodigio che ha chiamato a raccolta in un solo istante tutto lo straordinario che è racchiuso in un singolo uomo, in quanto membro della specie umana, avviene “solo perché una donna ti ha baciato”. È il bacio il vero miracolo.

 

Fabrizio Bregoli

 
 
 
 
CATULLO
(da Carmina – I secolo a.C.)
 
V.
 
Vivamus mea Lesbia, atque amemus,
rumoresque senum severiorum
omnes unius aestimemus assis!
soles occidere et redire possunt:
nobis cum semel occidit brevis lux,
nox est perpetua una dormienda.
Da mi basia mille, deinde centum,
dein mille altera, dein secunda centum,
deinde usque altera mille, deinde centum.
dein, cum milia multa fecerimus,
conturbabimus illa, ne sciamus,
aut ne quis malus invidere possit,
cum tantum sciat esse basiorum.
 
 
 
 
V.
 
Viviamo, mia Lesbia, e amiamo,
e i pettegolezzi dei vecchi bacchettoni
stimiamoli tutti meno di un centesimo!
Il sole può tramontare e rinascere:
a noi, non appena tramonta questa breve luce,
tocca dormire un’unica notte interminabile.
Dammi mille baci, poi cento,
poi altri mille, poi di nuovo cento,
poi altri mille ancora, poi cento.
Poi, quando ne avremo fatte molte migliaia,
li disperderemo per non farne tornare il conto
perché nessun invidioso ci getti il malocchio
sapendo quanti sono tutti questi baci.
 
(traduzione di Fabrizio Bregoli)
 
 
 
 
 
 
DANTE
(Da La Commedia)
 
INFERNO, CANTO V, vv.121-142
 
E quella a me: «Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
ne la miseria; e ciò sa ‘l tuo dottore.
 
Ma s’a conoscer la prima radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto
dirò come colui che piange e dice.
 
Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
 
Per più fiate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
 
Quando leggemmo il disiato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
 
la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante».
 
Mentre che l’uno spirto questo disse,
l’altro piangea; sì che di pietade
io venni men così com’io morisse.
 
E caddi come corpo morto cade.
 
 
 
 
 
 
PEDRO SALINAS
(Da La voce a te dovuta – Einaudi, 1979)
 
Ieri ti ho baciata sulle labbra.
Ti ho baciata sulle labbra. Intense, rosse.
Un bacio così corto
durato più di un lampo,
di un miracolo, più ancora.
Il tempo
dopo averti baciata
non valeva più a nulla
ormai, a nulla
era valso prima.
Nel bacio il suo inizio e la sua fine.
Oggi sto baciando un bacio;
non solo con le mie labbra.
Le poso
non sulla bocca, no, non più
– dov’è fuggita? –
Le poso
sul bacio che ieri ti ho dato
sulle bocche unite
dal bacio che hanno baciato.
E dura questo bacio
più del silenzio, della luce.
Perché io non bacio ora
né una carne né una bocca
che scappa, che mi sfugge.
No.
Ti sto baciando più lontano.
 
(traduzione di Emma Scoles)
 
 
 
 
 
 
JORGE LUIS BORGES
(Da El otro, el mismo – 1964)
 
HIMNO
 
Esta mañana
hay en el aire la increíble fragancia
de las rosas del Paraíso.
En la margen del Eufrates
Adán descubre la frescura del agua.
Una lluvia de oro cae del cielo;
es el amor de Zeus.
Salta del mar un pez
y un hombre de Agrigento recordará
haber sido ese pez.
En la caverna cuyo nombre será Altamira
una mano sin cara traza la curva
de un lomo de bisonte.
La lenta mano de Virgilio acaricia
la seda que trajeron
del reino del Emperador Amarillo
las caravanas y las naves.
El primer ruiseñor canta en Hungría.
Jesús ve en la moneda el perfil de César.
Pitágoras revela a sus griegos
que la forma del tiempo es la del círculo.
En una isla del Océano
los lebreles de plata persiguen a los ciervos de oro.
En un yunque forjan la espada
que será fiel a Sigurd.
Whitman canta en Manhattan.
Homero nace en siete ciudades.
Una doncella acaba de apresar
al unicornio blanco.
Todo el pasado vuelve como una ola
y esas antiguas cosas recurren
porque una mujer te ha besado.
 
 
 
 
INNO
 
Questa mattina
c’è nell’aria l’incredibile fragranza
delle rose del Paradiso.
Sulla riva dell’Eufrate
Adamo scopre la freschezza dell’acqua.
Una pioggia d’oro cade dal cielo:
è l’amore di Giove.
Salta dal mare un pesce
e un uomo di Agrigento si ricorda
d’essere stato quel pesce.
Nella caverna che chiameranno Altamira
una mano senza volto traccia la curva
di un dorso di bisonte.
La lenta mano di Virgilio accarezza
la seta che portarono
dal regno dell’Imperatore Giallo
le carovane e le navi.
Il primo usignolo canta in Ungheria.
Gesù vede sulla moneta il profilo di Cesare.
Pitagora rivela ai suoi greci
che la forma del tempo è circolare.
In un’isola dell’Oceano
i levrieri d’argento inseguono i cervi d’oro.
Su un’incudine forgiano la spada
che sarà fedele a Sigurd.
Whitman canta a Manhattan.
Omero nasce in sette città.
Una donzella riesce a catturare
l’unicorno bianco.
Tutto il passato torna come un’onda
e quelle antiche cose sono qui
solo perché una donna ti ha baciato.
 
(da Tutte le opere, Mondadori, 1986)