Il quotidiano poetico di Bianca Tarozzi

Il seguente articolo di Anna Toscano è apparso sullo Speciale di “Laboratori critici” di Marzo 2024 dedicato a “Ritratti di Poesia” (Anno III, Speciale Num. 2), pubblicato e presentato in occasione dell’edizione 2024 del Festival (QUI).

Lo “Speciale Ritratti di Poesia 2024” sarà presentato al Salone Internazionale del Libro di Torino sabato 11 maggio alle ore 14:00, pad. OVAL stand del Friuli Venezia Giulia, all’interno dell’evento I progetti territoriali con Daniele Serafini, Gabriella Musetti, Vincenzo Mascolo e Carla Caiafa (in collegamento). Moderazione a cura di Claudia Mirrione.

I progetti territoriali della rivista “Laboratori critici“, diretta da Matteo Bianchi per la Samuele Editore, constano di tre Speciali che da territori specifici si aprono alla migliore poesia nazionale e internazionale. Il “Nuovo Almanacco del Ramo d’Oro n.1” a Trieste. Lo “Speciale Ritratti di Poesia 2024” a Roma, “La poesia dal silenzio. Speciale Angelo Andreotti: sottratti alla grazia” a Ferrara.

La Redazione

 

 

La poesia di Bianca Tarozzi si dipana in un quotidiano, quello dell’autrice stessa, che diviene quotidiano della lettrice e del lettore, diviene stradario, pianta della casa, mappatura degli oggetti, intersezione con l’umano, squarcio col ricordo, misura del presente, breviario. La sua casa diviene la nostra casa, nella sua strada vediamo la nostra, gli oggetti della sua poesia danno un nome alle cose che ci circondano. Non è un quotidiano sporadico e misurato nel tempo quello di Tarozzi, è quotidiano poetico che dalla fine degli anni Ottanta a oggi è presenza costante con undici raccolte di poesie, liriche in riviste e antologie e un romanzo. Ad accompagnare questo cammino al di fuori dei confini italiani l’edizione americana di una delle sue maggiori raccolte, Il teatro vivente, e la vincita, nel 2017, del premio Lannan Foundation Award. Poetessa prestata all’Accademia – ha insegnato letteratura inglese e angloamericana – e apprezzata traduttrice – di Emily Dickinson, Alfred Edward Housman, Elizabeth Bishop, Robert Wilbut, Virginia Woolf, Louise Elisabeth Glück – ha costellato, e continua a costellare, tutta la sua esistenza di versi.

Nel 1988 con la raccolta poetica Nessuno vince il leone e in seguito, nel 1997, con La buranella la perizia di Tarozzi nel tessere versi e immagini, parole e storie, in un verseggiare al di fuori degli stilemi a lei contemporanei si fa subito evidente, tanto che oltre un decennio fa Alfonso Berardinelli l’aveva inclusa tra i poeti più interessanti del panorama italiano. Nel 2007 l’uscita de Il teatro vivente, raccolta di poesie e racconti in versi composti tra il 1985 e il 2007, pone Tarozzi ancora più all’attenzione nel contesto poetico nazionale e internazionale. Il teatro vivente è un libro denso e unico nel suo genere, da cui quasi straripa il mondo tarozziano così finemente cucito alla pagina: si tratta di storie narrate in forma di poesia e di prosa in versi, si tratta di quadretti in rima, pazientemente lavorati con l’uncinetto dell’assonanza, trame finemente intrecciate con l’ago della leggerezza e dell’ironia e come filo un lessico a volte desueto. Nel 2017 ne esce l’edizione americana con il titolo The Living Theatre. Le successive sillogi inspessiscono il viaggio poetico, poesia dopo poesia, in un presente fatto di passato, tra figure che si smarriscono in lontananza e figure che si avvicinano alla pagina nitide; il viaggio talvolta parte da lontano, lontano nel tempo, da dove un oggetto diviene quasi narrante.

La lingua di cui si serve Bianca Tarozzi nella sua scrittura poetica, è una lingua che spazia da quella di uso comune all’aulico, passando per lemmi della tradizione locale in cui vive e della sua storia familiare, prendendo locuzioni da poeti non italiani che traduce, principalmente dall’inglese e dall’americano, ma attingendo suggestioni da altre lingue ancora, le molte che conosce e pratica. Il suo linguaggio è come un dondolo nel continuo altalenarsi tra parole talvolta inusuali, rime interne e un lessico moderno, contemporaneo: è anche nel ritmo, nella forma musicale, che la sua poesia registra ciò che vede, sente, ricorda, accade, ciò che la circonda.

I versi, i versi sono endecasillabi, talvolta settenari, qualche quinario. La rima è presente, le assonanze anche, fanno capolino non come rimasugli di una tradizione frusta ma come fiere presenze determinanti, quasi linee dello spartito su cui Tarozzi dispone gli oggetti della poesia.

Le piccole e adorabili cose di tutti i giorni, nella loro umile esistenza, le persone che passano e lasciano un piccolo scampolo della loro vicenda da stendere in versi, gli oggetti del passato che ritornano alla memoria così fortemente da entrare tutti interi in una lirica, il tempo, la pioggia, un odore: le semplici cose che danno una felicità trovano il loro dove nelle pagine delle raccolte poetiche di Tarozzi. È un mondo, forsanche un mappamondo, di carta, questo suo mondo poetico, in cui si entra e, pagina dopo pagina, si rimane incantati a guardare. Si vede? Eccome se si vede nei suoi versi, inquadrature ampie che spesso si restringono sullo spazio visivo che l’occhio può cogliere, a volte bisogna pure avvicinarsi un poco per percepire le minime cose. Si sente, il rumore del silenzio degli oggetti. Che narrano.

Si leggono, si vedono e si sentono, storie narrate in versi, racconti in poesia, poemetti, affreschi in rima: liriche fatte di narrazione, trame fittamente e cucite con il filo del suo peculiare linguaggio, il sapiente filo del linguaggio di Tarozzi: ironia, leggerezza e compassione sono i punti che utilizza per il ricamo. Un mondo che sembra perduto e lontano, che echeggia tradizione e dà luce a oggetti di cui si era persa memoria: un altro tempo a cui la memoria riporta si avvicenda con il presente vivo e vivido, fatto di persone e cose reali, un quotidiano concreto. Impellente la sua esigenza di nominare le cose, di fare delle sue poesie oggetti della memoria fatti di parola. La contemplazione del mondo, del presente o dei ricordi, che si riversa nella scrittura con parole durevoli. Una devozione per il dove e il quando che accendono la felicità, a volte di luce lieve a volte abbagliante, per narrare in versi quel momento, accompagnato da tutto il domestico che gli sta attorno.

Anna Toscano

 
 

Foto di copertina di Dino Ignani