Approssimazioni e convergenze – Sergio Pasquandrea

Sergio Pasquandrea, Approssimazioni e convergenze, Pietre Vive editore, 2017

“Il cuore ad esempio/non è affatto rosso/ è fibra muscolare dall’aspetto sieroso/ è roba dura da masticare”. Il libro di Sergio Pasquandrea tra le altre cose si apre proprio con un disegno, che ricorda un cuore ma non è solo un cuore, è più unione tra corpo e desiderio, materia e mente, eros inteso nel senso più stretto senza trascendere nella banalità. Approssimazioni e convergenze è la nuova edizione di un libro uscito nel 2014. In questa nuova edizione, accompagnata da illustrazioni di Michela Neglia e delle stesso Sergio Pasquandrea, è la parte relativa alle convergenze che viene ad aggiungersi a quella precedente. La prima parte è molto interessante, presentandosi come una riflessione sul rapporto tra corpo e poesia ovvero tutta la questione intrinseca alla poesia contemporanea di trovare una risposta alla domanda “che cos’è la poesia?”

E la poesia è corpo, quando diventa parola, anche il ricordo di qualcosa che è stato diventa atto quando viene scritto. È interessante che a un certo punto la scrittura di Pasquandrea diventi ossessiva, quasi maniacale nel descrivere dettagli: parola e corpo/corpo e parola in uno scambio continuo: “mi serve ogni minimo dettaglio/ della tua cassa toracica”. Il punto fermo di questa prima parte è il corpo femminile, che poi è anche un modo per riflettere sul concetto di bellezza: Approssimazioni e convergenze è un libro sulla bellezza o meglio sulla riflessione sul Bello: “la risposta lo so è negli odori/ i nomi si cancellano troppo in fretta” e ancora “delle parola non resta mai molto/ le cose invece le cose/ sì che si arrendono alla bellezza/ non resta che farsi cose”. Quello di Sergio è un ottimo tentativo di rendere la poesia “cosa” ovvero fermare queste parole, raccontare questa trasformazione. Dicevo riflessione sul bello e non è un caso che la seconda parte del libro abbia come sottotitolo “Contributo a una storia della bellezza”. L’autore dà voce ad alcuni quadri del Rinascimento (il periodo storico-letterario in cui più si riflette sui concetti di bello/brutto). Probabilmente nell’ambito del progetto questa seconda parte risulta più debole rispetto alla prima, nonostante la presenza di testi davvero commoventi, penso a “La pioggia nel grembo” ispirata a Danae di Tiziano o a “Hindsight” ispirato a Giuditta e l’ancella di Artemisia Gentileschi, che tra l’altro sono i testi in cui l’elemento del corpo risulta più presente e il dettato è coerente e crudo e lirico. È chiaro, come dichiarato apertamente in quarta di copertina, che le due sezioni del libro si debbano intendere come speculari e quindi anche opposte.

 

Melania Panico

 
 
QUATTRO QUARTINE
 
Ancora ti scrivo ancora a te che sei
dopo il mare ma molto prima delle ossa
chiedo come correggere le ombre
misurare gli angoli alla luce
 
eri tu che provvedevi a fare il vuoto
a rendermi doloroso qualunque transito
non lo sapevi mi sarebbe bastata
una quantità in comune tra il mio passo e il tuo
 
(ma quella sera eri nuda e semplice
solo l’aria poteva toccarti siamo entrati
usciti senza mai cambiare la disposizione
senza che le tue costole sfiorassero mai la stoffa
 
e ogni volta eri più giovane e più lontana)
l’ultima volta hai pronunciato il mio nome
lo accompagnava qualcosa di troppo simile alla gioia.
Ti ho ceduto solo allora ciò che già era tuo.
 
 
 
 

HINDSIGHT
 
Tutto è già avvenuto
il sangue è asciutto
la luce fugge gli zigomi
 
è inutile il richiamo
lei si è già pulita
le mani rassettati i riccioli
 
puoi solo amare il bianco della gola.
 
 
 
 

Sergio Pasquandrea (San Severo, 1975) vive e lavora a Perugia, dove insegna lettere in un liceo. Si occupa inoltre di giornalismo musicale in ambito jazz. Ad oggi ha pubblicato le plaquette Topografia della solitudine (Fara) e Parole agli assenti (Smasher), e le raccolte Approssimazioni (Pietre Vive), Oltre il margine (Fara) e Un posto per la buona stagione (qudu) oltre a numerosi testi in riviste e antologie. È inoltre autore del libro di racconti jazz Volevo essere Bill Evans (Fara) e del saggio Breve storia del pianoforte jazz. Un racconto in bianco e in nero (Arcana).