Alda Merini

Alda Merini
 
 

In Fiore di poesia 1951-1997 (Einaudi, 1998) Maria Corti ha messo in copertina questa lassa: “Ascolta, il passo breve delle cose / – assai più breve delle tue finestre – / quel respiro che esce dal tuo sguardo / chiama un nome immediato: la tua donna. / È fatta di ombre e ciclamini, / ti chiede il tuo mistero / e tu non lo sai dare.”

Tre filoni hanno segnato la vita della fin troppo nota Alda Merini, che era arrivata a toccare la gente con la sua a volte brutale sincerità: la malattia, l’amore, la religione. (Terra Santa si intitolano le poesie sul manicomio).

Milanese (1931-2009), viveva a Porta Ticinese in una casa resa leggendaria da chi andava a trovarla. Quando, in tarda età, fu ricoverata per problemi di salute, ci fu una mobilitazione popolare per pagare le spese.

Era solita dire: “La mia vita è stata più bella della Poesia”.

Pierangela Rossi

 
 
 
 
Da questi occhi
 
Da questi occhi cerchiati di dolore
che ancora non Ti vedono, Signore,
riflesso dentro il mondo,
salvami Tu: sepolta sotto il ciglio
ho una vena di sguardo fuggitiva,
grave di intelligenza,
pallida di tremore inopinato.
Toglimi a me che ho fatta rete intorno
alle stesse bellezze che mi hai date,
che ho mutilati con stoltezza viva
i margini della forza.
O Padre, o Amico, perché vuoi sepolta
entro la tomba del mio stesso nome
me cosciente, me viva
e me, perennemente innamorata?
 
 
 
 
 
 
Cristo porta croce
 
Quando lottavo duramente il giorno
per sradicare l’ora del mio cuore,
sola entità di tenebre, angosciosa
era questa fatica alle mie mani.
 
Ma non so quale leggerezza imbeve
logicamente adesso la natura
del mio corpo rinato; so che muovo
allucinato il passo alle mie pene,
sento che in me recede il rigoglioso
volume del mio sangue e che più dolce
mi è liberare sguardi di paura.
 
 
 
 
 
 
O Signore che vigili sul cuore
 
O Signore che vigili sul cuore
come enorme gabbiano
e ne carpisci le chimere buie
Tue magnifiche prede,
Dio della pace, quanto cibo ormai
io ti ho offerto negli anni! Dammi un segno
di probabile quiete
sì ch’io possa risplendere da viva!
 
                      O Amore, o Segno fammi più vicina
                      all’equilibrio esatto del mio cuore
                      fa che mi ridivori nel suo centro
                      e che sia portatrice del del mio nome
                      come si regge un fiore sullo stelo!
 
 
 
 
 
 
Io ero un uccello
dal bianco ventre gentile,
qualcuno mi ha tagliato la gola
                      per riderci sopra,
                      non so.
Io ero un albatro grande
e volteggiavo sui mari.
Qualcuno ha fermato il mio viaggio,
senza nessuna carità di suono.
Ma anche distesa per terra
io canto ora per te
le mie canzoni d’amore.