Rinascita di Claudio Damiani


da Pordenoneleggepoesia
 

La poesia di Claudio Damiani è inconfondibile. Cosa canta, con quale musica, dentro quale ritmo, lo riconosci tra mille. La sua voce si è andata formando dall’inizio degli anni ’80, quando con altri giovani studenti/artisti (Salvia, Salvatori, Colasanti, Scartaghiande, Sica e altri) ha animato la scena letteraria di iniziative, non solo fresche e innovative, ma decisamente lontane dallo sterile sperimentalismo della neoavanguardia. Claudio e i suoi amici pensavano ai classici, come padri putativi, non da imitare piattamente, ma da cui ispirare un cammino prospettico, di rinnovamento insomma, ma ben consapevoli delle radici, del ramo di provenienza.

Eppure, già dalle sue primissime prove, la poesia di Damiani rivelava una identità originalissima. Intanto la scelta lessicale, un linguaggio (che è musica nei versi) “piano”. Damiani, dicono tutti, scrive in maniera semplice, diretta, esplicita. Semplice sì, ma non semplicistica. E del resto, provate voi a raggiungere quel livello di trasparenza e densità allo stesso tempo. L’immediatezza di Damiani non è frutto di un banale spontaneismo, deriva bensì dalla pratica (verrebbe da dire “latina”) di nominare le cose in maniera inequivoca.

E adesso esce questo suo nuovo lavoro “Rinascita” (Fazi Ed, 2025, pagg. 153, euro 18,00). E si rimane un po’ spiazzati dal notare che quasi tutti i testi sono prose. Ma basta leggere il primo testo per sentire immediatamente la stessa musica della sua poesia che già conosciamo. Verrebbe da dire che la prosa stempera la lirica. Ma non è così. Per fare la prova basta leggere ad alta voce i testi. Come suggerisce Dal Bianco, in generale la prova di tenuta di un testo poetico è proprio la lettura ad alta voce. Ebbene, letti ad alta voce questi ultimi testi di Damiani “suonano” esattamente come tutti gli altri. Il linguaggio è lo stesso, il ritmo è lo stesso, affidato appunto a una lingua che è negli anni diventata cifra distintiva di Damiani. Il ritmo infatti è in quel linguaggio piano, mai gridato, a volte tentennante, ma sempre in movimento. È il movimento del pensiero (che rimanda ai poeti latini o cinesi antichi e al lirismo filosofico, non a caso tanto amati dal nostro), che esplora il mondo a partire dal primissimo limite del corpo. Un corpo che si relazione al mondo, alla sua luce, all’aria, al rumore della vita. Così è sempre stata la poesia di Damiani, tanto da tessere veri e propri dialoghi con le cose, tra le cose stesse, riconoscendo loro un’identità originale (quindi non una personificazione). Si noti che la poesia di Damiani, anche quando si fa più schiettamente narrativa, non giudica, non esprime valutazioni, mossa sempre da un sentimento di empatia, meraviglia e amore verso le cose della vita.

Nicola Bultrini

 
 
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