Quando Saturno inventò il Carnevale

Qual era per i Romani il giorno più bello dell’anno? A questa domanda possiamo rispondere con certezza grazie a un verso di Catullo, il più noto tra i poeti d’amore della letteratura latina: il 17 dicembre. Quel giorno cadevano infatti, almeno all’epoca di Catullo, i Saturnali, la festa dedicata al dio che dopo essere stato scacciato dall’Olimpo aveva trovato rifugio nel Lazio e qui aveva radunato popolazioni sino a quel momento disperse sui monti, dando loro il primo codice di leggi della storia. Soprattutto, Saturno era stato il dio sotto il quale l’umanità aveva conosciuto l’età dell’oro: un’epoca di felicità e benessere, quando la terra produceva spontaneamente i suoi frutti senza che fosse necessario lavorarla, nell’alveo dei fiumi scorreva il vino invece dell’acqua, il miele si poteva raccogliere sui tronchi delle querce, non esisteva proprietà privata o confini tra i campi ma tutti possedevano ogni cosa in comune, il commercio e la navigazione erano sconosciuti, perché non c’era bisogno di importare beni da terre lontane.

Naturalmente, i Romani non sono stati i soli a immaginare che alle origini della sua storia l’umanità abbia conosciuto un’epoca felice e libera da tutto ciò che rende penosa la vita, dalla fatica del lavoro ai rischi dei viaggi per mare sino alla rivalità per l’accaparramento delle risorse: in fondo, la stessa credenza nel giardino dell’Eden, dove i primi uomini vivevano a diretto contatto con la divinità ed erano esenti dalla sofferenza e dalla morte, non è che una variante dello stesso mito. Senonché, per i Romani quell’epoca beata poteva in qualche modo ritornare, almeno una volta all’anno, in un giorno nel quale il volto della città mutava completamente e si ricreava per un attimo quella stessa atmosfera di libertà senza angosce che aveva caratterizzato il remoto regno di Saturno.

Ecco dunque che durante i Saturnali tutti dismettevano la toga, l’abito nazionale romano e insieme la divisa ufficiale del cittadino, con la sua severa lana grigia e l’assenza di ornamenti e fronzoli, per indossare la veste a colori brillanti che di norma si utilizzava in occasione dei banchetti; ecco che sulle teste di ognuno faceva la sua comparsa il pilleo, il berretto a punta che nella vita ordinaria veniva indossato dagli schiavi nel giorno della loro liberazione, quasi a suggerire che nei Saturnali tutti erano liberi dalle norme e dalle convenzioni che regolavano gli altri giorni dell’anno; ecco che attività normalmente proibite come il gioco d’azzardo diventavano liberamente praticabili e in ogni angolo di strada si sentiva solo il rumore del fritillus, una specie di bussolotto per i dadi, poi riversati su un tavolo per vedere il risultato sul quale i giocatori avevano scommesso; ecco, infine, che la città era percorsa da un flusso frenetico di beni e prodotti per via dell’usanza generalizzata di scambiarsi regali.

Ancora più sorprendente era però quello che accadeva all’interno delle case. Qui, in un vertiginoso ribaltamento dei ruoli, erano gli schiavi a sedere a tavola mentre i padroni li servivano; non solo, ma ai medesimi schiavi era concessa una sorta di speciale licenza, che si chiamava non a caso “libertà di dicembre” e che li autorizzava a formulare critiche e lagnanze che negli altri giorni dell’anno avrebbero probabilmente attirato su di loro la frusta; per non parlare dell’usanza di eleggere un “re dei Saturnali”, autorizzato a imporre pegni o penitenze a sua totale discrezione, o di nominare consoli e pretori per burla, sorta di caricatura domestica delle omonime e prestigiose cariche politiche.

Insomma, non c’è da stupirsi che Catullo considerasse i Saturnali il giorno più bello dell’anno. E neppure che la Chiesa, quando sul finire dell’età antica divenne signora del tempo e padrona del calendario, avesse il suo bel daffare per sradicare quella festa, la cui atmosfera di baldoria e trasgressione sembrava oltre tutto poco opportuna a così breve distanza dalle celebrazioni per la nascita di Gesù. Ma quello che è difficile distruggere si può sempre provare a rimuoverlo: così, alcuni aspetti dei Saturnali, come lo scambio generalizzato dei doni, furono incorporati nel Natale cristiano, mentre altri, come il cambio d’abito o il rimescolamento dei ruoli sociali, formarono la sostanza di quello che si sarebbe poi chiamato Carnevale. Chissà se Catullo avrebbe riconosciuto ancora, in quella festa, un’eco lontana delle celebrazioni per il dio Saturno che tanto amava.