Poesie (2020-1997) – Vittorino Curci


Poesie (2020-1997) - Vittorino Curci

Poesie (2020-1997), Vittorino Curchi (La vita felice, 2021).

 

La nuova silloge di Vittorino Curci Poesie (2020-1997), edita da La Vita Felice, non è una raccolta: è un punto di raccolta. È un deposito di addensamenti di “notti impigliate” e “albe mute”, un campo gravitazionale di “anni sparigliati su fondo nero”, “un’altalena di parole sul vestito di nebbia”. Il libro è una selezione di liriche tratte da 9 pubblicazioni del poeta. L’animus dell’opera potrebbe essere racchiusa in questi pochi versi: “il poeta cerca il suo tempo e si trova a camminare nei millenni”. L’antologia, difatti, attraversa gli anni, rispetta i silenzi ma il tutto viene sempre fecondato da uno sguardo nitido di eternità.

 
albe mute ci mangiano
i sogni che facciamo.
la parola cade sul foglio
per scaricare il peso di mille storie

 
sembra una preghiera stare qui.
le labbra cercano in silenzio
la strada del ritorno

 
la notte resta impigliata nei vestiti.
fuori, non ci siamo che noi
sotto mentite spoglie

 

Dalla prefazione di Milo De Angelis: “Il fascino di questa poesia è un soffio polifonico che raccoglie in sé diverse tonalità- dall’elegia alla riflessione sapiente, dall’invettiva alla supplica- per ricrearsi continuamente dalle sue ceneri che sono le ceneri personali ma anche quelle della Storia: è una prospettiva vasta e generale, un’inquadratura in campo lungo, uno sguardo nitido e insieme visionario.”

 
è tardi. ogni traccia di giovinezza
è scomparsa e tu non hai rimpianti.
con le loro dita affusolate
le donne bianche sfogliano
un lunario sgualcito

 
oggi compio mille anni. queste cose
le ho sempre sapute

 
 

Curci scrive scaricando sul foglio i colori di ogni partenza e i sordi esclamativi che si sono annidati nelle transizioni esistenziali del poeta che diventano il latrato comune degli esseri umani. Ogni parola è un reperto dal futuro, i versi sono cavi d’acciaio in cui passa la vita in tutta la sua elettricità, ad alta e bassa frequenza. La poetica segue il dettato di lingua e voce, aspetta che le parole cadano dalla bocca.

 
L’ingranaggio s’inceppa quando
la nostalgia di un semplice guardare
cresce a dismisura
per curare le innumerevoli ferite.
ogni ferita ha un nome.
a parte questo non so altro

 
partire, allontanarsi per sempre,
sottrarsi alla requisitoria
della parte orfana.
provare diversamente

 
 

Il respiro della raccolta fa pensare al poeta polacco Zbigniew Herbert e alla sua ricerca espressiva caratterizzata dalla memoria come vicinanza al passato, dall’azione corrosiva del tempo e dal viaggio come ispirazione. A differenza di Herbert, però, in Curci c’è una presa di visione dall’alto, una comprensione del vissuto e della materia esistenziale che non degenera, come nel poeta polacco, in una rassegnazione stoica amalgamata dall’ironia sopraffattiva. Ad entrambi però è comune il dono della parola che “fa un groppo in gola” al passaggio del tempo, delle persone e dei paesaggi, si legge nel testo seguente di Herbert. Quella stessa parola che è stata data al poeta di Noci, Vittorino, per attraversare “il mutare del pianto, il pudore, gli anni non computabili della ragione” e che, già a otto anni, si perse nel dettaglio per seguire “il dettato di una sola voce”.

 
perché ecco – cigola l’asse del mondo
passano le persone
i paesaggi
i cerchi colorati del tempo
e la parola data
mi fa un groppo in gola
(Z.Herbert)

 
 

Vittorino scrive dalla “pancia della balena” per precipitare nella luce, un duro esercizio di pazienza nell’attesa di guardare la scena dal basso verso l’alto. Il suo è un “ricercar anime vive” dopo l’ora di chiusura. È un ricercare compagni d’insonnia.

 

Chiara Evangelista

 
ora di chiusura. lo sgomento
e il sovrapporsi delle voci
sono da annoverare
tra gli effetti secondari
di una traversata millenaria

 
nessuno, nessuno ora
può dire cosa è stato.
nella terra dei piagnistei
tutto ciò che è vivo è puro suono.
in questa pasqua degli eroi
siamo compagni d’insonnia