IL VELIERO CANNIBALE 7 – LA MADONNA DELLA SOLITUDINE DI COQUIMBO

IL VELIERO CANNIBALE 7 - LA MADONNA DELLA SOLITUDINE DI COQUIMBO

Quadro di Gaspar Becerra (1520-1570)

 
 
 
 

Malinconie, anacronismi e moralismi del Capitano Peleg

 

Moby Dick è il libro che più si avvicina al Libro dei libri. In nessun altro si disputa intorno all’esistenza di Dio, o alle prove della sua inesistenza. In uno l’immensa Arca; nell’altro l’oscuro Pequod, che è di Achab, ma non è Achab, perché il Pequod è il suo proprietario, il quacchero, il dimenticato Peleg, che l’aveva addobbato “come un barbaro imperatore etiopico… Era fatto di trofei. Un veliero cannibale, che si ornava delle ossa cesellate dei suoi nemici”.

Parafrasando le parole usate da uno scrittore per parlare di un altro scrittore, il nostro Capitano Peleg, risorto con un artificio, è un naufrago del passato che il Fato ha proiettato sulle sponde di un altro tempo. A cura di Frescobaldi MacIntyre.

 
 

Il capitano Stu Hawkins è stato forse l’unico bucaniere a radersi scrupolosamente ogni mattina, con un coltellaccio che portava sempre con sé sistemato nella cintura, e che la notte teneva sotto il cuscino; utilizzò proprio quel coltello la volta in cui venendo meno alla parola data, dinanzi alla resa del comandante di un brigantino che aveva preso d’arrembaggio, gli aveva squarciato il petto e ne aveva tirato fuori il cuore ancora pulsante per sbranarlo a morsi.

Era diventato pirata per caso, quando dopo aver attraversato a nuoto Carlisle Bay per sfuggire a un destino già scritto di schiavitù e umiliazione, di soppiatto era salito a bordo del vascello da corsa di Le Basque che incrociava davanti a Barbados.
Era evaso in due occasioni, l’ultima dal carcere di Port Royal approfittando di un maremoto.

Nella casa di un villaggio sulla costa del Venezuela, in una notte bellissima addolcita da una brezza lieve e fresca, insieme ai tre fratelli Graves, che lo accompagnarono per un lungo tratto della sua parabola di violenza, aveva stuprato quattro generazioni di donne. La più anziana tutto il tempo maledì Dio per l’illusione di avere ormai visto e accettato tutto, e lo fece sottovoce, in una litania che assomigliava alla recita di un rosario; la più giovane, poco più di una bambina, morì dissanguata accanto a sua madre che piangeva e gridava.

I due grandi sogni di Stu Hawkins – crogiolarsi nell’oro e nel sangue sino ai cinquant’anni per trascorrere il resto della vita circondato da schiavi e rispettato dagli stessi notabili di Maracaibo che aveva depredato in passato, e fare della Scozia una piccola potenza coloniale nel Darièn – naufragarono miseramente.

A voler prestar fede alle chiacchiere consumate davanti al fuoco insieme a quello che restava di un pasto umano rituale dai cannibali di Cabo Caribanà, le carni di Hawkins si erano rivelate filacciose e insipide; l’altarino pagano che costruirono nel punto in cui la spiaggia veniva ingoiata dalla foresta con il cranio, le sue ossa spolpate, un cappello, l’immancabile coltellaccio e due immagini di legno raffiguranti l’una la vergine Maria e l’altra san Giuseppe che dovevano essere appartenute al suo bagaglio, fu ritrovato decenni dopo da un domenicano che faceva apostolato nel golfo di Urabà e fu alla base della decisione del religioso di interrompere in quel preciso momento la missione di una vita.

La possibilità che gli eventi appena elencati non appartengano, in tutto o in parte, alla storia vera di Hawkins non è rilevante, perché sono certamente accaduti anche se ad altri e in tempi diversi; ma il presunto ritrovamento dello strano altarino evoca il fantasma di Stu Hawkins nelle cronache cilene del Voyage of the Beagle di Charles Darwin, nella pagina in cui si fornisce un breve resoconto della visita in una casa, alle porte di Coquimbo, dove gli occupanti avevano raccontato al futuro evoluzionista la storia di un bucaniere che si era portato via da lì un’immagine sacra, e che l’anno dopo era tornato per prendersene un’altra.

 

Dai frammenti significativi di una vita è possibile figurarsi una persona, seguirne il percorso, indagarne le azioni, e tentare alla fine di farne un ritratto attendibile.

 

Attraversare il passo dell’Uspallata e doppiare Horn per Stu Hawkins non doveva essere molto diverso. La Cordigliera era tanto immobile quanto gli oceani in perenne movimento, ma entrambi, la montagna e il mare, erano capaci di ingoiare a loro piacimento chi osava sfidarli; nulla e nessuno, tranne quelle due forze immense, si meritavano il rispetto di Hawkins, che le considerava le mani di Dio sulla terra. Per chi gli dava del visionario lo scozzese immancabilmente aveva in serbo la storia della sua fuga dalle galere della Giamaica, quando le sbarre erano state divelte da un terremoto marino. Chi era stato se non Dio a smuovere la roccia e le acque e tirarlo fuori?
Le decisioni meno importanti le lasciava ai tre frateli Graves, che ogni volta si trovavano in completo accordo tra di loro su cosa fare o meno. Tra le tre luci che brillavano nel buio giù nella piccola valle schiacciata tra la cresta e il torrente, scelsero senza esitare quella al centro. La casa di legno aveva due piccole finestre e non aveva la porta ed era da lì che la luce si faceva strada.

Non arrabbiatevi se entriamo senza bussare, disse Hawkins a voce alta, lentamente, in uno spagnolo cinquecentesco, alle quattro persone, un uomo sulla quarantina e due donne, che sedevano intorno alla lampada a olio accesa sul tavolaccio.

La porta spalancata è un invito per i viandanti, continuò il bucaniere, quando erano tutti e quattro già al centro dello stanzone.

L’uomo – che sarebbe morto di lì a poco, però non quella notte e non per mano dei bucanieri ma di un minatore ubriaco il giorno di paga, in una bettola di Coquimbo, giocando a carte – lanciò una breve occhiata alla falce fissata a una parete dietro di lui; poi, non fece altro che prendersi la testa tra le mani e affondarla tra le braccia che tenne conserte sulla tavola, senza muoversi da quella posizione sino al mattino successivo, come se dormisse.

I fratelli Graves, Red Legs in prima fila, dopo l’introduzione teatrale di Stu si erano diretti senza altre cerimonie verso le due donne, una ragazzina e sua madre, due oggetti, i primi e forse gli unici a dover essere presi.

Probabilmente, Stu Hawkins in un’altra occasione avrebbe approvato, ma la piccola Vergine inginocchiata da sola davanti al corpo livido e martoriato del figlio, dipinta con il cremisi, il porpora e il bianco, vegliata da un San Giuseppe vecchio e stanco, appeso accanto a lei sopra il pagliericcio che faceva da letto, cambiò tutto. Per capriccio o sacra intercessione, Hawkins fermò Red Legs con uno sgambetto. Gli altri due Graves si fermarono immediatamente; uno sputò nella polvere a due centimetri dal volto del fratello che era caduto per terra ai piedi della ragazzina, l’altro bestemmiò e si fece una risata.

Cenarono insieme alle donne e uscirono poco prima dell’alba, insieme al quadretto della madonna che aveva benedetto la casa in quella notte estiva di caldo e tempesta.

Esattamente un anno dopo, il sole era tramontato da un pezzo, Stu Hawkins tornò, da solo. La casa aveva adesso una porta, ma per entrare bastò un calcio ben assestato. Anche quella volta si fece capire, scandendo le parole una a una. Disse che quell’anno era stato una messe di catastrofi e tragedie per lui, che i suoi amici giacevano in fondo al mare, ma che non era quello il vero problema, che c’era stato un momento in cui aveva dato la colpa alla madonna che aveva trafugato l’anno prima e che aveva deciso di riportare indietro per fare per bene quello a cui avevano rinunciato quella notte, ma ci aveva ripensato e che la colpa non poteva essere della santa vergine, Dio ce ne scampi, ma della sua solitudine.

Era tornato a prendere San Giuseppe, a prendere il marito, per farle compagnia. Doveva partire per un lungo viaggio, verso un luogo che non conosceva, Cabo Caribanà, e aveva bisogno della sacra famiglia perché tutto andasse per il meglio.

Lasciò la casa prima dell’alba. Dentro erano rimaste soltanto una ragazzina, muta per il troppo pianto, e una falce alla parete.