Apolide – Mary Barbara Tolusso


Apolide - Mary Barbara Tolusso

Apolide, Mary Barbara Tolusso (Mondadori, 2022).

Una volontà di ricollocare la parola, di passare al setaccio il lessico della poesia contemporanea (e la necessità di farlo assumendosi la responsabilità comportata dal rischio di agire in tale direzione); un desiderio di scuotere il pensiero del lettore di poesia odierno, probabilmente, una volta che si è preso atto delle «Incredibili cifre senza peso di un amore biologico» (p. 49). Un amore, quest’ultimo, «che deve assomigliare a qualcosa che muore», ma la sua condizione è rivelata dalla costante presenza di un classico uroboro: Ἔρως antagonista di θάνατος; così, conseguentemente, esso ci appare sottoforma di pensiero, un pensiero che suppone la morte e che vuole suggerire al lettore di abituarsi a fare i conti con una quotidianità che prevede di essere desti dinanzi all’evidenza di un sempre più necessario distacco da esercitare, giacché non si diventa apolidi per un’individuale scelta del singolo che ha «bisogno di staccarsi / per poter vedere» (p. 55).

Che dire, poi, della temporalità in relazione a quanto preannunciato fin qui? Il preludio ad uno stato di paura che addita gli epicurei come «stupidi» disvela l’incedere del rovinoso destino dell’umanità, dal momento che viviamo come apolidi, incastrati nelle maglie di un tempo che altro non è, se non il «tempo del ritardo» (p. 86). E la dispersione che ne deriva è «una quiete distesa», un «leggero movimento» (p. 9).

Laddove la vita pare incontrollabile e l’umanità è dissezionata nel suo cantuccio abborracciato, ecco, forse, affiorare un barlume di tempo che ci indica come la poesia può rivelarci nudi davanti all’illusione di poterla controllare.

Sono queste alcune impressioni offerte dalla scrittura di Mary Barbara Tolusso – giornalista, scrittrice, poeta e traduttrice premiata prima al Fogazzaro (2012) e poi al Pasolini (2014) –, il cui stile si è sempre distinto per essere curato, ma antiretorico, diretto ed esuberante. Qualità, queste, che hanno indubbiamente contribuito alla riconoscibilità di una dei rari poeti che secondo Maurizio Cucchi contano davvero nel panorama odierno.

Il frutto di questa ricerca confluisce nell’ultima fatica di Mary Barbara Tolusso, Apolide (Mondadori, Lo Specchio, 2022), un’opera in versi scissa in sei sezioni (Come un corpo; Apolide; Edipo Re; L’inverso ritrovato; Terapie croniche; Piano regolatore), che al suo interno conta circa una settantina di testi. Oltretutto, è bene ricordare che alcune poesie ora edite in Apolide sono tratte sia da L’inverso ritrovato (LietoColle, 2013) che da Il freddo e il crudele (Stampa 2009, 2012).

Così, con lungimiranza, la tastiera di Mary Barbara Tolusso prova a mettere a punto un codice espressivo ben calibrato; prova altresì a veicolare un messaggio profondo, tentando di incanalarlo in un processo intento a destrutturare le briciole della retorica.

Ma la scrittura della Tolusso è connotata pure da una sorta di parziale micro-pastiche espressivo (diverse, intermittenti citazioni fanno capolino nel tessuto poetico; e altrettanto numerose sono le alterazioni del tono: ora più ironico, ora più melanconico e così via).

Difatti, in calce ad Apolide, la poeta annota che i versi corsivati rintracciabili nel libro sono di Federica Gullotta (p. 15), Maurizio Cucchi (p. 35), Giovanni Raboni (p. 95) e del gruppo musicale indie/rock italiano Baustelle (p. 46).

La Tolusso vanta indubbiamente un ventaglio di maestri fondanti per il suo percorso; difatti, non mancano riferimenti ad alcuni pilastri della poesia italiana quali Erba, Raboni, Giudici, lo stesso Cucchi, Antonio Porta e De Angelis. Accanto ad essi, tuttavia, non mancano neppure giovani voci promettenti (tra queste, ricordiamo almeno Dagnino e Pellegatta, ai quali sono dedicati rispettivamente i testi Donne in giardino e La barca di Giverny).

Per di più, la ricerca della Tolusso non è indifferente all’influsso della scrittura di Marcel Proust. D’altronde ella è in ottima compagnia, almeno se pensiamo al fatto che la letteratura nostrana è costellata di altre poetesse che hanno risentito degli influssi proustiani nel corso del secolo scorso. Tant’è che tra tutte spicca Lalla Romano, nel cui stile pure si «affaccia persino il gusto del pastiche, del divertimento parodistico», come ricordava Raboni nella sua postfazione ad Una giovinezza inventata.

Nel trentanovesimo capitolo del suo romanzo autobiografico, Una giovinezza inventata (Einaudi, 1979), Lalla Romano scrisse: «Divorai Combray con l’angosciosa sensazione che il mio libro l’avesse già scritto Proust».

Il riferimento a Combray – titolo della sezione con cui prende avvio il primo volume de Alla ricerca del tempo perduto (Dalla parte di Swann) –, in qualche maniera fa breccia altresì nel poetare della Tolusso, che scrive, in un testo de L’inverso ritrovato, che ognuno «ha la sua Combray/ una madeleine che rotola il passato/ un bacio premuroso/ (a volte fastidioso)/ e una Odette da maritare» (p. 67).

Tuttavia, nonostante gli influssi e le citazioni che contraddistinguono il suo dettato, la Tolusso resta fedele alla sua ricerca poetica, condotta in un limbo a metà strada tra poesia e prosa poetica, tant’è che per Apolide risultano ancora validissime le parole che scrisse Maurizio Cucchi – prefatore de L’inverso ritrovato –, ossia che il «primo carattere evidente, che si apprezza, nella poesia di Mary B. Tolusso è nel suo dire risentito e spoglio, ma sempre carico di energia. Nei suoi versi riesce decisamente persuasiva quanto più sa coltivare questa vena, questa sua pronuncia reattiva e senza complimenti, senza concessione alcuna a morbidezze».

Così, apprendiamo da Apolide, poiché in fin dei conti «nulla è sacro per chi pensa» (p. 79), che l’autocoscienza e il pensiero critico della poeta continuano a permetterle di ricercare – oppure dissacrare –, sia attraverso la memoria (quel ricordo che «è un esile risveglio di corpi, mani/ mobili universi in agguato», p. 14), sia attraverso «quella stanchezza metrica d’infanzia» (p. 83) lo spazio in penombra segnato pure da un distacco, una spiccata ironia ed uno sguardo da cinepresa sulla realtà nuda e cruda; cosa che ritroviamo, alle volte, nelle chiuse sferzanti che caratterizzano lo stile di Apolide.

Vernalda Di Tanna

 
 
 
 
Sarà solo una questione di numeri
scissi in elementi più semplici,
meno nobili. Separare il corpo
conduttore, trattenere solo il plasma,
declinarlo al vocativo
naturale, chimicamente
ridursi all’essenziale.
 
 
 
 

Apolide - Mary Barbara Tolusso 1
Mary Barbara Tolusso a Una Scontrosa Grazia
 
 
Passo di stanza in stanza
chiedendomi dove sono finiti
gli slip dell’anno scorso.
Mangio uno yogurt mentre alla radio
danno l’ouverture di Bach.
Tutti sappiamo più di quello che fingiamo di sapere
e vorremmo vivere a Malibù con il culo al caldo.
Per ora ascolto un’orchestra sinfonica
che è più di quanto si possa sperare.
        Nel giardino di fronte,
la famiglia cuore cerca
i pezzi della piscina smontabile
e accende il barbecue per riempire il cielo di maiale arrosto.
Anche loro non trovano qualcosa ma hanno
tutte le mutande al loro posto.
È un quadro orribile
ma è una storia bellissima
.
 
 
 
 
 
 
Usciva dalla casa di sambuca
infilando guanti e dita
con la bocca avvelenata dall’amore
pagando in contanti
la nuova esibizione.
Povero Charlus volavi due piedi da terra
su un violino accordato
e alla malizia concedevi crediti
e più in là, sull’Adriatico
vizi appesi alle ginestre
                    Trieste
scriveva Marcel
mi fa orrore.
 
 
 
 
 
 
La mia è un’antica schiatta.
Nei tempi passati i Tolusso furono
guerrieri, cardinali e poi,
passate le ansie di guerra e di dio
hanno imparato a commerciare
in altro modo la morte.
Oggi vendono bare ungheresi
e americane.
 
È un vero peccato non avere
a disposizione un XII secolo.
 
 
 
 
Apolide - Mary Barbara Tolusso 2
 
 
Mia nonna diceva che da una somma di individui limitati
può risultare un insieme geniale.
Si direbbe che ad ogni istante abbiamo in mano gli elementi
per fare tutti felici.