POESIA A CONFRONTO – Dolci

 
 

POESIA A CONFRONTO: Dolci
GOZZANO, PALEY, CARVER

 
 

I dolci, che passione! Il loro consumo favorisce il buon umore (anche se può avere conseguenze indesiderate sulla linea, su glicemia, trigliceridi e affini), ma i dolci sono e restano un elemento imprescindibile nei momenti di festa e convivialità, segnano in modo indelebile fatti della vita (si pensi alle madeleine di Proust), fanno parte della tradizione culturale di un popolo e sono un elemento identitario per una regione, spesso per un’intera nazione. Anche ai dolci spetta quindi un posto di riguardo nella poesia.

In Gozzano la passione per le belle “signore” da corteggiare trova il proprio luogo ideale nelle “confetterie”, dove “paste”, “crema”, “giulebbe”, “sciroppo”, “cioccolatte” sono per le signore una tentazione irresistibile che le spinge ad abbandonare un’etichetta troppo rigida e a mostrarsi in atteggiamenti vezzosamente sensuali e divertiti, tornando “bambine”. Come si fa a non amarle tutte? A resistere alla tentazione di un bacio rubato? L’uso del settenario con un impiego circospetto delle rime contribuisce a dare un ritmo giocoso alla poesia, dove però non manca una vis polemica al dannunzianesimo (bersaglio prediletto dei crepuscolari), alle sue “superliquefatte parole” (superlativo assoluto che persegue l’effetto opposto alla lode).

Può una torta sostituirsi a una poesia? Grace Paley ne è certa. D’altronde se la parola poesia deriva dal verbo greco “poiein” che significa “fare, costruire” nell’accezione concreta e manuale del termine, mettere mano agli ingredienti e lavorarli per farne una torta ha una significativa consonanza. Il vantaggio è che una torta è sempre nella “stesura definitiva”, non comporta tutta la fatica di versioni e revisioni tipiche di una poesia; è pronta a essere mangiata. C’è una sottile critica alla società contemporanea in questi versi: il lettore è diventato pubblico, asservito alla logica del consumismo, del “mangia-e-fuggi”, e quindi sempre meno disponibile a confrontarsi con la poesia autentica. Al poeta tocca adeguarsi, o fare altro: meglio una torta, a questo punto.

Nella poesia colloquiale, quasi in prosa, di Carver, un episodio famigliare fra un padre e una figlia, la piccola gioia di una torta appena sfornata, viene turbato da un dettaglio incongruo: quel paio di occhiali da sole indossati al mattino. Con discrezione, quasi con reticenza, assistiamo alla denuncia di una violenza domestica, nascosta da chi la subisce, minimizzata (“everything nice”) in nome dell’amore, con un padre incapace di agire, trovare una strada praticabile (si consideri la polisemia di “fork in”, verbo che si usa anche per indicare la scelta a un bivio).

Fabrizio Bregoli

 
 
 
 
 
 
GUIDO GOZZANO
(Da Poesie sparse in “Tutte le poesie” – Mondadori, 1980)
 
Io sono innamorato di tutte le signore
che mangiano le paste nelle confetterie.
 
Signore e signorine –
le dita senza guanto –
scelgon la pasta. Quanto
ritornano bambine!
 
Perché nïun le veda,
volgon le spalle, in fretta,
sollevan la veletta,
divorano la preda.
 
C’è quella che s’informa
pensosa della scelta;
quella che toglie svelta,
né cura tinta e forma.
 
L’una, pur mentre inghiotte,
già pensa al dopo, al poi;
e domina i vassoi
con le pupille ghiotte.
 
un’altra – il dolce crebbe –
muove le disperate
bianchissime al giulebbe
dita confetturate!
 
Un’altra, con bell’arte,
sugge la punta estrema:
invano! ché la crema
esce dall’altra parte!
 
L’una, senz’abbadare
a giovine che adocchi,
divora in pace. Gli occhi
altra solleva, e pare
 
sugga, in supremo annunzio,
non crema e cioccolatte,
ma superliquefatte
parole del D’Annunzio.
 
Fra questi aromi acuti,
strani, commisti troppo
di cedro, di sciroppo,
di creme, di velluti,
 
di essenze parigine,
di mammole, di chiome:
oh! le signore come
ritornano bambine!
 
Perché non m’è concesso –
o legge inopportuna! –
il farmivi da presso,
baciarvi ad una ad una,
 
o belle bocche intatte
di giovani signore,
baciarvi nel sapore
di crema e cioccolatte?
 
Io sono innamorato di tutte le signore
che mangiano le paste nelle confetterie.
 
 
 
 
 
 
GRACE PALEY
(Da Begin again: Collected Poems – Farrar Straus & Giroux, 2000)
 
THE POET’S OCCASIONAL ALTERNATIVE
 
I was going to write a poem
I made a pie instead it took
about the same amount of time
of course the pie was a final
draft a poem would have had some
distance to go days and weeks and
much crumpled paper
 
the pie already had a talking
tumbling audience among small
trucks and a fire engine on
the kitchen floor
 
everybody will like this pie
it will have apples and cranberries
dried apricots in it many friends
will say why in the world did you
make only one
 
this does not happen with poems
 
because of unreportable
sadness I decided to
settle this morning for a re-
sponsive eatership I do not
want to wait a week a year a
generation for the right
consumer to come along
 
 
 
 
OPPORTUNITÀ ALTERNATIVA PER IL POETA
 
Stavo per scrivere una poesia
ho fatto una torta al suo posto richiede
 
più o meno lo stesso tempo
naturalmente la torta era una stesura
definitiva una poesia ne avrebbe avuto
di cammino da fare giorni e settimane e
parecchi fogli accartocciati
 
la torta aveva già un suo ciarliero
pubblico che capitombolava tra
camionette e un’autopompa sul
pavimento della cucina
 
questa torta piacerà a tutti
conterrà mele e mirtilli rossi
albicocche secche tanti amici
diranno ma perché mai
ne hai fatto solo una
 
questo non accade con le poesie
 
a causa di una tristezza
 
irriferibile ho deciso di
dedicare la mattina a un pubblico re-
 
attivo non voglio
aspettare una settimana un anno una
generazione che il consumatore
giusto si faccia vivo.
 
traduzione di Fabrizio Bregoli
 
 
 
 
 
 
RAYMOND CARVER
(da All of us: The collected poems – 1996)
 
MY DAUGHTER AND APPLE PIE
 
She serves me a piece of it a few minutes
out of the oven. A little steam rises
from the slits on top. Sugar and spice –
cinnamon – burned into the crust.
But she’s wearing these dark glasses
in the kitchen at ten o’clock
in the morning – everything nice –
as she watches me break off
a piece, bring it to my mouth,
and blow on it. My daughter’s kitchen,
in winter. I fork the pie in
and tell myself to stay out of it.
She says she loves him. No way
Could it be worse.
 
 
 
 
MIA FIGLIA E LA TORTA DI MELE
 
Me ne serve una fetta sfornata
da pochi minuti. Un po’ di vapore esce
dalle fessure in superficie. Zucchero e spezie –
cannella – bruciacchiate sulla crosta.
Ma lei porta questi occhiali scuri
qui in cucina, e alle dieci
del mattino – tutto va splendidamente –
mentre mi guarda staccare
una fetta, portarla alla bocca,
e soffiarci su. La cucina di mia figlia
in inverno. Ci infilo la forchetta
e mi dico che devo starne fuori.
Dice che lo ama. Niente
di peggio.
 
traduzione di Fabrizio Bregoli