Save as (ipotesi di archiviazione sensoriale) – Claudio Dal Pozzo

La ripartizione dei capitoli dell’ultima raccolta di Claudio Dal Pozzo, Save as (ipotesi di archiviazione sensoriale), edito da Arcipelago Itaca quest’anno, cataloga la percezione del singolo organo sensoriale e delle sue modalità di riverbero sull’intero corpo, proustianamente sull’inconscio e sulla lettura dell’altro da sé in situazioni, ambienti, persone diversi. Si correda inoltre di sei immagini di opere d’arte di Luigi Profeta (una per ogni sezione, più la copertina). I cinque sensi sono scansionati a uno a uno a partire dal gusto e a seguire da tatto, olfatto, vista, udito, proprio in una “archiviazione sensoriale”. Il sottotitolo parla di “ipotesi” però, sfumando nel campo delle probabilità -e anche nell’inconoscibile- una composizione apparentemente di taglio scientifico; il medesimo smascheramento è affidato in esergo ai capitoli, in particolare al primo (Johann Wolfgang von Goethe: “bisognerebbe chiedere ai bambini e agli uccelli che sapore hanno le ciliegie e le fragole”).

I temi si delineano a bassorilievo e tendono a non soverchiarsi, a distinguersi appena dal movimento vitale collettivo che è insieme sfondo e sostanza. L’io poetico dice di rapporti, anche di coppia (sei quel pugno allo stomaco/ che mi piace ricevere// e non sono masochista/ né indurisco gli addominali a difesa -un doppio distico-), dell’io lirico o di altri, di considerazioni e sensazioni individuali paradigmatiche (non è un Windsor/ né uno scappino/ questo nodo di cravatta/ che mi comprime la laringe/ il colletto due taglie di meno// anche se indosso la t-shirt), di esistenze estranee (… nella casa di fronte dietro i vetri satinati del bagno l’infermiera raggomitola lo chignon per il turno di notte; la ragazza velata che abbassa pudica lo sguardo) o situazioni collettive (la pandemia 2020 nel riferimento alla mascherina “effe-effe-pi- due”) senza perdere empatia verso sé e verso la società così com’è; il tono mantiene un’ironia sempre sottile, talvolta bonaria, che ha lo sguardo dell’indulgenza. Compaiono immagini di lame, bisturi, vetri e selci dai bordi taglienti, ma alludono a condizioni esistenziali irriducibili, non ad armi dell’uomo o contro l’uomo -non è una poesia di lotta-, e significano tanto quanto i cattivi odori o i sapori forti: i casi in avvicinamento non risultano sempre gradevoli.

Come il titolo principale dell’opera, anche quelli dei capitoli (taste, touch, smell, sight, hearing) sono in inglese, lingua che fa capolino lessicalmente anche nei testi, ma è gestita con distanza dall’autore, la stessa che mantiene, senza conflittualità violenta, rispetto al pensiero globalizzante che essa veicola; l’inglese non letterario è tanto pervasivo quanto ineludibile, ma Dal Pozzo riesce a consegnarci queste espressioni con rassegnazione ironica e autoironica, in un’operazione linguistica attuale e critica molto ben riuscita; stessa soluzione per i termini settoriali:

fa le parole crociate/ forse il più facile crucipuzzle/ la figlia della signora anziana/ tra poco operata all’occhio destro// le scarpe da jogging rosa fluo/ le si rispecchiano nelle lenti/ appena appena appannate/ dagli sbuffi che evadono/ dalla effe-effe-pi-due

Altro contrappunto è talvolta un tono lirico inaspettato che riporta in un attimo il lettore alle reali intenzioni poetiche, sempre sottese:

dentro l’appartamento grande accatastato A3/ nella poltrona elettrica color di senape/ le gambe anarchiche e ulcerate sulla sedia/ distoglie solo un attimo lo sguardo dal TV// lui curvo e instabile sugli zoccoli sformati blu/ le porge il bicchiere con due dita di tè/ e le appoggia una piccola pastiglia bianca/ sulla lingua fuori fino al mento senza celia

Diversi testi analizzano il fenomeno percettivo nel dettaglio dall’oggetto, persona o situazione di input, ai particolari anatomici o fisiologici del soggetto senziente e poetante. La valenza metaforica del processo muove da allusioni interne o chiuse spiazzanti e aggiunge significati soggettivi e universali insieme:

il pane della riemersione ha la crosta legnosa/ punte bruciate e dure che graffiano il palato// la lingua impasta saliva farina e sangue// striscia il bolo lungo l’esofago/ come recluta in formazione/ combatte fango e ostacoli// rimane sapore di ferro in bocca/ in gola una biglia

Il dato soggettivo qui però, come nella raccolta del 2022, sempre per Arcipelago itaca Edizioni, Spunta per il viaggio verso Ovest, non è solamente espressione dell’universale sentire, ma aggiunge anche una contestualizzazione storico sociale attraverso oggetti, ruoli e situazioni comuni entro contesti massificati degli ultimi decenni. A volte l’io poetico si esprime in prima persona e tocca anche temi amorosi (soprattutto nella sez. taste), a volte usa le forme dell’impersonalità, oppure ritrae personaggi ricchi di pathos, immersi nelle miserie del quotidiano o gli effetti del loro agire sulle cose e altre volte protagonisti sono gli oggetti stessi. Nonostante le inquadrature strette, la collettività è sempre sullo sfondo attraverso il rumore del traffico, ad esempio, o anche solo un rintocco di campana (la campana a sua volta rimanda allo squallore di alcune forme povere della modernità perché è “a disco”) ed è tollerata; la rabbia non è marginalizzata, ma non sfocia in alterco con il mondo: è solo un petardo che va lasciato esplodere e sfumare (la rabbia è un petardo/ il dolore una cicala): e c’è ininterrotto un rumore bianco/ ed io stanco di fragore e pettegolezzo/ in esso mi accarezzo e mi avviluppo/ nelle ore piccole dal ripetuto canto.

L’ultima poesia azzarda la mancanza di percezione, la lettura delle righe del silenzio che segue il frastuono, la contrapposizione forte dove si percepisce l’assenza: quasi un invito alla ricerca della poesia laddove si dice che essa parli forte, fra le righe e negli spazi bianchi.

Camilla Ziglia

 
 
 
 
aspettare che la lava si freddi
che si spogli di poteri ustori
 
ignorando che graniti e ossidiane
feriranno ugualmente di taglio
 
 
 
 
 
 
dal coccige all’atlante sento il brivido
la lama del coltello che taglia netto
il guizzo elettrico la scossa dal voltaggio fuori scala
 
il pensiero prende forma tattile
l’idea lascia l’incorporeo e si innerva viva
 
 

 
 
 
 

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