XXX Cantos, Ezra Pound – a cura di Massimo Bacigalupo

 

In uscita presso Guanda l’edizione tascabile (corretta) della versione commentata dei XXX Cantos di Ezra Pound a cura di Massimo Bacigalupo.

 
 
DAL CANTO XXV
 
Hic mihi dies sanctus:
E dalle cave di pietra, le voci stanche,
Suono stanco:
                           “Sero, sero…
Nulla facemmo, nulla ordinammo,
Né casa né scultura,
E quel che pensammo era stato pensato troppo a lungo:
La nostra opinione non fu opinione malvagia
Ma opinione conservata troppo a lungo.
Abbiamo raccolto un setaccio d’acqua”.
E dal culmine del canneto, vennero note e il coro,
Muovendo, i giovani fauni: “Pone metum,
Metum, nec deus laedit”.
 
E come seguisse la forma, l’ombra,
Nobili forme, prive di vita, quella bolgia, quella valle
Le parole morte che conservano una forma
E il grido: Civis Romanus.
L’aria chiara, oscurità, oscurità,
I concetti morti, mai la solidità, il rito del sangue,
La vanità di Ferrara;
 
Più chiara delle ombre, sulla strada in collina
Sgorgando in un anfratto della roccia: Fetusa
Laggiù come venne fra loro,
Vino nella gola vaga di fumo,
Bagliore di fuoco sotto fumo di monte,
Persino laggiù presso i prati del Flegetonte
E contro questo il flauto: “pone metum”.
Che svanisce, e tra le gambe pendevan le minugia,
E allora pensai: l’immortale,
Forma, forme e rinascita, dèi trattenuti nell’aria,
Forma vista, e poi chiarezza,
Luminoso vuoto, senza immagine, Napishtim,
Che rigetta i suoi dèi nel νοος.
 
“come lo scultore vede la forma nell’aria…
come vetro visto sott’acqua,
Re Otreo, mio padre…”
 
e vidi le onde prendere forma come cristallo,
note come sfaccettature d’aria.
e la mente lì, davanti a loro, mobile,
sicché le note non dovevano muoversi.
 
 
 
 

Un’Intervista a Bacigalupo a cura di Laboratori Poesia

 

Pound a tutt’oggi è un poeta imprescindibile ma relegato ai margini della letteratura. Gli si riconosce un ruolo fondamentale ma è quasi citato (quando lo è) sottovoce, con prudenza. Quali sono i reali motivi di questa prudenza? Veramente solo la sua storia, le sue scelte, o vi sono in qualche modo anche ragioni linguistiche?

Pound rimane uno dei poeti novecenteschi più presenti nell’editoria italiana, nonché nella pubblicistica, visto che il suo nome fa audience. La diffidenza con cui viene avvicinato si deve ovviamente al capitolo sempre aperto cultura/fascismo. Poi c’è la fama non immeritata di poeta difficile. Insomma tanti motivi si sommano, non ultima la presenza di CasaPound nelle cronache italiane. Non è strano che a un poeta si ispiri, o affermi di ispirarsi, tutto un movimento o centro sociale? Un’attualità che porta sempre Pound nei media ma lo rende tuttora inviso o comunque sospetto. Tuttavia un pragmatico amico americano m’ha detto: “È tutta pubblicità”.

 

I XXX Cantos sono un’opera di fatto dantesca, modernamente dantesca, che contiene tutta la genialità quanto gli errori di Pound. Ma furono veramente errori i suoi? Nella sua prospettiva, immersa nel suo tempo, che cosa vedeva Pound?

XXX Cantos, edito nel 1930, offre ben poco spunto ai critici del Pound ideologo. È un’opera sperimentale, scritta in tempi non sospetti, che va dalla Troia di Ulisse alla Mosca della Rivoluzione d’Ottobre. Soprattutto è il frutto della passione di Pound per il Rinascimento, secondo una vecchia tradizione anglosassone e addirittura vittoriana. In alcune di queste pagine affollate Pound denuncia sfruttatori e finanzieri, suggerendo (non per nulla alla vigilia della crisi del ’29), che le ragioni del malessere del suo Ulisse moderno vanno cercate e guarite con una nuova economia. Gli “errori” di Pound vennero dopo, quando pensò che il fascismo possedesse la ricetta per questa riforma economica. Scrisse Jefferson e/o Mussolini che il suo amico Carlo Izzo si offrì di tradurre: non, disse, per il suo soggetto politico, ma per la sua natura di autoritratto di Pound stesso, che infatti nello stesso periodo (1934) stendeva un volume di canti (31-41) che si aprono con citazioni di Jefferson e si chiudono con l’innocua battuta del Duce quando Pound gli fece omaggio proprio dei XXX Cantos: “Ma questo, said the Boss, è divertente”. Battuta che a Pound parve straordinariamente penetrante. I Cantos sono infatti piuttosto divertenti, anche se pochi se ne sono accorti. Izzo non trovò editori interessati a pubblicare Jefferson e/o Mussolini, che è una sorta di diario politico-turistico. Uscì in Italia solo nel 1944, tradotto (sembra) e aggiornato da Pound stesso.

 

Alcune edizioni che Pound pubblicò in vita si intitolavano Draft of Cantos. Tali “bozze” non venivano però poi riviste. Alla luce di questa dicitura come Pound intendeva l’opera completa? C’era una sorta di incertezza dovuta alla dimensione del lavoro (Pasolini in un’intervista sottolinea bene la vastità delle tematiche e Pound risponde ammettendo di non aver dato sufficiente unità all’opera)?

Anche in questa nuova traduzione dei XXX Cantos (cioè Canti 1-30), la prima in oltre mezzo secolo, l’occhiello a pagina 32 legge A DRAFT OF XXX CANTOS / UNA STESURA DI XXX CANTOS. Formula che ritorna nel volume dei Canti 31-41. Credo fosse di tipo scaramantico. Tutto in Pound è in movimento, i Cantos sono il diario di una navigazione pericolosa, ora felice ora infelice, e Pound si riservava il diritto di tornarci su. Ma da bravo skipper guardava sempre al prossimo porto, non indietro. Faceva elenchi di correzioni, non sempre apportate, brontolava con i suoi editori. In definitiva il testo rimase quello delle prime edizioni, “stesure”, dispacci a caldo. Questo potrebbe renderci un po’ più indulgenti nei confronti degli incidenti di percorso.

 

Quali sono le più importanti tracce all’interno dei Cantos che rimandano a Dante, ai poeti provenzali e al mondo medioevo in genere?

A Dante rimanda già il titolo barbaro, Cantos, e poi il Canto 1, rifacimento della discesa di Odisseo agli inferi (dall’Odissea), rimanda anche al viaggio oltremondano di Dante. I personaggi evocati nei Cantos sono altrettante ombre del passato, perlopiù storiche, che interloquiscono e raccontano o sono raccontate. Per esempio le citazioni di Jefferson del Canto 41, o il ritratto di Sigismondo Malatesta nei Canti 8-11. Qui in realtà c’è il progetto di un affresco storico. Come Ulisse visita varie terre, così Pound si sofferma ora sulla storia di Rimini, ora su Firenze, Ferrara, Venezia. In seguito andrà a Siena, in Cina molto a lungo (Canti 52-61). Ma per ora qui è il Rinascimento che domina alternato a scene contemporanee e a momenti di immedesimazione lirica quando il mito sembra ripresentarsi intatto nel nostro tempo. È la Provenza dei trovatori e degli Albigesi che Pound, seguendo una tradizione occultista, vede come vittime della occhiuta chiesa romana, che è un po’ la bestia nera (con quella protestante) di questi XXX Cantos. Infatti l’ultimo verso del Canto 30 recita con sollievo (in italiano): “Il Papa morì”. L’ombra di Confucio ci parla invece nel Canto 13 con pacifica tolleranza laica e amore della musica e della poesia.

 

Qual era il rapporto di Pound con la musica e come si collocava all’interno del suo mondo estetico?

Finendo il Canto 16 (quello sulla I guerra mondiale e Lenin) Pound scrisse a Hemingway che si era tolto il pensiero e ora si sarebbe dedicato come una brava signorina alla musica. Infatti scriveva un Trattato d’armonia e componeva un’opera, Le Testament, sulla storia del poeta maledetto Villon. Gli piacevano i fuorilegge, come del resto Malatesta, riprendendo la tradizione bohemien dei predecessori degli anni ’90. La musica assorbì molta sua energia. Il Villon ebbe un certo successo e fu trasmesso dalla BBC (un’amica musicista l’aveva aiutato nella revisione dello spartito) sicché si mise a scrivere un altro melodramma su Cavalcanti, che rimase incompiuto. Entrambe le opere sono quasi esclusivamente composte di pezzi dei poeti (altre ombre dell’oltremondo poundiano) messi in musica, una musica di sapore medievaleggiante. Di un’esecuzione del Villon nel 1980 al Holland Festival di Amsterdam si può ascoltare on line un estratto di carattere espressionistico: https://www.hollandfestival.nl/nl/content/youtube-kanaal/.

 

I XXX Cantos sono l’Inferno, universale dell’Uomo quanto personale dell’uomo che li ha scritti. Ma alla fine cosa ne emerge? Cosa è il male per l’Uomo e cosa è per l’uomo?

In realtà questo “inferno” di Pound è tutt’altro che infernale, piuttosto si alternano momenti di denuncia (pochi in realtà) con ritratti fatti con gusto. A Pound Rimini Ferrara Venezia Sirmione Verona eccetera piacevano, e voleva comunicare il suo gusto per quei posti e le loro vecchie storie. Niccolò d’Este che fa decapitare la moglie adultera Parisina Malatesta e l’amante (figliastro di Niccolò). Una storia d’incesto già trattata da D’Annunzio e altri, che però Pound evoca a frammenti e sprazzi. Per la traduzione ho dovuto recuperare le innumerevoli disparate fonti, che spesso riporto tali quali. Anche la battuta del “romagnolo” del canto 28: “A sò iquà me, ciò, / Bòia de Signor!”. Fortuna che qualche riminese e storico mi ha aiutato. E’ un peccato che nessun italiano abbia posto attenzione all’uso che Pound fa delle fonti, e credo che il lettore si divertirebbe a inoltrarsi in questo gioco metatestuale fra slang americano (a sinistra) e italiano quattrocentesco (a destra). Quanto all’Inferno, i canti 14-16 sono una vera e propria imitazione dantesca, piuttosto scatologica. I dannati sono gli oscurantisti, i sessuofobi e i passatisti, oltre che i politici emersi dalla Grande Guerra: Balfour, Wilson, Lloyd George, Churchill. Dei loro nomi appaiono per ragioni di censura solo le ultime lettere (…r, …n), ma se questo XXX Cantos si ristamperà li inserirò per intero. Il male per Pound è “mettere la voglia di denaro davanti al piacere dei sensi”.

 

Cosa resta nei XXX Cantos del Pound giovanile?

Vigore, passione, sogno di poesia, amore dei paesaggi naturali e del mito ritrovato. Anche amore un po’ libresco dei classici, da Catullo a Ovidio a Chaucer. I suoi incontri, la sua conversazione stralunata ma sempre appassionata e incisiva. C’è poi il rapporto coi contemporanei, soprattutto Eliot, Joyce e Hemingway. L’eros con le evocazioni di Dioniso, dell’ebbrezza, della passione intellettuale ma anche fisica. I temi liberatori del primo dopoguerra. I primi Tre canti, poi molto riveduti, uscirono nel 1917. Sono in realtà piuttosto notevoli, specie la visita a Sirmione con cui si aprono: chi ne fosse curioso può leggerli nel volume Canti postumi edito nello Specchio di Mondadori. L’avventura dei Cantos è defatigante; il vero inferno verrà dopo, negli anni ’30 e ’40, per noi lettori non per il poeta che resta sempre accigliato ma tutto sommato sereno. Qualche perplessità gli verrà a sessant’anni nel campo di prigionia americano a Metato presso Pisa, ma per discrezione ce lo dirà in francese: “Tard, très tard je t’ai connue, la tristesse / sono stato duro come la gioventù per sessant’anni”. Ma anche di questo, furbacchione, farà scrittura, canto.

 

Cosa può voler dire oggi riproporre alla lettura Pound?

Gli scritti di Pound sono la biografia di una personalità eccentrica che ha attraversato scoperte e tragedie del secolo XX con pochissima distanza critica. Per gli storici della cultura è interessante la passione italiana e medioevale di un americano che di storia e lingua antica non capiva granché, ma amava Dante e interrogava gli antichi testi e invitava a leggerli. Pound amava elencare i testi indispensabili, che erano poi le sue passioni. Vedi ABC della lettura (e gli stessi Cantos). Era un insegnante fazioso. Se non si prendono a scatola chiusa le sue esclusioni (per esempio venerava Henry James ma non apprezzava Conrad, di cui invece il suo quasi discepolo Hemingway intuiva la grandezza). Pound è un maestro stimolante. Una lettura per giovani. Fatto sta che poi i suoi elenchi sono spesso oscuramente largiti, “arcanamente professorali”, come disse Praz, brani della sua conversazione ininterrotta. Guida alla cultura, un altro suo breviario del 1938, rimane un libro unicamente corrusco. Non tutto ma di tutto: Africa, Cina, economia, musica, poesia, filosofia. Fu scritto come tutte le opere di questo periodo, a Rapallo, dove Pound era considerato uno scrittore simpaticamente stravagante, ma come notò Montale buon giocatore di tennis e organizzatore di innovativi concerti nel Salone Comunale. In fondo a Rapallo era felice, fisicamente e intellettualmente, e nutriva l’illusione (del resto non solo sua) che il regime traducesse in azione molte delle sue idee, e che magari egli stesso potesse influenzare la storia italiana e mondiale. E qui ci avviciniamo alla diagnosi di incapacità mentale che gli verrà comminata nel 1945.

 

Qual è, secondo lei, la novità di Pound che ancor oggi non abbiamo colto?

Pound è uno straordinario crocevia, leggendolo si parte alla scoperta di tanti mondi e di tante grandi opere, insomma del modernismo angloamericano, da Yeats fino appunto a Hemingway. Basta leggere le testimonianze che ho raccolto alle pagine 15-32 di XXX Cantos per capire questo “servizio di comunicazioni” (come lo chiamava lui). I suoi lumi non bastano a comprendere tutto quello che i suoi compagni di strada hanno da dirci, ma li colgono nel momento della scoperta. In Pound c’è entusiasmo. C’è senso magico del paesaggio. Pochi sanno che i Cantos sono in buona parte un poema ligure, dove il mare, gli ulivi, le vigne, la vita dei contadini rappresenta il mondo ideale a cui si vorrebbe tornare. E anche l’importanza del rapporto amoroso appare a sprazzi con un’incisività che non ha in altri poeti. Forse Hemingway nelle sue vignette della guerra e di Parigi (vedi Nel nostro tempo) è sulla stessa lunghezza d’onda di Pound, che tutto sommato è più castigato. Di un poeta rimangono alla fine alcuni versi che si ripetono, e di questi versi che colgono il segno Pound ha fatto buona incetta. La novità è il progetto poematico, su cui gli “altri pochi” (come dice Dante) potranno almanaccare (come su altri testi abnormi, per tutti il Finnegans Wake joyciano). Ma poi quel che conta, come ancora si legge nei Canti pisani, è “la qualità dell’affetto”, la passione comunicata.

 
 
 
 

Dal Secolo XIX dell’11 agosto 2017:

 

L’inferno di Pound
di Massimo Bacigalupo

Guanda ripropone nella nuova serie Tascabili Poesia quell’incunabolo fragoroso del Novecento che sono i “XXX Cantos” di Ezra Pound (pp. 382, € 14), da me tradotti alcuni anni fa. Cosa sono i “XXX Cantos”? Composti a cominciare dal 1915, usciti nel 1930, sono la prima cantica, diciamo l’Inferno, del poema con cui Pound voleva gareggiare con Dante. Insomma, una “Divina commedia” del Novecento, un viaggio nella storia passata presente e futura alla ricerca della città ideale, il Paradiso, Itaca. Pound puntava a un centinaio di canti, arrivò al 116°, abbozzato a Rapallo nel 1959, a 74 anni. E anche a Rapallo furono in buona parte scritti i canti dal 17 al 30 qui riuniti. Molti i paesaggi marini, per esempio quando Pound descrive gli scaricatori della sabbia giunta via mare dalla Sardegna: “E nel mattino, nel cappuccio frigio / a piedi scalzi scaricano la sabbia dal leudo / Yperionides! / E la rosa cresciuta mentre dormivo / E le corde che vibrano di musica…”.

Pound era un viaggiatore e osservatore curioso che annotava quel che vedeva e lo metteva in relazione con le sue accanite letture di poesia, storia, economia… Come molti visitatori anglosassoni (fin da Byron) trovava che in Italia si fosse conservato lo spirito greco, sensuale, pagano. “Noi qui in collina, fra gli ulivi, / Dove un uomo potrebbe portare il remo, / E la barca laggiù nell’insenatura”. Qui c’è il ricordo di Ulisse, una pausa amorosa nel viaggio presso una compagna fidata (Calipso, Circe, Penelope).

Ma i “XXX Cantos” stupiscono e un po’ sconcertano per l’evocazione continua del Rinascimento italiano, condotta su fonti d’archivio. Nel 1922 Pound si innamorò del condottiero Sigismondo Malatesta, guerriero spregiudicato, patrono delle arti, amante, e gli dedicò addirittura quattro canti (8-11). Sigismondo rappresenta un sogno di amore, arte e potere, e la sua sconfitta. Una storia come quella del contemporaneo Gatsby di Fitzgerald. Ma Pound ha la passione dei documenti autentici, accumula citazioni. Fa lavorare il lettore. Tanto più che nella traduzione anziché ritradurre i vecchi documenti ho riprodotto gli originali su cui Pound ha lavorato a modo suo.

Dalla Rimini dei Malatesta passa alla Ferrara degli Estensi (e di Ugo e Parisina), alla Firenze medicea, a Venezia. “Sedetti sui gradini della Dogana / poiché le gondole costavano troppo, quell’anno”, comincia il canto 3. “Quell’anno” era il 1908, quando iniziò l’odissea europea di Ezra. Per il lettore italiano è curioso vedere come la nostra storia abbia appassionata il poeta di Filadelfia che ancora l’italiano lo masticava poco. E che di canto in canto procede dal passato lontano all’oggi, alla grande guerra, alla rivoluzione russa, sempre riprendendo testimonianze dirette. E ci sono anche degli episodi comici, diciamo dell’umorismo yankee che Pound aveva in comune con Hemingway (che gli scrisse del canto sulla guerra, il 16°, “Il progetto è eccellente, ma il tuo uso del dialetto rischia di mandarlo all’aria”).

Infine, fra tanta materia c’è anche un vero e proprio inferno dantesco, debitamente aggiornato: “I saccarinosi, affondati nel glucosio, / i pomposi nella bambagia / con un puzzo come di oli a Grasse, / il grande scabro buco del culo che caca mosche, / che scorreggia imperialismo, / urinale estremo, latrina, pisciatoio senza cloaca, / Balfour meno rissoso, Ingram Episcopus Londonensis, / testa in giù avvitata nella sbobba”. Nelle edizioni a stampa i nomi sono sostituiti da puntini con la sola lettera finale, il ministro degli esteri Balfour diventa …..r, l’arcivescovo di Londra Ingram diventa ….m. Ma nel dattiloscritto Pound aveva scritto per intero i nomi delle bestie nere sue e dei suoi sodali: Lloyd George, Wilson, Churchill, Benedetto XV…

Appare qui la violenza debordante di Pound che pure mostra capacità e coraggio danteschi nel rappresentare ciò che più detesta, e da cui cerca di staccarsi studiando gli amati condottieri, i vecchi annali, e lasciando Londra e Parigi per Rapallo. Lusso, calma e voluttà è forse quanto istillano questi “XXX Cantos” nei loro momenti migliori, rappacificati. Il libro potrebbe anche essere un buon ripasso per i nostri maturandi, visto che da Omero a Ovidio a Dante ci troveranno buona parte del loro programma. (E i brani scatologici hanno molto di liceale.)

Ezra Pound

Nacque in Idaho nel 1885, passo la gioventù a Filadelfia, nel 1908 si trasferì in Europa. Visse a Londra, dove lanciò l’Imagismo e il Vorticismo e si sposò con un’artista inglese, poi a Parigi dove fece parte del mondo degli espatriati americani (Hemingway, Fitzgerald) che lo considerarono un precursore. Dal 1923 comincia a frequentare Rapallo dove visse fino al 1945. Arrestato per le sue trasmissioni radiofoniche in inglese da Radio Roma durante la guerra, fu detenuto a Genova e Pisa e, dichiarato malato di mente, in un ospedale psichiatrico di Washington fino al 1958, quando tornò in Italia. Visse fra Merano, Rapallo e Venezia dove morì nel 1972.

I Cantos

Poema vastissimo in 116 canti, è suddiviso in nove sezioni: “XXX Canti” (1930), Canti 31-41 (“Jefferson-Nuevo Mundo”, 1935), Canti 42-51 (“Siena-le riforme leopoldine”, 1938), Canti 52-71 (“Cina-John Adams”, 1940), Canti 72-73 (“Presenza-Cavalcanti”, 1945), “Canti pisani” (1948), Canti 85-95 (“Perforare la roccia”, 1955), Canti 96-109 (“Troni”, 1959), Canti 119-116 (“Stesure e frammenti”, 1968). L’intero poema è raccolto nei volume “I Cantos” (Meridiani Mondadori). I “Canti pisani” sono editi separatamente da Garzanti.

Argomenti dei “XXX Cantos”

I: Odisseo; II: Dioniso; III: Il Cid; IV: Trovatori provenzali; V-VII: Lorenzino de’ Medici e la Londra livida del 1920; VIII-XI: Sigismondo Malatesta; XII: Traffici e imbrogli; XIII: Saggezza di Confucio; XIV-XV: Inferno; XVI: Purgatorio, la Grande guerra; XVII: Il Mediterraneo; XVIII-XIX: Marco Polo e sabotaggi moderni; XX: Idillio medievale; XXI: I Medici; XXII: Esempi vecchi e nuovi di ingegno; XXIII: Il sacro mondo erotico; XXIV: Ferrara, Ugo e Parisina; XXV-XXVI: Cronache veneziane; XXVII: La Russia di Tovarisch; XXVIII: Vignette contemporanee; XXIX: La donna elemento fatale; XXX: Disastri della pietà, il Libro.

XXX CANTOS IN BREVE
(con le date di prima pubblicazione)

I Ulisse scende all’Ade per consultare Tiresia e i grandi morti. 1917.
II Dioniso trasforma in pesci i pirati che volevano rapirlo. 1922.
III Il Cid esule prepara la riconquista. 1917.
IV Miti greci e provenzali. 1919.
V-VII Da Eleonora d’Aquitania a Henry James, passando per la Roma dei Borgia. 1921.
VIII-XI Imprese belliche, artistiche e amorose di Sigismondo Malatesta. Una risposta a The Waste Land. 1923.
XII Avventurieri, truffatori, banchieri. 1924.
XIII Confucio. 1924
XIV-XV L’Inferno di Dante aggiornato. 1924.
XVI Scene purgatoriali, la I guerra mondiale, la rivoluzione russa. 1924
XVII Ripresa del viaggio iniziatico, che conduce in una città seducente e fatale: Venezia. 1926.
XVIII Dalla carta moneta del Gran Cane al traffico di armi. 1926.
XIX Nell’industria come nelle arti, l’innovazione è sabotata da chi difende rendite di posizione. 1926.
XX Pound indaga Arnaut, Niccolò d’Este delira dopo l’esecuzione di Ugo e Parisina, i Lotofagi edonisti si lasciano trascinare verso l’annientamento. 1927.
XXI I Medici: banchieri e mecenati; processioni e danze di un Rinascimento onirico. 1928
XXII Il nonno Thaddeus C. Pound costruisce ferrovie, il nipote battibecca di economia con Keynes, Ezra arriva a Gibilterra nel 1908, un’arguta fiorentina la spunta contro un giudice che la vuol multare. 1928.
XXIII I Misteri: Pound decifra Stesicoro, il Navigatore sosta presso la sua donna, gli Albigesi sono massacrati dai crociati, Venere nasconde la sua identità per congiungersi ad Anchise. 1928.
XXIV Ferrara: Ugo e Parisina, il viaggio di Niccolo d’Este in Palestina. 1928. XXV-XXVI Cronache veneziane dalle origini alla decadenza. 1928.
XXVII La modernità effimera e il popolo medievale che costruisce la cattedrale. “Tovarisch” tenta invano di costruire. 1928.
XXVIII Scene contemporanee di uomini e donne vuoti, incorniciate dal più sanguigno “romagnolo” e da sfortunati pionieri dell’aviazione. 1930.
XXIX Cunizza da Romano lascia il marito per Sordello; la donna elemento fatale. 1930.
XXX Diana si duole della pietà che impedisce un radicale rinnovamento; il re Pedro di Camões incorona una regina morta. Nel 1503 Soncino stampa le opere del Petrarca vantando le sue innovazioni. (Come Pound nel 1930 si compiace di concludere la prima massiccia sezione della suo magnum opus.)