Wislava Szymborska

Wislava Szymborska

 
 

Nata nel 1923, morta nel 2012, Wislava Szymborska venne tradotta negli anni Cinquanta in tutti i paesi europei: “Come non ricordare lo stupore, talvolta misto a ironia, con cui fu accolta nel nostro paese l’assegnazione del Premio Nobel per la Letteratura 1996 alla poetessa polacca Wislawa Szymborska, considerata dai più un’illustre, imbarazzante sconosciuta? Analoghe reazioni aveva avuto la stampa italiana quando lo stesso premio era stato conferito a un altro poeta polacco, Czeslaw Milosz: un’attribuzione per lo più ricondotta a motivazioni politiche (la Polonia stava vivendo la stagione appassionante e drammatica di Solidarnosc). Violare poi il canone delle letterature maggiori era cosa che suscitava ancora nella nostra cultura reazioni di fastidio e sconcerto.”

Diceva allora la Szymborska: “Preferirei rivendicare il diritto di non scrivere sulla mia poesia. Quanto più l’attività creativa mi assorbe, tanto meno sento la voglia di formulare un credo poetico…” . La Szymborska ha pubblicato dodici volumetti di poesia in più di cinquant’anni. Più i volumi di “Letture facoltative”, recensioni-feuilleton.

La poetessa aveva aderito all’ideologia comunista sui vent’anni per staccarsene quasi subito. Al conferimento del Nobel aveva dichiarato “Il mondo, qualunque cosa noi ne pensiamo, spaventati dalla sua immensità e dalla nostra impotenza di fronte a esso, amareggiati dalla sua indifferenza… qualunque cosa noi pensiamo dei suoi spazi attraversati dalle radiazioni delle stelle…- questo mondo è stupefacente”.

Wislava mette in contatto il quotidiano e l’assoluto. Le citazioni sono perlopiù di Pietro Marchesani, che ha introdotto l’antologia La gioia di scrivere, tutte le poesie di Wislava dal 1945 al 2009, per Adelphi.

Pierangela Rossi

 
 
 
 
LA FIERA DEI MIRACOLI
 
Un miracolo comune:
l’accadere di molti miracoli comuni.
 
Un miracolo normale:
l’abbaiare di cani invisibili
nel silenzio della notte.
 
Un miracolo fra tanti:
una piccola nuvola svolazzante,
e riesce a nascondere una grande pesante luna.
 
Più miracoli in uno:
un ontano riflesso nell’acqua
e che sia girato da destra a sinistra,
e che cresca con la chioma in giù,
e non raggiunga affatto il fondo
benché l’acqua sia poco profonda.
 
Un miracolo all’ordine del giorno:
venti abbastanza deboli e moderati,
impetuosi durante le tempeste.
 
Un miracolo alla buona:
le mucche sono mucche.
 
Un altro non peggiore:
proprio questo frutteto
proprio da questo nocciolo.
 
Un miracolo senza frac nero e cilindro:
bianchi colombi che si levano in volo.
 
Un miracolo – e come chiamarlo altrimenti:
oggi il sole è sorto alle 3.14
e tramonterà alle 20.01.
 
Un miracolo che non stupisce quanto dovrebbe:
la mano ha in verità meno di sei dita,
però più di quattro.
 
Un miracoli, basta guardarsi intorno:
il mondo onnipresente.
 
Un miracolo supplementare, come ogni cosa:
l’inimmaginabile
è immaginabile.
 
 
 
 
 
 
UTOPIA
 
Isola dove tutto si chiarisce.
 
Qui ci si può fondare su prove.
 
L’unica strada è quella di accesso.
 
Gli arbusti fin si piegano sotto le risposte.
 
Qui cresce l’albero della Giusta Ipotesi
con rami districati da sempre.
 
Di abbagliante linearità è l’albero del Senno
presso la fonte detta Ah Dunque È Così.
 
Più ti addentri nel bosco, più si allarga
la Valle dell’Evidenza.
 
Se sorge un dubbio, il vento lo disperde.
 
L’eco prende la parola senza che la si desti
e chiarisce volonterosa i misteri dei mondi.
 
A destra una grotta in cui giace il senso.
 
A sinistra il lago della Profonda Convinzione.
Dal fondo si stacca la verità e lieve viene a galla.
 
Domina sulla valle la Certezza Incrollabile.
Dalla sua cima si spazia dell’Essenza delle Cose.
 
Malgrado le sue attrattive l’isola è deserta,
e le tenui orme visibili sulle rive
sono tutte dirette verso il mare.
Come se da qui si andasse soltanto via,
immergendosi irrevocabilmente nell’abisso.
Nella vita inconcepibile.
 
 
 
 
 
 
LA CIPOLLA
 
La cipolla è un’altra cosa.
Interiora non ne ha.
Completamente cipolla
Fino alla cipollità.
Cipolluta di fuori,
cipollosa fino al cuore,
potrebbe guardarsi dentro
senza provare timore.
 
In noi ignoto e selve
di pelle appena coperti,
interni d’inferno,
violenta anatomia,
ma nella cipolla – cipolla,
non visceri ritorti.
Lei più e più volte nuda,
fin nel fondo e così via.
 
Coerente è la cipolla,
riuscita è la cipolla.
Nell’una ecco sta l’altra,
nella maggiore la minore,
cioè la terza e la quarta.
Una centripeta fuga.
Un’eco in coro composta.
 
La cipolla, d’accordo:
il più bel ventre del mondo.
A propria lode di aureole
da sé si avvolge in tondo.
In noi – grasso, nervi, vene,
muchi e secrezione.
E a noi viene negata
l’idiozia della perfezione.