Va a scrutare i disegni di Dio benedetto – Daniele Bollea


 

Lathe Biosas si intitola un libro di Daniele Bollea, astrofisico, artista ma soprattutto poeta, e “lathe”, cioè latente, nascosto, Bollea è sempre stato, filosoficamente, e nascosta la sua poesia, che però è destinata a venire allo scoperto, come tutte le cose belle e vere.

“Sono stato astrofisico quindi pittore, sapevo scrivere versi ma non lo facevo; ho appreso la poesia da mio fratello e per questo gli sono grato; Ernesto declamava versi la sera carico di passione poi mi menava, botte che avevano il sapore di quella guerra che lui aveva fatto e io no, forse per quelle botte solo negli  anni 90, influenzato dall’amicizia di Valentino Zeichen e Fausto Melotti, scultore e poeta, mi professai poeta, anche perchè la poesia si presta meglio della pittura  a trasmettere una nuova idea di mondo figlia di scienza e arte, e poi un quadro si appesantisce se nasconde troppe parole non dette”.

Scienza e arte Bollea le ha sempre coniugate come due aspetti entrambi legittimi e oggettivi della conoscenza umana. Bollea sosteneva che la scienza moderna, dalle sue origini all’800, aveva letteralmente sequestrato la natura, se ne era impossessata sottraendola all’arte, ma ora, capito che la natura non si può ingabbiare, l’aveva lasciata libera. La scienza aveva finalmente capito quello che l’arte aveva sempre fatto: entrare in dialogo con la natura rispettandola però, lasciandola libera. E guardate come lo dice in questa poesia meravigliosa:

Luna libera
 
Per quale legale analogia
solo perché so in formule il tuo moto
dovrei pensarti schiava,
incatenata all’orbita,
e a questa, assimilare il mio cammino,
di attonito pastore rassegnato.
 
Per me sei  vagabonda smemorata,
che sempre in campo aperto s’avventura,
ma la terra da un fianco la richiama.
A questa luna  voglio somigliare,
a questa libertà che c’è in  natura,
che è quella di seguire principi primi,
mossi da profonde spinte.

Nato nel 1945 e morto nel 2022, Bollea era tra l’altro figlio del grande Giovanni, il padre della moderna neuropsichiatria infantile. Ma su questa poesia vorrei adesso mettere la lente (tratta da Lathe Biosas, 2008):

Vita concisa di Andrea Alviti
 
Va a scrutare i disegni di Dio benedetto
oggi che se gli viene un cuore con un difetto,
Lui che lo ha creato non si rassegna
e tesse in te il sapere e lo rammenda.
 
Mamma sta tranquilla: se non torno…
starò con gli angioletti in girotondo.
Otto volte sei tornato cuore aperto,
subito in piedi cipressetto svelto.
 
Aiutavi tua madre a far la casa bella,
vento che pulisce andando a spasso.
In sala, diceva mamma, vai con “Vaporella”
e tu le rispondevi: bello che fatto.
 
Ogni tuo giorno poteva essere l’ultimo,
e tu, cuore vissuto, lo vivevi al meglio,
buono e pulito come la tua maglia,
pronto a partire quando Dio comanda.
 
Si avvicinava un’altra operazione
eppure hai continuato a vivere perfetto
e sei caduto, in divisa, servendo colazione
a un passo da diploma e da scudetto.
 
Ricordino i parenti e gli amici in veste nera,
che ti hanno seppellito in questa terra,
di vivere come te leggeri e santi
che mai li vorresti cuori affranti.

Sono sei quartine che vibrano sull’endecasillabo con lievi iper-ipometrie, quasi rime quasi alternate e quasi baciate: libere! come la Luna: c’è un ritmo nella natura che non è rigido, ci dice Bollea, ma è qualcosa di necessario e nello stesso tempo libero: si tratta di una libertà che dialoga con “principi primi / mossi da profonde spinte”. Ecco, ci sono “profonde spinte” che la poesia, e la scienza, tutte e due insieme, possono auscultare, captare. Possiamo entrare in contatto, in dialogo, con queste profonde spinte, vibranti e non fotografabili, e con i principi primi che esse stesse generano. I quali principi sono ”mossi”, appunto, e non rigidi. Come fossero esseri vivi anch’essi, come la Luna.

Qui in poche parole, versi e quartine vibranti, si racconta tremando una vita breve, concisa appunto. E la si racconta con poche parole, perché anche la poesia deve essere concisa.

Andrea è un ragazzo, persona familiare di Daniele (era il figlio della governante), con un cuore difettoso. Ma Dio che ha creato con un difetto, che disgraziatamente gli è uscita male una cosa, compensa immettendo sapienza nella creatura, come fosse un “rammendo”. E il ragazzo, che ha già fatto tante operazioni e una ancora gliene resta da fare, tranquillizza la madre e tutti gli astanti intorno, è attivo, vivace, allegro, studia, lavora, fa tutto: “pronto a partire quando Dio comanda”. E’ snello, pulito, perfetto! Sempre in piedi come un “cipresseto svelto”. Gli altri anche sono in piedi come alberi intorno, al suo funerale, tristi, in “veste nera”. In piedi ma non vibranti, come era lui fermo e vibrante, maestro che insegna come si vive e come si muore, ragazzo semplice, ancora inesperto, che insegna ai grandi, ai sapienti. Insegna a noi che leggiamo e vediamo come la vita vive e vibra, brucia della sua stessa fede, è la sua vita intensa e vera che lo fa cadere in piedi, come un soldato in divisa, come un soldato con una divisa pulita, perfetta.

Claudio Damiani