Log, Ambleteuse
Un bianco dove non si mette niente,
di notte
si vede una pagina di Nerval,
il sangue di Esenin, una baita, la strada nuda di una frontiera,
un bungalow sulla costa.
Non è mai tornare se diventa che mi vedi leggero.
La mano attraverso le case è dirti “guarda”
e già ti sporgi sul mare.
E la primavera gira gli occhi nella primavera
se ti dico “guarda quante eriche”.
Difendimi, difendi questa notte bianca,
il giorno ripetuto nel pensiero.
Log, Ambleteuse,
colpi dei piedi sulla strada, facce piene di vento scuro,
i nostri visi nelle mani,
il vento negli occhi chiusi per pensarlo.
E un albero di fiori
sale sullo slargo con la marea
perché la mano è così, amore,
lei va alta fra i tuoi capelli.
Leggere una poesia, questa poesia, lasciarsi catturare da una fascinazione. Poi leggere ancora e rileggere. Per anni. Cercare di mettere insieme quello che si sa, per dare un senso alle parole e alle immagini. E poi tornare sui versi, sul ritmo e sui suoni, tornare con un significato, in cerca di significato, di un senso che va oltre il significato. Quello che si perde, che appare e subito si disfa, qualcosa che resta troppo, non mai abbastanza. La materia che prende corpo. Il corpo che si disperde, diventa immagine, fuori di sé, lascia qualcosa di sé altrove. Occhi, visi, mani. Un enigma in una luce più forte. Occhi che guardano, occhi che vedono, occhi ai quali si ordina di guardare. Una poesia dove ritornare, negli anni, che li svuota e di nuovo ne fa materia pesante, materiali incrostati di aggettivi, parole erratiche, detriti di pensieri, realtà che fluttua tra un qui inafferrabile e un inafferrabile altrove.
Il titolo di questa poesia di Mario Benedetti (composto sulla pagina quasi “in epigrafe”) cosa dice al lettore? E’ così facile capire che sono due nomi di paese? Perché due luoghi così distanti stanno vicini, separati solo da una virgola, come se si trattasse quasi di uno stesso posto dove ci sono “i colpi dei piedi sulla strada, facce piene di vento scuro…)? E Nerval che cosa ci fa vicino a Esenin? Già nei primi versi “bianco” e “pagina” si chiamano a distanza, ma in mezzo ci sta la “notte”, isolata in un verso brevissimo: nel nero della notte, quando viene notte, in quel bianco che non sopporta altro, ecco una pagina di Nerval, il sangue di Esenin, una baita e la strada sulla frontiera, il bungalow lungo la costa.
Iniziamo dal titolo, dai nomi dei luoghi. In Una terra che non sembra vera (Campanotto 1997), questa poesia portava un altro titolo: Marzo. Sono solo 21 le poesie di quel volumetto, ma è da lì che è iniziata davvero la vicenda che porta a Umana gloria, il libro che fa di Mario Benedetti il poeta che conosciamo. La sezione Altri luoghi, che in Umana Gloria relega la Francia e la Slovenia in una dimensione quasi turistica, contraddice la presenza di quelle stesse poesie nei tre libri precedenti di Benedetti, dove questi luoghi altri sono un qui e un altrove detti in una tensione/torsione che unisce e divide il provenire e il tornare, in un’unica condizione di coscienza che si interroga, in una dimensione di perdita e di riconoscimento.
Ambleteuse è un villaggio al nord della Francia, nell’area del Pas de Calais, uno di quei posti che si possono definire “pittoreschi” dove le vecchie case del centro e il torrione esterno chiedono di ricordare un passato frugale e guerriero. E c’è il mare, quel mare di profondi assedi e ritirate: le lunghe maree che non riescono a diventare monotone, soprattutto se ci si ferma per pochi giorni. E poi c’è quello spiaggione, durante la bassa marea, che resta marrone, umido tutto il giorno, lo “slargo con la marea”. Benedetti amava quella Francia a nord, sul mare, sul canale della Manica e sull’Atlantico: il Pas de Calais, la Normandia, soprattutto, e la Bretagna. Luoghi dove la vita è stata aspra come la natura, e la natura ha conteso alla vita umana i giorni e la storia, come s’impara dalle immagini dell’arazzo del Bayeux, dai calvaire nelle piazze dei paesi, dagli scoscendimenti di roccia e dai bastioni di pietra. Celebrava spesso quei posti, Bendetti, li trovava veri.
Gian Mario Villalta
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In copertina una foto di Viviana Nicodemo, gennaio 2020
da Nord – I poeti – Mario Benedetti a cura di Marta Celio (Macabor, 2024).