Una domanda al poeta: Melania Panico

Una domanda al poeta: Melania Panico

 
 
 
 
Parlo fuori da questo io
che non ha più ricordo né casa.
Ora la luce della notte
è un prodotto artificiale.
Qui il discorso si complica:
per dire amore uso un silenzio di brace
l’innominata forma della riva
mia prova di umano che ancora mi sfugge
– umano, resto, cardinale –
se il bene non è un’idea
ma una lingua
la imparo di nuovo
come per dire grazie
 
 
 
 

Continuiamo il discorso sul bene iniziato alcune settimane fa con la Domanda al Poeta a Eleonora Rimolo (QUI) cui ha fatto seguito Federica Giordano (QUI) e Federico Rossignoli (QUI). In questo testo parli di un bene complicato che è lingua e al medesimo tempo un dire grazie. Un amore quindi complesso che comprende alcune contraddizioni? E se si, sono necessarie queste contraddizioni?

 

Alessandro Canzian

 
 
 
 

Se penso al bene, penso soprattutto alla lingua del silenzio, a quella scintilla non tramutabile direttamente in parola ma a una fonte inesauribile e inesprimibile. Non si tratta di un amore complesso ma di rivelazione di una pienezza che non può non comprendere contraddizioni: la realtà in cui noi uomini operiamo o tentiamo di operare il bene è multiforme e ripetutamente soggetta a capovolgimento. Questo ci mette continuamente di fronte a un tentativo di semplificazione, essenzialità, ricerca di linearità grazie alla quale imparare nuovamente a pronunciare grazie.

 

Melania Panico