Una domanda al poeta: Federico Rossignoli

Una domanda al poeta: Federico Rossignoli
 
 
 
 
Calipso
 
Sappiate la condanna e il delitto tralasciate:
Calipso era esiliata nell’isola di Ogigia
l’amore lo conosce soltanto di nascosto
quando può osservarlo dal buio del suo antro
e non può dirle il sole che forse è qualcos’altro.
 
Sulla costa intorno il caprifoglio l’olivastro
il corbezzolo il ginepro licio il rosmarino
quasi non lasciavano notare il naufrago
tramortito e lacerato lungo la battigia
tavolette fradice e forse sangue d’altri.
 
Calipso dagli occhi macchiati di mare e di verde
trovò i pezzi di quell’uomo che era Odisseo
i suoi muscoli offesi sanguinanti nelle fughe
le pupille custodite dalla sofferenza
e le membra di ogni volontà disabitate
e Calipso era ginestra presa dal grecale.
 
La nereide tenne a lungo Odisseo sanguinante
disfacendo e richiudendo ogni cicatrice
custodendo le pupille negli aromi
ed il cuore a battere in mezzo ai campi di iris.
Non accetto che quest’uomo resti solo ventre
costi un crimine peggiore io lo voglio qui
costi un più crudele esilio io lo voglio eterno.
 
Solo un Dio poteva sciogliere la situazione
ogni ventre brama in fondo diventare eterno
Hermes tolse il cuore dal terriccio cupo e secco
lo ridiede a Odisseo e chiese a mani sporche
Se il tuo cuore chiama tu che cosa gli rispondi?
 
 
da Spolia II (Samuele Editore, 2017, collana Scilla)
 
 
 
 

Il bene, l’amore, non di rado sono espressione di un’individualità che si crede libera, seppur presa da contraddizione che è noto alimentano il sentimento. Nelle precedenti puntate Eleonora Rimolo (QUI) ha messo in relazione bene e “autolimitazione”, mentre Federica Giordano (QUI) parla di bene, di affetti, come “unico sollievo al lavorio mentale dello stare al mondo”. In questo testo racconti di Calipso “ginestra presa dal grecale”, con la domanda definitiva: “Se il tuo cuore chiama tu che cosa gli rispondi?”. Qual è la differenza, o meglio la distanza, tra l’amore e il bene odierno e quello degli antichi?

 

Alessandro Canzian

 
 
 
 

Il rischio di fare del moralismo, rispondendo a una domanda come questa, è dietro l’angolo. Cercherò di essere freddo, caotico e discutibile, come chi ha orecchiato qualcosa sull’argomento ma non ne è minimamente specialista.

Partiamo dalla certezza che dell’antichità sappiamo molto meno di quel che vorremmo. Gli specialisti, che pure riempiono libri e libri su tutto ciò che riguarda il passato e chi ci viveva, affermano che di fatto non sappiamo quasi nulla.

I dati (a quanto mi è capitato di leggere) sono meno politicamente corretti di quanto piacerebbe. Si rimane sorpresi, per esempio, quando si scopre che la grande disinvoltura affettiva e sessuale descritta nelle fonti (letterarie o iconografiche) aveva il suo contraltare in un una serie di norme e costumi molto severi che colpivano (ovviamente) le donne. Questo è il contesto decisamente asimmetrico nel quale ci muoviamo. Del resto in certe fonti le donne sono descritte come esseri inferiori, bottino di guerra, beni dei quali servirsi. Come ci spieghiamo dunque figure quali Calipso, Atalanta, Pentesilea, Antigone, Lisistrata, la stessa Artemide?

Facciamo un paragone perverso e distorto con i nostri tempi. Come conciliare la svolta “women empowerment” della pubblicistica ovvero dei media (sempre finalizzata al mercato, sia chiaro: le azioni più genuine sono tuttora tenute piuttosto in disparte) e i femminicidi? L’aggrapparsi alla famiglia (in ogni sua forma, “tradizionale” e non) e le violenze domestiche? Le nuove declinazioni di un pensiero femminista con certe sfavillanti challange(s) di TikTok? Se qualcuno, fra due millenni, si dovesse basare su quanto stiamo lasciando come testimonianza, avrebbe i nostri stessi grattacapi (risolvibili sbrigativamente ricordandosi che la realtà è complessa).

Si è creativi su quello che proprio la realtà ha da offrire, ma soprattutto su ciò di cui si sente la mancanza; o verso quello che non si può negare, anche se si cerca di rimuoverlo.

Vediamo dunque che le contraddizioni, seppure in direzioni diverse, sono presenti sia oggi che nel profondo ieri, e rispondere nettamente alla domanda non mi è davvero possibile.

Ma di una cosa sono piuttosto certo: nel nostro tempo ci sono più persone che possono provare liberamente a rispondere alla domanda che Hermes pone a Odisseo: “Se il tuo cuore chiama, tu che cosa gli rispondi?”. Vale la pena giocarsela, questa possibilità. E ringraziare i nostri antenati, gli “altri” per eccellenza, se siamo giunti fin qui.

 

Federico Rossignoli