Una domanda al poeta: Claudio Damiani

Una domanda al poeta: Claudio Damiani
 
 
 
 
Le farfalle mi venivano incontro
erano quelle piccole azzurre
della mia infanzia che volevamo acchiappare
ma anche cavolaie che volavano a coppie tra i cespugli
e farfalle notturne che mi facevano paura
tra i gradini della scala di casa,
mi venivano incontro e io le accarezzavo
e le baciavo, era come se volassi
nello spazio e mi venivano incontro
corpi celesti, asteroidi, comete
e io li sfioravo e li accarezzavo
e in ognuno abitavo
per qualche tempo, poi ritornavano le farfalle azzurre
e tutte le altre e si diradavano,
si vedeva che andavano in un luogo
come un centro di raccolta
forse andavano a riposare, a mangiare, non so,
e io restavo solo
in un cielo completamente vuoto,
completamente solo.
 
 
 
 

Le farfalle come simbolo che riporta alla mente Bertolucci (“perché le farfalle vanno sempre a due a due…”). Ma se nel poeta era “una vita che non torna” in te diventa “un cielo completamente vuoto”. Cosa sono queste farfalle e che significato realmente hanno?

Alessandro Canzian

 
 
 
 

Sono farfalle della mia infanzia (nel villaggio minerario nella Puglia del nord), di vario tipo. Dirò qui di quelle piccoline azzurre che lasciavano sulle dita una polvere dorata che se cercavi di mandarla via diventava nera, e non andava via. Nella poesia successiva, sempre nel mio libro nuovo “Prima di nascere”, dico che quella polverina era la loro vita. (Comunque Bertolucci sapeva poco di natura, in un’altra poesia si stupisce dei gabbiani a Roma che penso ci siano sempre stati, essendo la città a pochi chilometri dal mare).

Comunque in questa poesia è un ritrovarci con tutte loro nel cielo, sono esseri cosmici che sembrano migrare verso un luogo misterioso, come se loro sapessero qualcosa che io non so, o si orientassero meglio di me. E in qui c’è un po’ il tema pascoliano della natura sapiente, che trovo attualissimo.

Claudio Damiani