Il discorso intorno alla forma è probabilmente una delle maggiori cifre stilistiche di Trasparenza, la prima vera silloge poetica di Maria Borio (Interlinea 2018, nuova edizione 2024). La poeta affida al concetto di forma il compito di sintetizzare ciò che nel mondo è puro o impuro nella trasparenza. La forma indica la vita, quello che, forse, può unire reale e digitale nel mondo. Il testo proemiale fornisce un’ampia idea di cosa sia la forma per l’io: «La forma è, non è ciò che volete|io dia. È, non è il divenire. È, disfarsi a volte».
Il Puro, L’Impuro e Il Trasparente sono rispettivamente le tre sezioni di cui è composto il libro. La parola diventa così il contrappeso per bilanciare la vita e il vuoto (che per Maria Borio sembra quasi lucrezianamente denso, corporeo), ed è la stessa che permette il movimento all’interno della complicata relazione tra uomo, cose, vita e, aggiungerei, virtuale. La poesia è qualcosa che vivifica, è la chiave per comprendere e per spaziare all’interno del reale «Mi affaccio, salto -|da roccia a roccia sopra un resto». Si comprende che la parola poetica gioca un ruolo chiave nella possibilità di esistere e quindi di relazionarsi con l’altro: «esistere, non si può tentare altro …». L’esistenza si pone su un gradino più alto rispetto all’idea di mondo e per questo nella medesima poesia, Trovare, viene ripetuto il verso con un rafforzativo universale «esistiamo, come tutti, non si può tentare|altro …». Esistere vuole anche farsi carico di prendere responsabilità su ciò che per l’io è puro o impuro, una sorta di etica personale del bene o del male. La riflessione, perciò, si muove all’interno di sottili linee solide o immateriali, passa dalla riflessione teoretica al tangibile. L’etere, unito alla parola, permette di filtrare il concreto e l’astratto, mentre il vetro permette a chi scrive di vedere solo alcune cose, quelle più superficiali: «Attraverso|il vetro appare reale solo la forma||delle magliette made in china».
I versi di Maria Borio sono di ampio respiro, la sua è una poesia meditativa che impegna eticamente il lettore nello scandagliare le varie sfumature del mondo contemporaneo, dove la vita reale e quella virtuale spesso si sovrappongono e non è facile distinguerle. Il significato ha forse un peso maggiore del significante, ma spesso i due si incontrano nell’anadiplosi, la figura retorica più utilizzata dall’autrice. La guida in questo marasma è affidata alla parola poetica, l’unica capace di vedere il vero nelle cose che ci circondano.
Alessandro Mariani
Sapersi avvicinare.
Così vediamo l’enigma della distanza
dal posto in cui si addensano i luoghi che ci hanno abitato.
Inizio chiamando le isole di erica e ghiaccio
l’alba atlantica
un aereo al decollo
versi duri di gabbiani come sottili catene.
Chiedete nudità. Le scogliere si aprono
più a sud in un prato piatto
e gli animali sono immobili
una sinfonia che si avvolge su se stessa:
pensavi alla loro bicromia
trovando in qualche angolo della lingua
mele acide, bacche rosse
la pianura premuta dalla nebbia
che si incastra nei movimenti.
Affacciati, dall’alto sul mare,
ripeti la vertigine
nel basso della pianura
in contrappeso.
Mi sono affacciata ed era spazio più ampio
una meridiana arsa di capperi e lava
tesa a lande calcaree, dorsali.
Gli uomini sdraiati sul fondo dell’Europa
forse mi hanno guardato, e chiedo
sarete intrecciati nei posti che ho visto
in uno solo breve come poter dire
cosa sono i miei anni minuscoli
attraverso lo scontro di sud e nord.
Ogni luogo appartiene ad altri.
Li appoggio senza genealogia,
gli do odore, ricevo umido e arido.
Ci bagnano o uccidono.
Eri nel punto più alto della scogliera
nel vento del nord affilato, lunare.
Voi li abitate adesso. Avvicinatevi.
Mi affaccio, salto –
da roccia a roccia sopra un resto.
Aquatic Centre
Stesa sul letto a volte vedi forme,
curve che entrano e spirali che evadono.
Gli organi trasparenti in alto si aprono
e diventano una linea morbida che insegue se stessa,
pulisce il respiro dai colori scuri – il colore del sangue,
o quello denso della carne dove nascono le api.
Nulla si rigenera, ma è prolungato, infinito
nella linea che pulisce gli oggetti e fa cose
per pensare, per abitare: un grande uovo, ad esempio,
si spacca senza perdere liquido e bianchissimo invade
gli angoli del soffitto, apre un arco, una porta
tra i continenti.
Tra il cielo e l’acqua questo edificio
splende in una luce illimitata:
puoi aprirlo, aprirti
a una lingua di toni aspri,
tornare nel suono rotondo di un’altra
riprendendo quei toni come finestre sul mare
o il ponte sospeso per il parco
dove le persone stese sull’erba sono api
e il calore al sole sembra impedire la morte
anche se tra anni, milioni, un giorno
esplodendo.
Segui poi altre linee, quelle della specie,
forse come sapere che nascere
non sarà più violenza, ma fenomeno di sguardo,
e dal letto lasci il sesso arrampicarsi
attorno ai contorni di questo edificio
nel suo bianco sotto raggi tempesta,
la stella nell’attimo prima
di esplodere.
La vita è ovunque, in una linea curva
ognuno abita come pensare.
Le api ora lasciamo la mia bocca perché le penso.
Accoglienza
I
Si raccontano una faccia nell’altra.
C’è il pane fresco sul banco, asciutto,
il suone di cose toccate. Dispone
pezzi in fila – le mani sembrano terra,
le unghie sono tagliate fin dentro la carne.
Le storie scomposte in sagome
Fanno corto circuito. Attraverso
il vetro appare reale solo la forma
delle magliette made in china.
Come dire posto per accoglienza?
Il cielo preme su tutti, scivolano fuori
Dalle magliette i corpi.
II
Parlare, sentire: entriamo, compriamo
due chili di pane – parlare, sentire
le mani calde, gli occhi geologici. Sembra
di attraversarsi, noi nella mattina soli
dal banco al vetro alla strada…
Le aste traslucide attraverso i vetri
sono rami – e il vento
le apre, li chiude.
III
Il nome inizia con la a e finisce con la h
suona una cosa calda, di lievito
ed è vero – la distanza esiste meno
di prodotti che di etnia. La cosa esplode.
Il vento comprime tutti,
finisce con la h, come si soffia.
IV
Sembriamo serpenti, curve, lingue mescolate.
Passiamo attraverso un posto immaginario.
È una sfida, come il ragazzo della favola
nascondeva la volpe tra ascella e fianco.
Il cielo preme su tutti, le solitudini esplodono.
Il posto intorno è vero – i serpenti solo suono.