In occasione dell’83° compleanno del poeta Umberto Piersanti la Redazione lo omaggia con uno Speciale curato da Federico Migliorati, con una conversazione esclusiva e pezzi di Rossella Frollà e Serena Mansueto e le traduzioni di Rocìo Bolanos e Andrea Carloni. La sua nuova opera (L’urlo della mente e altre poesie inedite) tiene inoltre a battesimo la Nuova Collana Scilla di Samuele Editore.
Sera d’estate
Era la sera tiepida d’estate
nel tempo perduto d’adolescenza
dal mare vennero voci
nel parco s’alzarono gridi
figure magiche danzarono
nel buio profumato di limone
non più alate fanciulle
nel parco carico di profumi
non più poeta
il cuore insegue l’antico sogno
il mare è attorniato di cemento
gente nuda, sporca sulla sabbia
come la tua adolescenza
è passato il sogno su quel mare
ed ora tranquilla avanza la vita.
Nei giorni di Pasqua i primi anni ’50
Primavera con nubi
da Passione
ed eravamo saliti
sopra i gelsi
le tuniche infuocate
dei soldati
le piante dei Sepolcri
nelle chiese
alle cinque
s’era arrivati più lontano
distanti
dalle volte di Rosciolo
da poco era scavata
la Galleria
il treno fino ai campi
sotto Urbino.
In tre s’entrò nel buio
Gualtiero, Luciano, io
c’affacciammo insieme
tra i binari.
L’urlo ci colse
stretti nei corpi
e sulle nicchie
la morte
ci sfiorava la prima volta.
(10 settembre 1977)
Per un’estate dell’età di mezzo
s’era lasciata cascare dal querciolo
nel ceppo di ginestra impolverata
la vipera d’un verde-grigio chiaro
che viene fuori a luglio
di sotto sassi bianchi alle Cesane
e trasalimmo insieme dentro l’afa
così sottile il tonfo ma preciso
c’era corso in tremore per il sangue
c’eravamo goduti poco prima
con le cresce sfogliate e con il vino
un melone arancione sulla panca
ed io guardavo in mezzo alle tue gambe
il pube trasparire dalla seta
azzurra sulle cosce biondo-scure
sempre con la calura che stordiva
sono salito alla tua stanza nella torre
e le rondini contro i grattacieli
raschiavano sui tetti di Milano
poi nella notte dentro il verde rado
che il cemento circonda in blocchi oscuri
mentre noi parlavamo delle stelle
scarse tra i filamenti grigi in cielo
mi dolsi per il corpo tuo straniato
chiaro che profumava tutta l’aria
veniva su dai campi il tanfo
nero come le pozze al mare di
Romagna, l’estate che si guasta
nella terra ed io pensavo al giorno
della festa la Grazia che vestiva
tricolore e con gli scampi
c’era un vino bianco
che Catullo beveva già a Sirmione
ai Cappuccini dove nella macchia
ci s’attaccava ai tronchi con le donne
odora ancora il fieno fino ai colleges
passano le ragazze dell’estate
ma io mangiavo solo nella mensa
senza più giù condurle per i campi
al Moulin Rouge non ci sono più i balli
lenti sotto le pergole d’estate
le luci d’una volta sulle statue
sono fari meschini sopra il gesso
l’età di mezzo è un tavolo appartato
fermo dentro la festa che continua
(luglio 1982)
da Tra alberi e vicende – poesie 1967-1990 di Umberto Piersanti (Archinto, 2009)
I tre componimenti riportati, estrapolati da Tra alberi e vicende – poesie 1967-1990 a cura di Alessandro Moscè, seppur composti in periodi di vita differenti dal poeta Umberto Piersanti sono tuttavia legati da un fil rouge: si coglie con estrema semplicità l’importanza per il poeta di collocare e collocarsi all’interno di uno spazio-tempo. Al di là della datazione che Piersanti ci fornisce, sono ravvisabili le coordinate rispetto alla stagione (estate, primavera), ai luoghi (l’altopiano delle Cesane, la frazione di Rosciolo, la città di Urbino, la Romagna) e alla fase di vita che libra, aleggia, nei versi.
Nel primo componimento, del 1967, il tema del «tempo perduto d’adolescenza» prevale, interiorizzato, vissuto ed espresso come un «antico sogno» estivo, portato – e portato via – dal mare. Sono invece individuabili i temi dell’amicizia e della morte nel secondo componimento, in una «Primavera con nubi» nei giorni di Pasqua dei primi anni ’50, come riporta il titolo, scritta tuttavia nel 1977. Nella terza poesia scelta, un amore fugace e godereccio nell’«estate dell’età di mezzo» fa capolino, è un giorno di luglio del 1982 «con la calura che stordiva».
Se l’adolescenza, l’amicizia e l’amore sono elementi intrinseci a questi componimenti, è inevitabile che il lettore possa rendersi conto di quanto i versi siano costantemente ammantati da una certa dose di malinconia, scaturita dalla condizione umana di finitudine. L’ineluttabile nostalgia-malinconia dello scorrere del tempo entra nei versi di Piersanti, rendendolo un poeta vicino alla lirica classicista ravvisabile anche dalla personificazione di «Passione», «Sepolcri» e «Grazia», le cui iniziali in maiuscolo lo dimostrano.
La poesia di Piersanti diviene luogo di memoria, laddove è possibile ricostruire e ritornare nei momenti vissuti per ridare luce a vicende passate, livide, oscurate dalla mente. Emblematici gli ultimi quattro versi dell’ultimo componimento scelto: «le luci d’una volta sulle statue/ sono fari meschini sopra il gesso/ l’età di mezzo è un tavolo appartato/ fermo dentro la festa che continua», tali versi appaiono carichi di emotività nostalgica: un tutto che muta e un passato che diviene quell’arco di vita da ammirare nel malessere dell’impotenza dei giorni che fuggono, e l’esistenza-festa che si ripete e che continua senza avere il potere di fermarla.
Serena Mansueto
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La foto di copertina è di Dino Ignani