Prosegue, in occasione della Giornata Mondiale della Poesia, la serie di Speciali che la Redazione di Laboratori Poesia ha organizzato in relazione al Contest di Dicembre che, con 30 libri in gara, ha visto 93 votanti tra i lettori di Laboratori Poesia per 171 voti effettivi (tutti i risultati QUI). Al terzo posto Seracchi e morene di Mauro Ferrari (Passigli, 2024, il pezzo di oggi QUI) con 17 voti. Al secondo posto Corpo contro di Daniela Pericone (Passigli, 2024) con 22 voti. Al primo posto Sull’altra riva di Stefano Colletti (Puntoacapo, 2024, il pezzo di oggi QUI) con 48 voti.
Tali Speciali non si concluderanno con le pubblicazioni nel presente sito ma vedranno gli autori ospiti anche di siti e programmi amici come, prossimamente, Vocale di Elisa Longo.
Iniziamo oggi con testi e traduzioni scelti e a cura di Rocío Bolaños. E note di lettura di alcuni redattori.
Non esiste un luogo
lontano da qui – sono un bozzolo
e un corpo dentro un bozzolo.
Arrivo a sera, penso per oggi
l’ho scampata. Le sale lucide
i corridoi lungo cui strisciare
le luci sempre accese
tornano ancora e ancora
atterriscono, sgranano incubi.
Non so se qualcosa
sul foglio è ancora vivo.
Scrivo senza nemmeno una voce.
No hay lugar
lejos de aquí – soy un capullo
y un cuerpo dentro a un capullo.
Llego a la noche, pienso por hoy
me he librado. Los salones relucientes
los pasillos por donde arrastrarse
las luces siempre encendidas
vuelven una y otra vez
aterran, evocan pesadillas.
No sé si algo
siga vivo en la hoja.
Escribo incluso sin voz.
Se devo dirmi qualcosa
non mi rivolgo parola
scrivo poche righe indecifrabili
sullo specchio in cui guardo ogni mattina
sperando che la frase vista al contrario
dia qualcosa di sensato
invece trovo un volto dietro un velo
di foschia e mi chiedo chi sia
l’altra che mi guarda, diversa ogni giorno
dal giorno prima, se non fosse che
si mostra indifferente alla mia sorte
perché sa che è questione di poco
che non ho scampo io, e nemmeno lei.
Si tengo algo que decirme
no me dirijo la palabra
escribo unas pocas líneas indescifrables
sobre el espejo que miro cada mañana
esperando que la frase vista al revés
cobre sentido
en cambio encuentro un rostro tras un velo
de neblina y me pregunto quién es
la otra que me mira, cada día distinta
al anterior, si no fuera que
se muestra indiferente a mi destino
porque sabe que es cuestión de poco
que yo no tengo escapatoria, y ella tampoco.
Traduzioni di Rocío Bolaños
Mettere a fuoco la poesia di Daniela Pericone significa cedere alla scossa, vedere il verso «attraverso i cunicoli» e avere lo sguardo plurimo, mai unidirezionale. Con la sua ultima raccolta, Corpo contro, edita da Passigli Editore nella collana che fu fondata da Mario Luzi, e con la prefazione di Gianfranco Lauretano, la poeta consegna al lettore un’opera corposa in cui ognuna delle cinque sezioni prende il nome da un verso presente nella sezione stessa.
Si tratta di una poesia tormentata da ciò che annuncia la fine, da ciò che si sgretola silenziosamente («anche le statue cadendo/ non fanno rumore») e da ciò che inesorabilmente svanisce:
«[…] custodisci le cose minute
come fossero di ferma durata
che nulla svanisca, per un istante.»
Una poesia che mette in evidenza la vita, una vita che diventa un ‘corpo contro’ qualcosa – a volte contro noi stessi – e un «corpo da far funzionare». La fragilità dell’uomo gravita dentro un corpo che rimanda alla concretezza dell’essere, quest’ultimo come soggetto condannato a vivere «una gioia inutile» mentre «ovunque il mondo/ contempla la sua fine».
Il corpo compare anche in una delle due poesie scelte per la traduzione, entrambe estrapolate da una delle cinque sezioni intitolata “A guardia della notte”. I due testi, dal tono puramente lirico, sono accumunati dall’elemento della scrittura: «scrivo senza nemmeno una voce» e «scrivo poche righe indecifrabili». Sono versi che rimandano ai ‘silenzi’ citati da Rimbaud nell’opera in prosa Una stagione all’inferno: «scrivevo silenzi, notti, annotavo l’inesprimibile. Fissavo vertigini». L’impalpabilità del silenzio si converte nella concretissima parola in una sorta di indagine metapoetica.
Le due poesie creano, in aggiunta, un’unità tra loro, un’osmosi, per un senso specificatamente antitetico (che caratterizza inoltre molti altri suoi componimenti): il concetto di scampo riflette il sentirsi condannati ad un destino e, allo stesso tempo, la possibilità di eluderlo, a testimonianza che le antinomie e le contraddizioni del mondo si rispecchiano kantianamente nella condizione dell’uomo nonché nel pensiero della poeta («Arrivo a sera, penso per oggi/ l’ho scampata» e «perché sa che è questione di poco/ che non ho scampo io, e nemmeno lei»).
Pericone, vincitrice, con quest’ultima raccolta, del prestigioso Premio Guido Gozzano, nell’ambiguità semantica del suo versificare, chiarisce lo svuotarsi dei significati, proprio del nostro tempo, quella frantumazione che progredisce come un «vuoto/ che a grandi falcate avanza».
Serena Mansueto