L’estate del poeta:
Vittorio Sereni tra vacanze e compleanni
Se esiste un cantore dell’estate, quello è senza dubbio Vittorio Sereni (1913-1983). A rischio di equivoci: non è, Sereni, poeta da lettino-ombrellone-protezione30-mojito in riva al mare. Bocca di Magra è Un posto di vacanza, certo, ma la vacanza di un individuo che non smette di arrovellarsi sul mistero dell’esistenza («sul rovescio dell’estate la chiave dell’estate»1), uno che sente di avere un «conto aperto» con la vita, cioè con il proprio vissuto e con la Storia («“Un conto aperto? di parole?”. “Spero non di sole parole”»2). Un poeta come Sereni mette sempre uno schermo tra sé e la realtà che ha davanti, per questo l’estate non è un momento di rilassamento, di abbandono, non comporta una “vacanza” della soggettività che continua invece a interrogare i dati fenomenici e a registrare tutto, finanche le minime gradazioni di colore sul pelo dell’acqua:
Ma guarda
– tornano voci dalla foce – guarda da un’ora all’altra
come cambiano i colori: di grigio in verde, di verde
in freschissimo azzurro.
Amalo dunque – da cosa a cosa
è la risposta, da specchiato a specchiante –
amalo dunque il mio rammemorare
per quanto qui attorno s’impenna sfavilla si sfa:
è tutto il possibile, è il mare.3
Non è un poeta pacificato, Sereni. La sua misuratezza è indice di un equilibrio sempre provvisorio e conquistato a fatica. Il grande rimosso dell’esperienza del fronte bellico – esperienza divenuta presto mito che ha segnato i destini della sua generazione – aiuta fino a un certo punto a comprendere perché sia così difficile per lui prendersi una vacanza da sé, lasciarsi andare per una volta a ciò che si pone fuori dai confini della ragione. Se infatti la stagione estiva significa lo scioglimento, ovvero la sospensione (sebbene temporanea) di quei vincoli “umanissimi” che fondano la civiltà a cui Sereni sente di appartenere e in cui crede fino alla fine, allora il limbo della prigionia descritto nel Diario d’Algeria (1947) può essere inteso come una lunga, lunghissima estate: «Solo vera è l’estate e questa sua / luce che vi livella».4 La pausa estiva è per Sereni ciò che per Goya rappresentava il sonno della ragione.
È quantomeno significativo il fatto che l’azione del livellare, che riconduce iconograficamente al tema della morte – come dimenticare ’A livella di Totò? –, nell’immaginario di Sereni si congiunga all’estate mediante una contingenza personale: il compleanno dell’autore (27 luglio). Lo era già in Frontiera (1941), dove l’«amara estate» rinnovava leopardianamente una storia di promesse mantenute solo in parte o forse mai realizzatesi, cosicché la stagione del compleanno, della conta degli anni che devono quadrare tornando tutti, veniva a sigillare la malinconia per le speranze disattese: «in una strada senza vento inoltri / la giovinezza che non trova scampo» (Compleanno).5 Lo sarà anche alla fine della sua parabola poetica.
In Sereni La spiaggia non è sinonimo di ristoro e relax, bensì proprio di quell’ “ultima spiaggia” della vita a cui si avvicina il sentire comune della finitudine terrena: «I morti non è quel che di giorno / in giorno va sprecato, ma quelle / toppe d’inesistenza, calce o cenere / pronte a farsi movimento e luce».6 Così nell’ultima raccolta, Stella variabile (1981), attraversata dal leit-motiv martellante della Grande Livellatrice, le impronte funeree lasciate sulla sabbia si infittiscono per arrestarsi quindi davanti al mare delle infinite possibilità dell’Esistente. In Verano e solstizio il nome del famoso cimitero romano (il Verano) sfocia in «quel nome spagnolo che significa estate»7 (el verano), e le cose non vanno diversamente Nell’estate padana che rimanda «a un sole timido in un passo d’addio // oggi nomi di spettri della calura».8 Questo che dei quattro libri di poesie di Sereni sembra quello più vicino a una preghiera disperata – «Guidami tu, stella variabile, fin che puoi…» (La malattia dell’olmo),9 a imitazione della famosa preghiera del cardinale Newman Conducimi tu, luce gentile – non a caso si chiude su una nota personale e universale al contempo; con il tuffo, finalmente, con cui Sereni stacca i piedi dalla battigia:
Altro compleanno
A fine luglio quando
da sotto le pergole di un bar di San Siro
tra cancellate e fornici si intravede
un qualche spicchio dello stadio assolato
quando trasecola il gran catino vuoto
a specchio del tempo sperperato e pare
che proprio lì venga a morire un anno
e non si sa che altro un altro anno prepari
passiamola questa soglia una volta di più
sol che regga a quei marosi di città il tuo cuore
e un’ardesia propaghi il colore dell’estate.10
Pietro Russo
In copertina: Vittorio Sereni nel 1958 (foto tratta da www.archiviovittoriosereni.it/)
1 Vittorio Sereni, Un posto di vacanza, in Id., Stella variabile. Questa e le successive citazioni sono tratte da V. Sereni, Poesie e prose, a cura di Giulia Raboni, Milano, Mondadori, 2013.
2 Ivi, p. 283.
3 Ivi, p. 280.
4 [Solo vera è l’estate e questa sua], in Diario d’Algeria, p. 127.
5 Compleanno, in Frontiera, p. 63.
6 La spiaggia, in Gli strumenti umani, p. 236.
7 Verano e solstizio, in Stella variabile, p. 301.
8 Nell’estate padana, in Ivi, p. 310.
9 La malattia dell’olmo, in Ivi, p. 306.
10 Altro compleanno, in Ivi, p. 318.