Ragnatela di capelli sul mattino – Basil Bunting


 
Dalla Sezione II
 
[…] Win from rock
         flame and ore.
Crucibles pour
         sanded ingots.
 
Heat and hammer
         draw out a bar.
Wheel and water
         grind an edge.
 
No worn tool
         whittles stone;
but a reproached
         uneasy mason
 
shaping evasive
         ornament
litters his yard
         with flawed fragments.
 
Loaded with mail of linked lies,
what weapon can the king lift to fight
when chance-met enemies employ sly
sword and shoulder-piercing pike,
pressed into the mire,
trampled and hewn till a knife
– in whose hand? – severs tight
neck cords? Axe rusts. Spine
picked bare by ravens, agile
maggots devour the slack side
and inert brain, never wise.
What witnesses he had life,
ravelled and worn past splice,
yarns falling to staple? Rime
on the bent, the beck ice,
there will be nothing on Stainmore to hide
void, no sable to disguise
what he wore under the lies,
king of Orkney, king of Dublin, twice
king of York, where the tide
stopped till long flight
from who knows what smile,
scowl, disgust or delight
ended in bale on the fellside.
[…]  
 
 
 
Vinci alla roccia
         fiamma e metallo.
I crogioli versano
         verghe levigate.
 
Calore e martello
         allungano una sbarra.
Ruota ed acqua
         molano un bordo.
 
Nessun attrezzo consunto
         incide la pietra;
ma un biasimato
         marmista a disagio
 
che evasivo forma
         ornamenti
ingombra il cortile
         di frammenti crepati.
 
Oppresso da una cotta di menzogne congiunte,
che arma può brandire il re per combattere
quando un nemico incontrato per caso usa la spada
della malizia e una picca che colpisce alle spalle,
sprofondato nella mota,
calpestato e deriso finché un coltello
– in quale mano? – recide i tesi
nervi del collo? L’ascia arrugginisce. Le vertebre
beccate a nudo dai corvi, agili
vermi divorano il fianco pigro
e il cervello inerte, mai saggio.
Cosa prova che egli ebbe vita,
troppo imbrogliato e consunto da tessere,
fili che tornano fibra? Brina
sull’erba secca, ghiaccio il torrente,
non ci sarà nulla a Stainmore per celare
il vuoto, né gramaglie a mascherare
ciò che aveva sotto la cotta,
re delle Orcadi, re di Dublino, due volte
re di York, dove la marea
ristette finché una lunga fuga
da chissà che sorriso,
cipiglio, disgusto o piacere
finì nel dolore sulla brughiera.
[…]  
 
 
 
 
 
Dalla Sezione IV
 
[…] Applewood, hard to rive,
its knots smoulder all day.
Cobweb hair on the morning,
a puff would blow it away.
Rime is crisp on the bent,
ruts stone-hard, frost spangles fleece.
What breeze will fill that sleeve limp on the line?
A boy’s jet steams from the wall, time from the year,
care from deed and undoing.
Shamble, cold, content with beer and pickles,
towards a taciturn lodging amongst strangers.
 
Where rats go go I,
accustomed to penury,
filth, disgust and fury;
evasive to persist,
reject the bait
yet gnaw the best.
My bony feet
sully shelf and dresser,
keeping a beat in the dark,
rap on lath
till dogs bark
and sleep, shed,
slides from the bed.
O valiant when hunters
with stick and terrier bar escape
or wavy ferret leaps,
encroach and cede again,
rat, roommate, unreconciled.
 
Stars disperse. We too,
further from neighbours
now the year ages.
 
 
 
 
[…] Legno di melo, duro da fendere,
i suoi nodi bruciano senza fiamma tutto il giorno.
Ragnatela di capelli sul mattino,
un soffio li spazzerebbe via.
La brina scricchiola sull’erba secca,
solchi duri come pietra, la rugiada splende sui velli.
Quale brezza gonfierà quella manica immobile sulla corda?
Lo zampillo d’un ragazzo fuma dal muro, il tempo è da quell’anno,
pensa alle azioni e ai guasti.
Cadente, freddo, soddisfatto di birra e sottaceti,
verso un alloggio silenzioso fra estranei.
 
Vado dove vanno i topi,
avvezzo a penuria,
sporco, disgusto e furia;
evasivo nell’insistere,
rifiuto le lusinghe
ma addento il meglio.
I miei piedi ossuti
segnano scaffale e credenza
facendo al buio il percorso usuale,
sbattono sulle assi
finché i cani non abbaiano
e il sonno, versato,
fugge dal letto.
Oh, valoroso quando i cacciatori
col bastone e il cane bloccano la fuga,
o quando il furetto saltella sinuoso,
intromettiti e cedi, come sempre,
topo, compagno di stanza, mai rassegnato.
 
Le stelle si disperdono. Noi pure,
più lontani ancora da chi è vicino,
ora che l’anno invecchia.
 
 
(Basil Bunting, Briggflatts, cura e traduzione di Mauro Ferrari, Nota Edoardo Zuccato)
 
 

Ho scelto due passaggi da Briggflatts che mettono in evidenza due dei molti cambiamenti di tono e tema del poemetto, che è composto di cinque sezioni più una Coda. Opera complessa, ricchissima, che racchiude una vita di dedizione alla poesia – non esclusiva, ma rigorosamente perseguita attraverso una vita di vagabondaggi spesso avventurosi – Briggflatts nei suoi quasi settecento versi ingloba ricordi personali (come recita il sottotitolo, Una Autobiobiografia), reminiscenze storiche, riferimenti geografici e riflessioni di poetica: il tutto è reso coerente e coeso dalla strutturazione “musicale” tanto ricercata (e raramente trovata) dal Modernismo anglosassone “poundiano”; se dovessimo cercare un equivalente, non potremmo tracciare paralleli con altre opere se non – addirittura – i Four Quartets di T.S. Eliot.

Il primo estratto, in apertura della Sezione II, presenza due movimenti: il primo è una vera e propria dichiarazione di poetica, fortemente assertiva pur nella leggera musicalità del dettato; come sempre in Bunting, i suoni guidano il senso, con l’allitterazione in chiusura di flawed fragments che contribuisce a rafforzare il senso. È nel tour de force seguente che Bunting presenta un frammento assolutamente memorabile, ricostruendo la fine di un personaggio del VII secolo in qualche modo centrale nel poemetto; Bloodaxe fu un avventuriero sassone, che divenne più volte re, come recitano i versi, e che fu ucciso a tradimento. Bunting mette in foregrounding la propria idea di una poesia basata sull’oralità (la melopea poundiana), e costruisce una straordinaria sequenza di 24 versi che chiudono con allitterazione in /ai/ e che appare soprattutto alla recitazione ad alta voce. L’effetto, quando notato, è martellante, ossessivo, e contribuisce all’atmosfera di oppressione che circonda il fato del protagonista, tradito dalla propria superbia e ucciso in un agguato: qui il messaggio obliquo ai poeti rafforza il movimento precedente.

Un altro fattore sempre attivo nella poesia di Bunting (per il piacere e a volte la disperazione del traduttore) è la ricchissima ambiguità semantica: ad esempio, le “linked lies” in apertura di questo passaggio, oltretutto in allitterazione, sono sia le “maglie collegate” della cotta che le “menzogne congiunte” che opprimevano il borioso Bloodaxe.

Diverso è il passo del secondo estratto, dalla Sezione IV, in cui le reminiscenze della propria gioventù trapassano nel presente, in un tono decisamente più elegiaco che prepara la liricissima Sezione V, la quale porta ad unità tutti i vari temi dell’opera nel segno del paradossale presente della luce stellare, “presente e ferma nell’utopia del sestante”) ma in realtà emessa molti anni fa. Anche qui, “bubble” sta sia per la “bolla” del sestante che per la menzogna (“l’utopia”, come ho preferito tradurre).

Tradurre Briggflatts implica una immersione in un universo poetico che per i molti riferimenti geografici, mitici e storici necessita di un ampio saggio introduttivo e di numerose note. In appendice ho sentito anche l’esigenza di aggiungere una minimale bibliografia e alcune immagini che rendano concreti alcuni riferimenti specifici.

Mauro Ferrari

 
 
In copertina una foto di Neil Libbert, da https://www.newstatesman.com/culture/books/book-of-the-day/2022/08/spy-journalist-celebrated-poet-curious-life-basil-bunting